In questi anni si parla tanto anche da noi in Italia di Metodo Montessori, che si basa sul principio fondamentale dell'”imparo a fare da solo”. Si tratta infatti di una modalità educativa che mira a determinare l’autonomia dei bambini fin da piccoli, con stanze e aule scolastiche pensate per loro. Ad esempio i mobili sono bassi, alla loro portata. Non c’è disordine perché si insegna ai bimbi a mettere a posto i pochi oggetti che ci sono nella stanza.
Certamente un metodo che rispetta il bambino e lo mette al centro del principio educativo: molti personaggi pubblici – persino il futuro Re d’Inghilterra William e suo fratello Henry – hanno studiato così.
Per questo su Il Corriere della Sera ci si è chiesti se è una modalità che funziona davvero, intervistando diverse personalità che hanno frequentato scuole montessoriane.
In generale, tutti quelli che hanno studiato con questo tipo di metodo si ritengono fortunati: ad esempio Alessandro Modiano, funzionario diplomatico e capo delegazione del G7 per l’Italia: “La Montessori ha favorito la mia curiosità, la voglia di libertà, la mia apertura mentale. L’impatto con la scuola tradizionale? Forse qualche problema di disciplina, all’inizio e anche dopo, ma l’ho sempre vissuto come positivo – forte senso critico e una certa insofferenza verso le regole superflue”.
L’aspetto più strano secondo chi ha studiato con il metodo Montessori ed è passato per forza di cose alla scuola tradizionale è quello di non chiedere aiuto: Niccolò Valle, seconda liceo scientifico, dice che “bastava prendere una matita in prestito dal compagno di banco e rischiavi la nota. Poi ho dovuto abituarmi a usare carta, penna e calcolatrice. Alla Montessori la matematica non è astratta: la vedi, la tocchi. Il teorema di Pitagora lo impari usando triangoli e quadrati legno”.
Il fatto che si cerchino di rispettare i ritmi del bambino, come per esempio insegnargli ad allacciare le scarpe, alcune volte – nella scuola tradizionale – si scontra con la necessità (purtroppo) di avere dei tempi da rispettare: Alice Sinatra, docente di fisica e ricercatrice alla Sorbona e all’École Normale Supérieure di Parigi, dice infatti che questo è stato l’impatto più negativo. “Fu il motivo per cui il primo giorno di media, non montessoriana, litigai con la preside. Ci diede alcune divisioni, io ci stavo mettendo un po’ più di tempo degli altri e lei me lo fece notare. Le risposi: embé? Apriti cielo, mi chiamò in presidenza, io ero così preoccupata che per due settimane non lo raccontai ai miei genitori. Poi tutto si ricompose, dato che i risultati erano buoni. Ma l’impatto fu brutale, avevo sempre l’impressione che i professori volessero castigarti”.
Secondo Sinatra il Metodo non va bene per tutto il percorso scolastico: “Secondo me no. Nonostante dia fiducia in se stessi e non tarpi da subito le ali, non credo si possa seguire per tutto il ciclo di studi: va bene fino alle elementari ma non oltre. E comunque non è vero che non ti abitua alla vita. Una volta ci spiegarono che cos’era la democrazia e organizzammo una prova pratica di voto: non mi ricordo cosa votammo, ma ricordo che nessuno tenne conto del risultato…”.
Io ho l’impressione che questi metodi “alternativi” – oltre ad esempio al Montessori c’è la scuola Steineriana, quella senza zaino o anche gli asili nel bosco o del mare – siano validi solo fino ad un certo punto. Perché volenti o nolenti questi bambini e ragazzi, cresciuti in un ambiente protetto, quasi su misura, ad un certo punto dovranno uscirne e scontrarsi con la realtà. A quel punto tutti saranno pronti o solo i più bravi potranno inserirsi nel sistema tradizionale, mentre quelli più deboli – appunto non più supportati da scuole che devono risolvere problemi quotidiani – rimarranno per forza indietro?
E voi unimamme cosa ne pensate?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di scuola montessoriana e scuola steineriana a confronto.
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