A marzo ho avuto una gravidanza extrauterina: ero solo di 6 settimane e se tutto fosse andato bene tra poco avrei partorito il mio terzo figlio o figlia (il termine era il 5 novembre). Ci ho messo tantissimo tempo ad elaborare il lutto, quasi 6 mesi, perché non riuscivo a farmene una ragione: avevo già sofferto di depressione post partum, perché avrei dovuto avere anche un aborto? Insomma, non avevo già dato abbastanza?
Ogni cosa accade per un motivo, ora più che mai ne sono convinta. Per esempio anche nel dolore ho conosciuto persone straordinarie che hanno vissuto lo stesso dramma e che mi sono state di conforto.
Non sono stata mai sola: lo sapete che secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una gravidanza su quattro non va a buon fine? Eppure non se ne parla quasi mai. Si dà sempre per scontato che l’attesa sia perfetta, senza complicazioni, che il parto sia veloce e naturale.
Il lutto perinatale fa paura.
E oltre a questo ci sono le persone attorno che dicono delle cose sbagliate, perché la perdita di un bambino che non è ancora formato (figuriamoci quando la gravidanza è avanzata) pare che non abbia dignità: “eri solo di 6 settimane, in fondo è come se fosse un ritardo mestruale” mi sono sentita dire.
Anche Dianna Taylor, mamma e insegnante americana, ha raccontato su Scarymommy la sua esperienza di mamma che ha perso un figlio.
“Cosa possiamo fare in un momento come questo? Ho provato a buttare giù le mie sensazioni, ma mi sono seduta in silenzio, battendo sui tasti, cancellando, battendo sui tasti. Come si può esprimere il dolore? E’ qualcosa di non conosciuto o visto e qualcosa di cui non abbiamo esperienza.
Quando sentivo che qualcuno aveva avuto un aborto, mi sentivo molto triste per loro, ma non sapevo niente. Forse si sono sfogati. Forse hanno bevuto un drink quando hanno capito e non avevano realizzato.
(…) Ho il cuore a pezzi e sto bene, allo stesso tempo. Ho sintomi fisici, ma mi sento meglio. E’ come se facessi intristire le persone quando provo a parlarne. Quando mi sento dire “Abbiamo perso il bambino” ho reazioni diverse. A volte piango. A volte dico velocemente “si, ma va bene”, per portare l’attenzione lontano. Sto bene, ma non sto bene.
(…) So che ogni giorno mi sentirò meglio. Forse ne posso parlare con altre donne. Perché non ne parliamo? So che molte persone hanno affrontato un aborto, è così comune e non lo si dice. Perché fa male.
So che le persone non sanno cosa dire e non so cosa dire a me stessa.
(..) Accade a molte donne. Alcune affrontano l’infertilità. Alcune degli aborti multipli. Alcune gravidanze ectopiche. Alcune la morte perinatale. Sono tutte perdite. Sono donne forti, forti per tornare al lavoro, agli amici e alla famiglia.
Forse scrivere le aiuterà a guarire, come guarisce me, quando stanno attraversando un momento difficile. E forse saranno capaci di parlarne e se non possono stare a sentire forte la parola aborto, allora potranno scriverne.“.
E voi unimamme cosa ne pensate? A voi è capitato? Ne avete parlato? Avete provato a scrivere?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di come vivere un aborto spontaneo: 7 illustrazioni per capire cosa si prova.
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