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“Ero diverso, non sbagliato”: il tema di un ragazzo vi farà riflettere

Published by
Valentina Colmi

Purtroppo il bullismo è un tema che – nonostante le tante iniziative – è ancora troppo diffuso e forse sottovalutato, complice il fatto che è il gruppo ad essere più forte.

Per fortuna è stata recentemente approvata la legge anti bullismo, ma quanto dovranno ancora soffrire i nostri ragazzi prima che effettivamente si riconosca che essere vittima di soprusi del genere può provocare delle ferite profonde?

Io stessa quando andavo a scuola sono rimasta scottata per molto meno: mi facevano sentire brutta e “sfigata”, ma all’epoca non c’erano i social e quindi ero certa che una volta finita la scuola mi sarei sentita meglio. Ne ho portato i segni per diverso tempo, ma io non ho vissuto il bullismo, piuttosto delle prese in giro non piacevoli.

Oggi con i social è tutto diverso: credo che i ragazzi siano molto esposti a degli strumenti che non sono in grado di utilizzare e non sanno cosa possono fare. Per questo è molto importante la testimonianza di Ivan (nome di fantasia), scritta in un tema, che la professoressa ha chiesto di leggere davanti a tutti.

Il tema di un ragazzo contro i bulli, per far capire cosa si prova

Ero diverso, non sbagliato.

Venivo preso in giro, deriso davanti a tutti, perfino i miei amici partecipavano, per poi chiedere pateticamente scusa.

“Mamma, ma perché mi trattano così? Cos’ho che non va?!?!”.

“Tranquillo, amore: sono solo invidiosi!”. Io non credo proprio.

Poi arrivo alle elementari, un’occasione di riscatto, lasciando il passato alle spalle. La prima cosa che i compagni notano di me è la mia voce, acuta, squillante, diversa da quella degli altri maschi. Conoscevo qualcuno, ma erano proprio quelli che mi guardavano con più disprezzo. Ero solo, di nuovo.

Successivamente lego con due bambine, diventano le mie migliori amiche. Nonostante il nostro profondo legame cerco di stare lontano da tutte e due, temevo che se mi avessero conosciuto meglio se ne sarebbero andate. Le offese si ripetono, non erano pesanti, ma era il modo in cui le dicevano che mi feriva.

Passano quattro anni e arrivo in quinta. Le prese in giro gradualmente finiscono e riesco finalmente ad entrare nel “mondo dei maschi”. Francesco, Flavio, Domenico, Roberto: eravamo inseparabili. Con l’arrivo in questo nuovo “mondo” o semplicemente un “diverso punto di vista” (come diceva papà) alcune cose cambiano in me. Inizio a seguire la moda, carte e gameboy sparsi per tutta la camera. Ero felice, finalmente.

Nella classe però c’erano alcuni ragazzi più emarginati, capivo come si sentivano e cercavo di stare vicino anche a loro: Alfredo, Saverio, Livio e Mario. Purtroppo questo bellissimo anno finisce.

Iniziano le medie. C’erano tutti: Livio, Domenico ecc… Entro a testa alta, fiero dell’anno precedente. Ma magari avrei dovuto abbassarla. Ginnastica, il mio punto debole. Non essendo interessato agli sport non ne avevo mai praticato uno. “Tutti alla sbarra! Flessioni!” urla il prof di ginnastica. Fiero di me mi getto sulla sbarra, faccio più flessioni che posso. Ma poi mi fermo. Tutti mi guardano. Uno dei compagni rompe il silenzio: “Ma cosa sei? Una femminuccia?!? “. “Già: scommetto che non sai nemmeno saltare!”.

Tutti ridono, mi indicano come se fossi un fenomeno da baraccone. Ero a pezzi. “Omosessuale” “Trans” , ormai era così che mi chiamavano. Inizio con l’autolesionismo, una droga potentissima di cui non puoi più fare a meno. Mi chiedo come sarebbe bere quel bicchiere di candeggina sopra la lavatrice.

Un giorno vado al mare con Domenico e Francesco. Vedo in lontananza Alfredo, Saverio e Livio con cui avevo chiuso i rapporti. Si avvicinano e mi spingono a terra, sento un calcio, poi un altro ancora, iniziano a picchiarmi. Vedo Francesco e Domenico dietro di me, pietrificati, non reagiscono semplicemente perché non vogliono vedere. Mi lasciano a terra senza nemmeno la forza di piangere. Torno a casa e mi chiudo in camera.

Accendo il telefono “Cento nuovi messaggi dal gruppo antIvan“. Il gruppo l’aveva creato Alfredo, c’era tutta la scuola. Leggo solo insulti, nessuno mi difende. “Ivan” chissà se ricorderanno questo nome, una volta che non ci sarò più. Apro la finestra e mi lascio andare. È finita, finalmente in pace. Sono diverso, non sbagliato”.

Molti ragazzi, dopo la lettera, si sono sentiti chiamati in causa e hanno chiesto scusa.
La professoressa Rossi, intervistata da Repubblica, ha fatto un enorme lavoro sul bullismo, prima attraverso un corso di formazione e poi attraverso attività in classe, come il teatro per spingere i ragazzi a tirare fuori le proprie emozioni.
“In classe si è creato, tra scritti, discussioni, teatro, un clima diverso. Hanno cominciato a fare gruppo, a dirsi le cose in faccia mentre ognuno prima se ne stava per i fatti suoi“. E la classe ha persino ideato un video con protagonista un ragazzo vittima di bullismo.
Bravo Ivan e brava prof.
E voi unimamme cosa ne pensate? Farete leggere questa lettera ai vostri figli?

Valentina Colmi

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