Oggi le donne italiane scelgono di rimandare il progetto di maternità in là nel tempo: si dice sempre che le motivazioni siano la mancanza – o la precarietà – di lavoro oppure perché la donna è più occupata a costruirsi una carriera. In realtà – forse – i veri motivi sono differenti.
Ecco perché in Italia nascono sempre meno bambini: secondo l’Istat nel 2015 in Italia sono nati 485.780 bambini (-16.816 rispetto al 2014, -91.000 rispetto al 2008). Un calo significativo che rende il nostro Paese uno degli ultimi in fatto di natalità e che non sembra invertire la rotta, anche dopo il disastroso tentativo del Fertility Day.
Le donne che diventano madri del primo figlio sono quelle che vengono definite “primipare attempate”, perché più vicine ai 40 che ai 30 anni:
La questione è da porre soprattutto su due fronti, spiega il presidente dei Pediatri Italiani, Alberto Villani:
Villani spiega infatti sulla rivista dell’ordine: “È sufficientemente noto, tra la popolazione, che la donna raggiunge il picco massimo di fertilità tra i 18 e i 28 anni, tra i 28 e i 33-35 anni inizia a ridursi e dopo i 35 anni la capacità riproduttiva declina irrimediabilmente? È chiaro che passati i 42 anni la fertilità risulta estremamente ridotta e cessa dopo i 45 anni salvo casi eccezionali? Queste “banali” informazioni sono note alla popolazione? Viene insegnata nelle scuole la biologia della riproduzione? È solo giusto o è doveroso informare una ragazza, una donna, che esiste un’età in cui poter diventare madre?”.
Le donne hanno quindi la giusta consapevolezza che il tempo per avere figli è limitato? E oltre a loro, gli uomini ce l’hanno?
Bisogna informare la popolazione che la fertilità va incrementata con uno stile di vita sano, nel rispetto della biologia.
Esattamente come esiste una cultura della Fecondazione assistita, dovrebbe essercene una sulla fertilità.
“Esiste un’età in cui la fertilità è presente, esiste un’età in cui è ottimale. Nostro dovere è dirlo, diritto delle persone è saperlo” dice Villani.
Il secondo motivo sono le condizioni sociali: non si fanno figli perché nel nostro Paese la maternità viene considerata uno svantaggio, non una risorsa. A parte qualche caso virtuoso, a tante è capitato di essere licenziate perché incinte. Finché questa verrà considerata la norma, in quante possono permettersi di avere più di un figlio?
“Cosa possiamo fare noi pediatri? – chiede Villani – Possiamo e dobbiamo lavorare per collaborare con i decisori politici perché avvenga un cambiamento culturale che valorizzi la maternità nella nostra società e crei le condizioni per cui nel nostro Paese si sia sensibili a una procreazione socialmente assistita (PSA) e a una procreazione culturalmente assistita (PCA) almeno quanto lo si è alla PMA“.
Perché “una Società senza bambini è una Società senza futuro, ma rischia di essere da subito una Società senza presente”.
E voi unimamme cosa ne pensate?
Intanto vi lasciamo con il post sull’infertilità femminile e 6 possibili cause.
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