Recentemente è uscito in Italia il libro di Orna Donah “Pentirsi di essere madri”, in cui la sociologa intervista diverse madri israeliane dove le donne hanno in media 3 figli a testa e dove molte si sono appunto pentite di essere diventate mamme. Ogni volta che nasce un figlio è “l’anno 0” indipendentemente dal numero delle gravidanze: ciascun bambino è un mondo a sé e porta una rivoluzione senza precedenti all’interno della famiglia, della coppia e dei singoli genitori.
In Italia si continuano a fare pochi figli: secondo l’Istat nel 2015 in Italia sono nati 485.780 bambini (-16.816 rispetto al 2014, -91.000 rispetto al 2008) e – accanto a chi vuole diventare madre e non può per cause o fisiche o ambientali (ad esempio non ha un lavoro o ce l’ha precario) – c’è chi sceglie consapevolmente di non averne. Perché?
E’ interessante che se ne occupi Famiglia Cristiana, un settimanale che da sempre è attento e a favore della tradizione.
Daniela e Manuela sono regolarmente sposate da anni ed entrambe hanno deciso di non avere bambini.
La prima è sposata da 16 anni ed è stata l’esperienza della malattia a far propendere lei e suo marito a non diventare genitori: “Ne abbiamo parlato tanto dopo il matrimonio, io forse ero più propensa ad averne almeno uno. Prima di sposarci abbiamo vissuto (mio marito in prima persona) una malattia, che ha sicuramente minato la nostra sicurezza di poterne avere, e soprattutto mio marito ha avuto “timore” di poter rivivere la malattia, lasciandomi sola con un bimbo da crescere. Siamo una coppia molto unita e il suo ragionamento mi ha portato a condividere la scelta di non avere figli”.
Manuela ha 42 anni e consulente editoriale per l’infanzia: ha una vita frenetica, sempre con la valigia in mano. “Dietro ogni non-madre, c’ è una storia diversa, così come ogni donna possiede un’identità diversa che non si basa necessariamente sulla potenziale maternità” – racconta.
“A livello pratico, come molti della mia generazione, non avrò mai la pensione. Se facessi un figlio adesso – figlio unico di genitori maturi – si ritroverebbe due anziani da gestire in un’ età in cui dovrebbe invece perdersi per il mondo per trovare la propria strada”.
A spaventare anche la responsabilità e le possibili implicazioni: “Perché un figlio poi è una cosa ENORME. Creare un altro essere umano – mi sembra un atto così straordinario da diventare paralizzante. Mi guardo intorno e il “fallo e poi un modo troverai come tutti” mi sembra una strategia che funziona per chi ha la genitorialità scritta nel DNA, per chi ha la vocazione. A tutti gli altri tocca semplicemente adeguarsi tra frustrazione, senso di colpa, senso di inadeguatezza, rassegnazione, a volte persino infelicità”.
Per Manuela essere mamme significa anche essere sole: ” Ho letto che le depressioni post-parto sono in aumento e non mi stupisce affatto. Essere mamme significa anche, in un certo senso, anche se hai il compagno o il marito più attento del mondo, essere sole. Questo lo capisco anche se non sono mamma – lo vedo, lo percepisco, lo sento a pelle”.
“E penso che una nuova vita sia troppo preziosa per accoglierla senza essersi prima posti alcune domande su se stessi e su cosa davvero ci aspettiamo dalla famiglia di cui abbiamo scelto di fare parte. Sia essa grande come due persone o come il mondo intero”.
Tutte motivazioni molto giuste, per carità.
Ma se devo dire la mia opinione, da mamma, non le condivido: avere dei figli è per me la cosa più straordinaria che mi sia capitata. Certo, sono più preoccupata, più stanca, ho meno tempo per me. Eppure le mie bambine mi hanno riempito l’esistenza: mi insegnano a mettermi in discussione come essere umano, mi aiutano quando sono triste e senza di loro non sarei cresciuta.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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