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“Ho 13 anni, non dico la password del telefono”: cosa possono fare i genitori?

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Valentina Colmi

Ad un certo punto della vita di un genitore si presenta un grosso problema: la preadolescenza. Dei piccoli e innocenti bambini da un giorno all’altro si affacciano verso una stagione della vita che per mamma e papà possono essere difficili da gestire, soprattutto se ci si mette anche la tecnologia. Ai tempi miei – che poi non era il Mesozoico ma fino a 17 anni fa – i cellulari c’erano ma servivano per telefonare. Non c’era internet, o le app o i social network. Dobbiamo pertanto imparare come comportarci da 0 usando il buon senso.

E’ impensabile far vivere i nostri figli lontano dalla tecnologia, perché esiste ed è ovunque, ma bisogna insegnare loro che si deve utilizzare con intelligenza, per evitare dei pericoli per la stessa incolumità. Come si possono comportare i genitori se il proprio figlio rifiuta di seguire le regole che prima aveva detto di accettare?

Alberto Pellai risponde a una domanda sul cellulare ai figli: “sì alla privacy, ma non con la tecnologia”

Una mamma ha scritto al famoso esperto Alberto Pellai su Famiglia Cristiana chiedendo come intervenire nei confronti del figlio di 13 anni che si rifiuta di dire ai genitori la password del cellulare perché sarebbe una violazione della sua privacy.

Io non so cosa fare. Siamo ai ferri corti. Ho paura di esagerare con il controllo, non vorrei tirare troppo la fune che ci tiene legati fino a spezzarla e perdere il contatto e la buona relazione che fino a oggi abbiamo mantenuto con luiscrive questa mamma.

Pellai sostiene che i ragazzi quando diventano preadolescenti possono avere diritto alla propria privacy: “Personalmente penso che la privacy alla quale ha diritto un 13enne è quella che gli dà l’ autorizzazione a chiudersi in bagno chiedendo che nessuno lo disturbi nel frattempo”. Oppure quando scrivono un diario e non vogliono che nessuno lo legga, bisogna rispettare questa volontà.

Con i cellulari no, perché la privacy quando si è on line non esiste afferma Pellai.

nella vita on line, i figli sono esposti a relazioni e contatti che possono essere infiniti e senza limiti. E anche potenzialmente pericolosi e inadeguati rispetto alle loro competenze e capacità di gestione. Se in un gruppo WhatsApp ci sono decine di persone, se un profilo Facebook ha centinaia di contatti, noi stiamo parlando di qualcosa che è tutto tranne che privato. E che espone un minorenne a rischi e problemi che non sempre è in grado di prevenire, gestire e controllare”. 

Come devono comportarsi allora i genitori? Devono controllare esattamente come farebbero se il loro figlio uscisse con gli amici chiedendogli: “dove vai? con chi sei? a che ora sei a casa?”. Anche on line è la stessa cosa: dobbiamo controllare.

Lo facciamo non per ledere la sua privacy, ma per sincerarci che tutto ciò a cui andrà incontro non lo esponga a rischi e pericoli. La stessa regola deve valere anche per le loro esplorazioni nella vita on line” afferma l’esperto.

Un genitore può allora stringere un patto con il proprio figlio e dirgli: “Io devo sapere la tua password e qualche volta entro nei tuoi social con te. Non ti spierò, ma come adulto, genitore e titolare del tuo numero di cellulare (gli abbonamenti dei nostri figli sono intestati a noi) voglio avere una supervisione di ciò che succede nei social. Fino a che non saremo certi che avrai imparato tutte le regole per stare on line con sicurezza”.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Intanto vi lasciamo con il post che parla di come combattere la dipendenza da cellulare. 

Valentina Colmi

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