Unimamme, oggi vi parliamo di ADHD e di nuove scoperte scientifiche che potrebbero migliorare la vita di tanti bambini e tante famiglie.
La novità è che questi studi sono stati presentati ad un pubblico di “giovani menti”, le quali hanno poi fornito i loro feedback ai ricercatori stessi.
Gli scienziati dell’Okinawa Institute of Science and Technology Graduate University hanno recentemente pubblicato le loro scoperte riguardanti il Deficit da Attenzione e Iperattività su Frontiers of Young Minds, un giornale scientifico indirizzato ad un target di lettori di età compresa tra i 12 e i 15 anni.
“I bambini affetti da ADHD sono incompresi e si pensa a loro come “i bambini problematici” a scuola, tendono ad avere più difficoltà nella vita quotidiana, problemi che qualche volta permangono nella vita adulta, vogliamo scoprire perché” dichiara il dottor Emi Furukawa dell’OIST.
Quante volte capita che un bambino, così come un adulto, non riesca a stare fermo, concentrato su un compito, in attesa di parlare? Capita a tutti, ma ad alcune persone di più e ciò perché potrebbero avere dei disturbi come Deficit di attenzione e iperattività.
Il dottore spiega che esistono farmaci e interventi comportamentali e fisici per ridurre i sintomi di ADHD, ma ancora non si comprende perché a volte funzionino e altre no, considerando anche i potenziali effetti secondari.
“Noi vogliamo scoprire cosa accade esattamente nel cervello dei bambini con ADHD per raffinare meglio gli interventi”.
I ricercatori hanno analizzato la parte del cervello che si chiama striato che viene rappresentato come il centro di ricompensa/piacere del cervello. Questa parte si attiva quando facciamo cose che ci piacciono o quando sappiamo che facendo un compito, anche noioso, dopo saremo ricompensati. In alcune persone però questa parte del cervello non si attiva come dovrebbe.
Ecco come si è svolta la sperimentazione: un gruppo di ragazzi in età da college con e senza ADHD hanno completato un compito in uno scanner con risonanza magnetica che misurava l’attività dello striato considerando quando era in attesa di una ricompensa e quando la riceveva.
Dalle scan è emerso che lo striato degli studenti senza ADHD era più attivo in anticipazione della ricompensa, riuscendo a concentrarsi meglio sul compito e sapendo che la ricompensa era vicina.
Gli studenti con ADHD, invece, mostravano un tracciato completamente opposto: ricevere la ricompensa scatenava una minore attività nel cervello legata all’anticipazione del premio. Questo può influire negativamente sull’abilità dei bimbi con ADHD di rimanere concentrati se la ricompensa non è immediatamente a disposizione.
Il dottor Furukawa sottolinea che gli psicologi sanno che devono ricompensare i bambini con ADHD più frequentemente, ma i genitori e gli insegnanti fanno fatica a farlo perché si chiedono il motivo per cui dovrebbero ricompensare più frequentemente bambini che si comportano male, pur essendo il comportamento giusto da seguire.
Sempre il ricercatore aggiunge che dare una spiegazione su basi neurologiche riguardo l’ADHD può dare maggior senso alle persone che si occupano dei bambini e ai genitori e aumentare strategie di gestione del comportamento portando così benefici ai bimbi affetti da questo disturbo.
Unimamme voi cosa ne pensate di questi risultati di cui si parla su Science Daily?
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