Viene chiamato co-sleeping, ovvero il letto condiviso, e molti genitori lo applicano per avere i bambini vicino a sé durante la notte. Certamente può essere un’abitudine interessante, ma fino a quando deve durare?
Sebbene molti genitori sostengano che il co-sleeping sia semplicemente un modo per seguire la natura, in tanti storcono il naso: non c’è soltanto l’intimità di coppia a risentirne, ma anche la qualità del sonno e possibili rischi per la salute, visto che di notte ci si muove e si potrebbe colpire involontariamente i bimbi. Ecco allora cosa dice la scienza.
In America è infatti uscito un nuovo studio in cui si sostiene che è meglio che i bambini imparino a dormire da soli molto presto: “Una delle motivazioni principali è che imparano ad auto consolarsi per dormire” dice l’autrice principale della ricerca, la Dottoressa Jodi Mindell del Children’s Hospital di Philadelphia. Questo ovviamente contraddice le linee guida dell’American Academy of Pediatrics (AAP), che raccomandano di far dormire i bambini nella stessa stanza con i genitori almeno fino ai 6 mesi per ridurre il rischio di morte in culla.
I ricercatori hanno analizzato i questionari di 6,236 genitori di bambini tra i 6 e i 12 mesi negli Stati Uniti e 3,798 genitori tra Australia, Brazile, Canada, Inghilterra e Nuova Zelanda. E’ emerso che i bambini che dormono in stanze separate:
Meglio iniziare allora quando i bambini sono piccoli a farli dormire nel proprio letto?
A parlare delle conseguenze negative della convivenza prolungata non solo nella stessa stanza, ma anche appunto nello stesso materasso è Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Centro PsicoPedagogico per la gestione dei conflitti, che insieme ad un gruppo di colleghi ha realizzato uno studio sui presunti danni del sonno condiviso.
Nel 2007 l’equipe ha fatto un’inchiesta per capire le possibili conseguenze del co-sleeping prolungato ed è emerso che appunto ci possono essere delle difficoltà per un bambino nella vita adulta:
“Meglio che i bambini stiano al loro posto, vivendo questa necessaria frustrazione come momento di crescita che permette di spostare i loro legittimi desideri sessuali alla fine dell’infanzia, evitando di proiettarli sui genitori stessi. Questo eccesso di promiscuità finisce per confondere i piccoli e crea complicazioni a non finire. Con la frase magica “sei grande!” i genitori riportano il giusto confine tra la vita degli adulti e quella dei figli. Tenere i bambini grandi, a partire dai tre anni, fuori dal lettone dei genitori è proprio il contrario della mancanza di affetto. E’ la consapevolezza che crescere bene i figli necessita di scelte adeguate età per età e queste spettano ai genitori” dice Novara.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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