Gli abusi sui bambini sono un argomento delicato ma che va trattato dal momento che moltissimi piccoliin tutto il mondo e anche in Italia, ne sono vittime.
Di recente, alcuni scienziati, hanno sviluppato e raffinato un test del sangue che può aiutare i medici a scoprire se il sanguinamento dalla testa può essere dovuto a un trauma come la Sindrome del bambino scosso.
Si tratterebbe quindi del primo strumento nel suo genere ad essere usato per rintracciare un’acuta emorragia intracranica o il sanguinamento dal cervello.
Rachel Berger, professoressa di pediatria University dellaPittsburgh School of Medicine e capo del Child Advocacy Center at Children’s Hospital, sottolinea che i traumi alla testa sono la causa principale di morte per abusi fisici nei bambini negli Stati Uniti.
Il 30% degli abusi da trauma alla testa vengono mancati quando chi si occupa dei bambini non dice la verità o quando non si manifestano i sintomi principali come vomito e o stato agitato.
Gli scienziati hanno collaborato con una compagnia canadese, la Axela, per diagnosi molecolari per creare un test che possa ridurre le probabilità di mancare una diagnosi usando:
Il sistema inventato permette di misurare biomarcatori multipli simultaneamente usando un esiguo ammontare di sangue.
Per arrivare alla formula definitiva i ricercatori si sono avvalsi anche a precedenti campioni forniti da una banca dati.
La squadra ha valutato le capacità predittive del Biomarkers for Infant Brain Injury Score (BIBIS) (Biomarcatori per il punteggio da lesioni infantili alla testa) su 599 bambini iscritti in 3 siti di studio negli Usa.
Il test ha evidenziato un’emorragia intracranica acuta a causa di un trauma alla testa dovuto ad abusi il 90% delle volte, un tasso maggiore del tradizionale giudizio clinico, che si aggira intorno al 70%.
Naturalmente il giudizio clinico rimane cruciale, ma questo test può essere fondamentale quando i sintomi non sono chiari.
Il test è in grado di identificare un trauma senza il sanguinamento dalla testa dei bambini, nel 48% dei casi.
“Lo studio dimostra i benefici di condurre un test altamente sensibile nel punto di cura” riassume Paul Smith, Ceo di Axela, la società di diagnosi molecolare.
L’indagine è stata pubblicata su Jama.
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