Autismo e infezioni materne in gravidanza potrebbero essere correlati. Lo sostengono due studi scientifici. Le donne che durante la gravidanza sono colpite da infezioni gravi che richiedono il ricovero in ospedale hanno un rischio più alto di avere bambini autistici.
Autismo e infezioni materne in gravidanza
Gli studi sono stati condotti da due istituti prestigiosi, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) e la Scuola di Medicina dell’Università del Massachusetts, e sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
I due studi sono stati condotti sui topi. Analizzando i topi gli studiosi hanno scoperto che gravi infezioni nelle donne incinte possono avere conseguenze sul feto tali da aumentare i rischi di autismo o di comportamenti simili a quelli che rientrano nello spettro autistico.
Conseguenze che potrebbero dipendere dalla formazione di colonie di batteri nell’intestino della madre. I ricercatori hanno anche scoperto le variazioni specifiche nel cervello che creano questi comportamenti.
La dottoressa Gloria Choi, membro del McGovern Institute for Brain Research all’MIT., ha detto: “Abbiamo identificato una discreta regione del cervello che sembra sviluppare tutti i comportamenti associati con questo particolare modello di disturbo dello sviluppo neurologico“
I ricercatori ritengono che la validazione di questi risultati attraverso studi sugli esseri umani possano rivelare possibili metodi di prevenzione di questa condizione, come bloccare la funzione di alcuni ceppi di batteri presenti nell’intestino della madre, per diminuire il rischio di autismo.
Uno studio condotto nel 2010 in Danimarca su tutti i bambini nati dal 1980 al 2005 ha scoperto che
- le infezioni virali gravi durante il primo trimestre di gravidanza portavano ad un rischio triplicato di autismo,
- e che le infezioni batteriche gravi durante il secondo trimestre erano legate ad un incremento del rischio di 1,42 volte. Queste infezioni includevano l’influenza, la gastroenterite virale e gravi infezioni urinarie.
Effetti simili a quelli già descritti su modelli di topo di infiammazioni materne in precedente studio pubblicato su Science nel 2016. I ricercatori, Choi e Jun Huh (professore assistente alla Scuola di Medicina dell’Università del Massachusetts) hanno scoperto che un tipo di cellule autoimmuni, conosciute come cellule Th17, e la loro molecola effetrice, chiamata IL-17, sono responsabili di questi effetti sui topi, ovvero potrebbero alterare lo sviluppo cerebrale del feto e contribuire all’insorgenza di comportamenti caratteristici dell’autismo. La molecola IL-17 interagisce con i recettori presenti sulle cellule cerebrali nel feto in via di sviluppo, portando a irregolarità, che i ricercatori chiamano “patch” (cerotto), in determinate parti della corteccia.
Nei nuovi studi, i ricercatori hanno cercato di saperne di più su questi patches (cerotti) e stabilire se fossero responsabili delle anomalie comportamentali osservate nei topi, che comprendono i comportamenti ripetitivi e quelli che compromettono la socialità. Tipici degli autistici.
I ricercatori hanno scoperto che questi patches sono più comuni in una parte del cervello (chiamata S1DZ) che si ritiene sia responsabile della propriocezione, ovvero la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio. Nei patches, colonie di cellule chiamate interneuroni, che esprimono una proteina chiamata parvalbumina, sono ridotte. Gli interneuroni sono responsabili di controllare l’equilibrio di eccitazione e di inibizione nel cervello e i ricercatori hanno scoperto che i cambiamenti che hanno trovato nei patches corticali erano associati ad un sovraeccitamento.
Quando i ricercatori anno ristabilito livelli normali di attività cerebrale, sono stati in grado di invertire le anomalie comportamentali. Sono stati anche in grado di indurre comportamenti in topi altrimenti normali sovrastimolando i neuroni nella zona del cervello S1DZ.
Nell’altro studio pubblicato su Nature, i ricercatori hanno approfondito alcuni fattori aggiuntivi che determinano se un’infezione grave possa provocare l’autismo. Infatti, non tutte le madri che hanno un’infezione grave finiscono per avere un bambino con l’autismo. Così come non tutti i topi nel modello di infiammazione materna sviluppano anomalie comportamentali.
I ricercatori spiegano che le infezioni in gravidanza sono solo uno dei fattori. Servono anche altri fattori aggiuntivi per portare all’autismo.
Un indizio importante ha mostrato che quando i sistemi immunitari di alcuni dei topi in gravidanza venivano stimolati, iniziavano a produrre IL-17 in un giorno. Normalmente occorrono dai 3 ai 5 giorni, perché IL-17 è prodotto da cellule immunitarie specializzate che richiedono tempo per differenziarsi. Forse questa citochina (molecola prodotta da altri tipi di cellule) viene prodotta non dalla differenziazione delle cellule immunitarie, quanto piuttosto da cellule immunitarie preesistenti.
Studi precedenti nei topi e negli animali hanno scoperto colonie di cellule Th17 nell’intestino di individui sani. Queste cellule, che aiutano a proteggere l’ospite da microbi nocivi, si pensa siano state prodotte a seguito dell’esposizione a particolari tipi di batteri innocui che si associano all’epitelio.
I ricercatori hanno scoperto che solo la prole dei topi con un tipo specifico di batteri innocui, conosciuti come batteri filamentosi segmentati, aveva anomalie comportamentali con patches corticali. Quando i ricercatori hanno ucciso quei batteri con gli antibiotici i topi hanno partorito una prole normale.
Voi unimamme che ne pensate?
Vi ricordiamo il nostro articolo: le complicazioni durante il parto aumentano il rischio di autismo.
VIDEO: Cosa è l’autismo?