Care unimamme, ci sono momenti nella vita che possono segnarci per sempre, ma il modo in cui li si affronta può davvero fare la differenza.
Una pediatra mamma lo sa bene ed è il motivo per cui ha deciso di condividere la sua storia.
Priscilla Sarmiento-Gupana è una pediatra che lavora a Chicago e che, a differenza di milioni di genitori che vivono un lutto perinatale, ha deciso di rompere il silenzio e dire: “Mio figlio è esistito e ha contato“.
Priscilla ha raccontato che nel 2011 aveva tutto quello che si poteva desiderare nella vita: era felice e stava per diventare mamma: “nel 2011, ero un pediatra da poco e finalmente avevo la vita che avevo sognato dopo tanti anni di duro lavoro. Io e mio marito abbiamo annunciato la gravidanza con una serie di foto della pancia che cresceva. Mi sentivo benissimo, mangiavo sano, facevo esercizio e ho avuto una regolare cura prenatale.”
Arrivata alla 35esima settimana però ha iniziato ad avere dei problemi, che pensava fossero però normali sintomi di gravidanza. Le gambe gonfie, il sentirsi facilmente senza fiato, il mal di testa e poi è sopraggiunto il dolore addominale.
Priscilla è quindi andata all’ospedale. Qui le hanno detto che avrebbe dovuto fare il cesareo perché c’era una grave pre eclampsia: “come un pediatra, sono stata spesso dall’altra parte di questo scenario. Ma nulla ti prepara quando le cose vanno male”.
Il bambino è nato, ma subito qualcosa non andava: era gonfio e non respirava.
Priscilla ha raccontato di aver sentito le urla degli infermieri e il ginecologo che si affannava. Purtroppo 25 minuti dopo la nascita il figlio, Maxwell James, se n’era andato.
“Cosa è successo? Perché Dio mi ha lasciato portare questo bambino per 35 settimane solo per riprenderselo indietro? Era colpa mia? Perché lui? Perché noi? Perché Dio?” .
Nonostante non avessero ancora ricevuto la diagnosi, questa mamma ha spiegato che sia lei che il marito spesso parlavano dei motivi per cui le cose a volte vanno male: quindi quando i medici hanno chiesto se volevano donare gli organi del figlio, Priscilla e suo marito hanno subito accettato: “è stato il Sì più semplice che ho detto in vita mia. Mio figlio era un eroe senza nemmeno aver mai respirato sulla Terra“.
Dopo l’espianto, le hanno portato il bambino avvolto in una coperta, con gli occhi chiusi: sembrava che stesse dormendo. Lei e tutta la sua famiglia lo hanno cullato fino al momento di salutarlo, dopo averlo comunque fatto battezzare ed aver scattato foto per ricordo.
Solo successivamente è arrivato la diagnosi: Max era morto per la talassemia maggiore, una condizione fatale per cui il corpo non è in grado di produrre emoglobina funzionale, la parte del sangue che trasporta ossigeno al corpo. Questa diagnosi ha “consolato” la mamma che aveva paura di aver potuto causare lei il problema al figlio. Tra l’altro la maggior parte dei bimbi con questa condizione muore in grembo, mentre Max è sopravvissuto e ha salvato un’altra vita con la sua valvola polmonare.
Priscilla ha scritto sull’Huffpost che il dopo non è stato semplice: sepolto Max, il suo corpo stava producendo latte come se dovesse allattare e aveva paura di come avrebbe fatto a fare di nuovo la pediatra vedendo bambini dell’età del suo Max.
E’ ritornata al lavoro due mesi dopo e uno dei suoi primi pazienti è stato proprio un piccolo nato nello stesso giorno del figlio perso.
Quando i genitori, che si ricordavano che era incinta, le chiedevano se avesse avuto un maschio e una femmina, Priscilla non si è mai nascosta: ha raccontato la sua storia, ha usato il linguaggio della perdita e ha trovato moltissima comprensione.
Dopo la morte di Maxwell Priscilla e il marito inoltre erano terrorizzati dal provare nuovamente ad avere un bambino, ma la loro famiglia ha finalmente accolto due bambini, Ethan James e Ellie Grace.
Da questa storia Priscilla ha imparato delle cose positive e le descrive così: “Il momento peggiore della mia vita mi ha modellato nella persona che sono oggi. Sono una moglie migliore, una madre migliore, un medico e una persona migliore dopo Max. Mi ha insegnato che tutto e tutti hanno uno scopo, che c’è sempre spazio per la speranza, che chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia, e che il cielo è solo un battito di cuore. Ho ancora giorni difficili. Ma ho scelto di gioia. Io uso il mio dolore per il bene. Mi appoggio a coloro che mi hanno aiutato in questa tempesta. Io lo porterò nel mio cuore sempre“.
La capisco molto bene, visto che anch’io ho vissuto un aborto. A volte è davvero dura, ma tutto il dolore serve anche ad essere più forti.
E voi unimamme cosa ne pensate?
Intanto vi lasciamo con la lettera di una mamma che invita i genitori a scegliere la fede, anche dopo una perdita di un figlio appena nato.
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