Unimamme oggi vogliamo raccontarvi la storia di una mamma e del suo bambino: si tratta di una vicenda che potrebbe incoraggiare tanti genitori che si trovano nella loro stessa situazione.
Una mamma condivide la storia della sua bimba in TIN
Stephanie Durfee è una mamma blogger (Shegotguts) che, dopo aver avuto un aborto spontaneo a 10 settimane, è riuscita a rimanere incinta.
Purtroppo la sua gravidanza non è stata liscia come avrebbe sperato, sua figlia Addie è infatti nato con 14 settimane di anticipo. La piccola pesava poco più di 500 grammi.
La sua mamma aveva sviluppato una grave preeclampsia e i medici l’hanno avvisata che avrebbe potuto avere un ictus se non avesse partorito subito.
Così, la piccola Addie ha dovuto trascorrere ben 2 anni in ospedale, di cui 114 giorni nel reparto di unità intensiva neonatale.
Mentre attraversava ricadute, diagnosi sbagliate, operazioni chirurgiche con i genitori al fianco, sua mamma, Stephanie ha deciso di documentare il loro viaggio per testimoniare cosa si prova in una situazione simile e per onorare il Sistema Sanitario Nazionale .
Stephanie ha pubblicato sul suo profilo Instagram questa foto della figlia per mostrare che la Terapia Intensiva Neonatale (TIN) non è solo il luogo dove i genitori leggono o fanno contatto pelle a pelle in attesa che i figli diventino più forti per andare a casa.
“Parte del tempo l’abbiamo passato temendo per la vita di Addie” scrive questa mamma.
Per mostrare cos’è la TIN Stephanie ha condiviso foto strazianti che hanno testimoniato il dolore che lei ha affrontato mentre temeva per la vita della figlia.
Questa mamma ha anche raccontato di quella volta in cui lei e suo marito sono stati chiamati per andare al capezzale della figlia che stava male.
“Quando siamo arrivati al reparto, c’era una folla nel suo angolo, le avevano tolto la coperta, quando ci siamo avvicinati abbiamo visto i loro musi lunghi. Ci hanno rivolto uno sguardo che era quasi “ci dispiace per la vostra perdita. Si poteva vedere la preoccupazione e il riguardo. Questo non ha aiutato. Questo non ci ha rassicurato per niente. Qualunque cosa stesse andando male a quel punto, eravamo in un certo senso rassicurati per il fatto che non trasalivano. Non sembravano preoccupati, era diverso”.
Quando Stephanie si è avvicinata si è accorta che Addie stava veramente male, perché il suo colorito era diventato grigio blu. La bimba aveva già un ventilatore in gola, la sua mamma ha notato che il ventre si allargava così tanto da poter vedere le vene. “Tirava ogni corda nel nostro cuore“.
Nonostante lo shock di vederla in quelle condizioni i medici le hanno detto che Addie stava meglio di quanto sembrasse.
“Sono contenta di non averla vista nel momento peggiore, a malapena riuscivo a tollerarla così. Era come se tutti i progressi precedenti si fossero sgretolati”.
Quel giorno a Addie è stata diagnosticato l’enterocolite necrotizzante, “è la prima causa di morte nella TIN; solo il 50% dei bimbi sopravvive”. Addie è una di questi.
Anche il papà di Addie, John, ha voluto scrivere come ci si sente ad essere un papà in quel reparto mentre entrambe le sue donne lottano per essere forti mentre stanno soffrendo. Ha infatti tenuto un diario segreto, riservato a parenti e amici intimi, durante il tempo della TIN.
“Comprensibilmente, la mamma è stata così determinata nell’essere lì per Addie da aver dimenticato di prendersi cura di se stessa. Lei non rallenta, lei non smette, lei è testarda. Addie ha ereditato quella testardaggine e so che grazie a questo ce la farà… mentre ho osservato la sua lotta, crescita e progressi nelle ultime 3 settimane, ho sentito nel fondo dello stomaco una voce dietro la mia testa che mi diceva che ce l’avrebbe fatta, che non sarebbe stata solo bene, che sarebbe stata speciale. Non solo perché è mia figlia, ma perché è un miracolo. Per questo”.
John aveva ragione.
Oggi Addie è una bimba che sta bene, vivace e felice.
Questa famiglia spera che condividere la propria storia contribuirà ad aumentare la consapevolezza per le altre famiglie che stanno cominciando la loro inimmaginabile battaglia nella TIN.
Unimamme, cosa ne pensate di questa storia raccontata su The Stir?
Noi ci lasciamo con un servizio fotografico dedicato ai prematuri.