Quando una coppia si sottopone alla fecondazione artificiale, solitamente lo fa per una serie di motivi:
Per queste persone la volontà di avere un figlio è davvero enorme, tanto da essere disposti a mettere in gioco un investimento emotivo ed economico importante. In qualche caso, purtroppo, c’è anche l’errore umano come nel caso dei genitori a cui sono state scambiate le provette con esiti etici e giudiziari enormi. Anche il caso che vi raccontiamo oggi è importante da questo punto di vista.
La storia risale al 2014 quando una coppia si è rivolta alla clinica Mangiagalli di Milano per provare a concepire in vitro un bambino. L’uomo ha chiesto la diagnosi pre impianto: è infatti affetto da esostosi multipla ereditaria, una malattia che può portare tumori alle ossa e richiedere decine di interventi. Poiché la percentuale di ereditarietà è del 50%, ha appunto domandato che sull’embrione fosse eseguito il test genetico per verificare se la malattia era stata trasmessa.
La clinica però si è rifiutata dicendo di non avere il macchinario adatto e quindi non poter erogare il servizio. La coppia però ha portato il caso in tribunale e nel marzo del 2015 i giudici hanno passato il caso alla Consulta che ha dichiarato illegittima quella parte della legge 40 in cui si “non consente il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità”.
“Se uno dei componenti di una coppia è affetto da una malattia genetica grave, tale da poter portare ad un aborto terapeutico da parte della donna, la coppia ha diritto ad ottenere la diagnosi genetica pre-impianto nella struttura sanitaria dove è effettuata la procreazione medicalmente assistita, o al rimborso delle spese per effettuare tale test in altra struttura.” questo è quanto stabilito il Tribunale di Milano. Ad essere condannata non solo la Clinica Mangiagalli ma anche la Regione Lombardia, che aveva appoggiato la tesi della Clinica.
Secondo l’avvocato delle coppia, Gianni Baldini, l’ordinanza segna una svolta perché “estende il diritto alla diagnosi pre-impianto in presenza di qualsiasi patologia genetica grave che possa comportare un aborto terapeutico” si legge sul Corriere.
La clinica Mangiagalli dovrà quindi effettuare i test genetici sugli embrioni e se non ha i macchinari dovrà provvedere esternamente.
La coppia nel frattempo ha provato a sottoporsi ad altri test e ad altre due fecondazioni fallite in Grecia, spendendo circa 13 mila euro, che però non verranno rimborsati nonostante la sentenza a loro favore.
E voi unimamme cosa pensate?
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