Una donna incinta umiliata in ospedale è la terribile storia denunciata da una giornalista. La donna ha perso il bambino alla decima settimana di gravidanza e a questa tragedia si è aggiunta il trattamento irrispettoso ricevuto in ospedale. Come ha denunciato lei stessa.
Dopo la perdita del bambino, la donna si è dovuta sottoporre ad un intervento di raschiamento per rimuovere il feto morto. Il giorno in cui è entrata in ospedale per sottoporsi all’intervento è iniziato il suo incubo.
Umiliata in ospedale per l’intervento di raschiamento dopo la perdita del bambino
La donna già provata dalla perdita del bambino avvenuta il 9 ottobre ha dovuto trascorrere molte ore in attesa in ospedale, purtroppo in una situazione di grave disagio e con pochissima considerazione per le sue condizioni.
“‘Il raschiamento è inevitabile’ – le avevano detto in ospedale. Tornata al pronto soccorso dopo 2 giorni dall’aborto, i sanitari le dicono che l’avrebbero portata nel reparto di ostetricia.
Non c’erano letti disponibili, quindi le hanno dato una barella e l’hanno messa in una una stanza con tre donne alle fasi finali della loro gravidanza. “Io che un figlio l’ho perso, sono a disagio” racconta.
Di questi tempi possono essere comprensibili le carenze nelle strutture sanitarie dovute ai tagli e ai tanti problemi. Ma no, la crudeltà di mettere una donna che ha appena perso un bambino con altre donne che stanno per partorire è semplicemente inaccettabile. Non è segno solo di grave trascuratezza, ma di vera e propria disumanità.
L’assenza di una cultura del rispetto del dolore. Nessun taglio alla sanità, turno straordinario di lavoro o problemi per quanto seri che possano verificarsi in un ospedale, indipendentemente dal personale, può giustificare questa assoluta mancanza di dignità e rispetto nei confronti di una donna che sta vivendo un momento così drammatico.
Purtroppo non finisce qui, la donna, ottenuto il letto, si è anche sentita apostrofare in dialetto, sentirsi chiamare “questa” in sua presenza, come se lei e il suo dolore in quel momento non esistessero:
“Lascio la barella per un letto vero. Mi cambio e attendo l’arrivo delle infermiere per le analisi preliminari. ‘Aho, questa nun c’ha le vene’. ‘Guarda qua, me rigetta l’ago. Mai vista ‘na cosa der genere‘. Il colloquio rigorosamente in vernacolo tra le due, ‘colorato’ come il livido che ora ho sulle braccia“.
Ancora un gesto irrispettoso, come se la donna che ha perso pochi giorni prima il suo bambino fosse un animale in una stalla. Nemmeno gli animali si trattano così.
Considerazione zero, rispetto zero, dignità zero e professionalità zero.
La donna che ha raccontato il suo incubo ha dovuto aspettare 16 ore l’intervento di raschiamento, rimanere a digiuno 20 ore e incontrare solo indifferenza da parte del personale sanitario. E siamo in Italia, a Roma, nel 2017. Non siamo nel Medioevo.
La storia è ovviamente il racconto di una parte sola, della donna che ha subito tutto questo, ma è un racconto assolutamente verosimile e agghiacciante nella precisione dei dettagli.
Questa testimonianza sconvolgente è stata raccontata su Repubblica, con una scansione temporale ora per ora: “In ospedale non ho perso solo mio figlio ma anche la dignità“.
Voi unimammme che ne pensate? Dove è finita l’umanità ci domandiamo?
Vi ricordiamo in merito il nostro articolo: Mamme “violentate” in sala parto: capita a 1 mamma su 5.