Unimamme, la scienza prosegue a indagare come funzioni il cervello dei bambini, in modo da aiutarci a conoscerli meglio, la ricerca che vi presentiamo oggi va in questo senso.
Quando facciamo qualcosa di sbagliato, tipo premere il pulsante sbagliato sul pc, se riceviamo un messaggio che ci dice che quello che abbiamo fatto non è giusto, tipo un rumore, possiamo correggerci e non sbagliare più. Il messaggio del computer è un feedback, uno stimolo che ci dice se abbiamo fatto bene o male. Impariamo dai feedback.
Imparare dagli errori è importante soprattutto da piccoli. Sappiamo che le regioni del cervello che generano i messaggi di errore si sviluppano lentamente, e a volte occorre arrivare all’adolescenza per completare il loro sviluppo. La domanda quindi è: come funziona il cervello dei bambini di età compresa tra 1 e 3 anni? Come risponde agli stimoli esterni?
Dagli esperimenti praticati con gli adulti si sa che esistono diversi modi con cui il cervello segnala che è stato compiuto un errore o che abbiamo fatto una cosa bene.
Ogni cosa che facciamo è dovuta al passaggio di piccoli pezzi di elettricità tra le cellule, chiamati neuroni. Questi segnali elettrici permettono ai neuroni di comunicare tra loro inviando informazioni al cervello. Per misurarli viene usato l’encefalogramma: elettrodi applicati a una specie di cappello permettono di osservare i cambiamenti che avvengono quando si riceve un feedback.
I segnali che indicano che abbiamo sbagliato, chiamati feedback related negativity, vengono originati nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia media frontale. Queste due regioni si sviluppano durante gli anni della crescita e spesso completano il loro processo solo nell’adolescenza.
Quindi, come vengono generati e recepiti i segnali di errori nei bambini di 2 anni?
Gli scienziati hanno dato ai bambini un gioco che rappresentava degli animali su alcune carte con cui giocare su un tablet. L’obiettivo era quello di associare la carta con quella mostrata nel mezzo dello schermo, come si vede nella figura in basso.
Ai bimbi è stato chiesto: “dove pensi che sia il leone?”
Gli scienziati si aspettavano, in caso di errore, una risposta simile a quella registrata negli adulti.
Successivamente la domanda è stata posta nuovamente, sia che avessero risposto giusto, sia che la risposta fosse stata sbagliata.
Nel secondo caso la carta poteva essere trovata facilmente per il feedback che il bimbo aveva ricevuto prima.
In media, metà delle volte i bimbi hanno dato la risposta giusta la prima volta. La seconda volta invece hanno avuto un risultato migliore, hanno trovato la carta giusta molto più spesso.
Come per gli adulti i segnali del cervello dei bimbi erano diversi e dipendevano dai feedbacks ricevuti.
Essi presentavano una risposta della corteccia media frontale. La differenza nella risposta del cervello al messaggio “risposta corretta” o “risposta sbagliata” tocca il massimo a 0,35 secondi (il picco).
Alcuni studi che riguardano bambini e bimbi più piccoli hanno evidenziato che il picco nei segnali arriva più tardi rispetto agli adulti, perché i piccoli sono più lenti nel processare le informazioni.
Come per gli adulti i segnali di risposte agli stimoli sono stati trovati nelle stesse regioni che segnalano l’errore.
Proviamo a fare un altro esempio, immaginate di giocare lo stesso gioco per diversi giorni.
Più si gioca e più si migliora, questo viene definito: correlazione positiva.
I risultati hanno evidenziato una correlazione positiva tra i punteggi del gioco e le risposte agli stimoli nel cervello.
Vediamo il grafico, il primo bimbo non mostra grandi differenze quando il cervello gli dice che ha sbagliato o quando ha fatto male.
Il cervello del secondo piccolo mostra significative diversità tra risposta corretta e sbagliata. La performance è vicina al 100%, ovvero quasi perfetta. Questo crea una correlazione positiva. Meglio il cervello coglie la differenza tra corretto ed errato e meglio il bimbo può esprimersi nel gioco.
Grazie a questo esperimento si è compreso che persino il cervello di un bimbo di 2 anni e mezzo può rispondere a degli stimoli che lo aiutano a correggersi, i segnali arrivano solo leggermente più lenti (0,1 secondi dopo gli adulti).
Infine, ci si potrebbe chiedere perché alcuni bimbi mostrano segnali più forti in risposta agli stimoli esterni. Ecco i motivi:
Unimamme, voi cosa ne pensate di questa ricerca di Meyer M, Hassan Vijayakumar S, Bekkering H, Janssen D, de Bruijn E and Hunnius S pubblicata su Frontiers for Young Mind? Pensavate anche voi che già da così piccoli potessero capire così tanto?
Vi lasciamo con un altro affascinante articolo che spiega l’importanza di interagire con i piccoli e dell’effetto sullo sviluppo del loro cervello.
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