Tutti più o meno sanno di che cosa si parla quando si usa l’espressione inglese di “gender gap“, ovvero divario di genere, e si riferisce a tutte quelle differenze tra donne e uomini di solito a danno delle donne. Differenze nelle posizioni lavorative occupate, ma soprattutto differenze di stipendio, che discriminano fortemente le donne, a parità di lavoro e di responsabilità con gli uomini. Un problema ancora molto serio.
Il gender gap lavorativo, nell’avanzamento di carriera e soprattutto nello stipendio ricevuto, a parità di compiti e responsabilità, è il grande problema che affligge le donne che lavorano. Le donne sono discriminate rispetto agli uomini in primo luogo a causa della maternità. Il temporaneo allontanamento dal lavoro per occuparsi dei figli piccoli pregiudica la carriera delle donne, che rimangono ferme o peggio possono perdere il lavoro.
Questa situazione, però, non danneggia solo loro ma anche la loro famiglia e la società nel suo complesso.
Un articolo di approfondimento dell’Economist si riferisce soprattutto alla realtà americana, in cui le donne che si allontanano temporaneamente dal lavoro per accudire i figli perdono la prima promozione e dopo aver partorito tendono spesso ad accettare incarichi o lavori meno qualificati e meno impegnativi per poter seguire i figli. Questo fa sì che molte donne siano più qualificate del lavoro che svolgono, perdendo prospettive di carriera e aumenti di stipendio.
Una situazione che danneggia non solo le donne, ma anche la società per via del sottoutilizzo delle loro capacità. Se poi la relazione familiare si rompe per le donne con uno stipendio inadeguato e un lavoro poco qualificato i problemi diventano seri.
Problemi che riguardano anche la situazione italiana, dove, ancora peggio, molte donne rinunciano a tornare al lavoro dopo la maternità, soprattutto quando aumenta il numero dei figli. Spesso le donne che hanno avuto figli sono discriminate e fatte oggetto di mobbing quando tornano al lavoro. Per non parlare, purtroppo, dei casi di licenziamento o dimissioni forzate quando aspettano un bambino, pratiche assolutamente illegali ma nascoste da altri motivi.
Per riequilibrare la situazione, scrive l’Economist, ai padri bisognerebbe concedere periodi assenza pagati dal lavoro per occuparsi dei figli. In modo da distribuire più equamente i carichi familiari e non fare pesare tutto sulle donne. La legge italiana ha introdotto i congedi parentali anche per i padri, negli Stati Uniti invece sono del tutto assenti così come non c’è un adeguato congedo di maternità per le madri, mentre i Paesi più avanzati su questo fronte sono quelli del Nord Europa, come Svezia e Norvegia.
Quando anche i padri condividono la cura dei figli, le responsabilità sono meglio distribuite, la donne hanno più tempo per dedicarsi a sé stesse e riprendere il lavoro, senza sprecare le loro capacità. Ne guadagna anche l’armonia in famiglia.
Per ridurre le differenze di stipendio tra donne con figli e uomini, poi, è importante che la scuola e i servizi dell’infanzia siano organizzati per andare incontro alle esigenze dei genitori, con prolungamento degli orari di apertura delle scuole da dedicare alle attività extrascolastiche e sociali.
Ovviamente perseguire questo tipo di politiche è complicato e costoso, ma alla lunga remunerativo per tutti. Aiutare le donne a proseguire con la loro carriera lavorativa e dare agli uomini l’opportunità di occuparsi dei figli fa bene a tutta la famiglia. I bambini accuditi da piccoli anche dai padri ricevono quelle attenzioni che li aiuteranno ad andare a bene a scuola in futuro. Mentre le donne a cui sarà consentito di proseguire con la carriera lavorativa percepiranno stipendi più alti e pagheranno più tasse in futuro. Da anziane avranno meno bisogno di assistenza da parte dello Stato, così come in caso di divorzio.
Solo se gli uomini potranno conciliare famiglia e lavoro potranno farlo anche le donne.
Differenze di genere tra uomini e donne nell’occupazione. Dati OCSE (aggiornati al 4 ottobre 2017)
Il gender pay gap orario grezzo (misura la paga oraria delle donne, confrontata con quella degli uomini). Indice Eurostat (2015). Il divario in Italia è a 3,7 nel pubblico e a 19,6 nel privato.
Voi unimamme cosa ne pensate? Ritenete utile la proposta dell’Economist?
Vi ricordiamo il rapporto di Save the Children “Mamme italiane equilibriste tra famiglia e lavoro”.
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