Sono note a tutti le storie di donne ai colloqui di lavoro, spesso oggetto di odiose umiliazioni, in particolare quando si tratta di domande sulla propria famiglia, l’esistenza di una relazione e il desiderio di fare dei figli. Sono storie vecchie, ma sempre attuali purtroppo.
Quando si tratta di colloqui di lavoro il momento più imbarazzante arriva quando l’addetto alle risorse umane, titolare d’azienda o recruiter invade la sfera privata del candidato, con domande sulla sua vita personale che nulla hanno a che vedere con il lavoro per il quale si sta facendo il colloquio né con le competenze del candidato.
Si tratta di un comportamento scorretto, assolutamente non professionale e in alcuni casi perfino illegale. Alcune domande ai colloqui, infatti, non solo sono inopportune ma violano norme di legge come quelle del Codice delle pari opportunità o dello Statuto dei lavoratori.
Le donne ai colloqui di lavoro sono purtroppo le vittime designate di queste invadenze scorrette e illegali nella loro vita personale.
L’argomento scottante per le donne ai colloqui di lavoro è soprattutto la maternità. E’ sul desiderio o il progetto di una donna di mettere su famiglia e fare figli che spesso gli intervistatori intervengono con domande che non sono solo inappropriate, ma proprio illegali.
Si tratta purtroppo di una pratica molto comune di fronte alla quale le donne, che sono la parte debole e bisognosa di lavoro, possono fare poco o nulla. Spesso si subiscono questi veri e propri soprusi, che oltre ad un abuso rivelano l’assoluta incapacità di datori di lavoro o selezionatori nel gestire i rapporti con i lavoratori.
Ma oltre ad interferire sul progetto di fare figli di una donna in cerca di lavoro, capita anche che i selezionatori si spingano oltre, per avere più informazioni e chiedano ad esempio
Situazioni umilianti che sono veri e propri soprusi.
Abusi e invadenze nella vita privata che sono state anche denunciate in un post sulla pagina Facebook della Repubblica degli Stagisti qualche mese fa.
Una lettrice della Repubblica degli Stagisti, a commento del post, ha fatto une elenco di domande illegittime rivolte alle donne ai colloqui di lavoro:
“Fidanzata, che lavoro fa il mio fidanzato, se vivo insieme a lui, se ho intenzione di sposarmi o avere dei figli entro 5 anni, domande fatte nel 90% dei colloqui. Alcune volte mi è capitato pure che chiedessero il lavoro dei miei ed eventuali fratelli. E quasi sempre domande fatte da selezionatrici donne”
Alcune esperte di selezione del personale hanno elencato le domande illegali ai colloqui di lavoro e le leggi che violano.
1- È sposato/a? Fidanzato/a?
Questa domanda viene rivolta soprattutto alle donne. Oltre ad essere indiscreta, lo stato sentimentale di un candidato ad una posizione di lavoro non deve interessare il selezionatore, è anche illegale e discriminatoria, perché viola l’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006, il Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, in base al quale:
“È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.
Una discriminazione vietata anche in riferimento allo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza.
2- Ha figli? Vuole avere figli?
Anche questa domanda è una violazione dell’art. 27 del Codice delle pari opportunità. Infatti non si possono fare domande sullo stato di maternità o paternità, nemmeno su quella adottiva.
3- Ha qualcuno che la aiuta con i bambini?
Altra domanda illegittima, sempre ai sensi dell’art. 27 del Codice delle pari opportunità. Tuttavia, è molto più comune di quanto si pensi. Se il selezionatore viene a sapere che il candidato ha una famiglia può sembrare quasi naturale farla, ma è comunque una invasione nella sfera personale.
4- Che lavoro fanno i suoi genitori?
Anche questa è una domanda non solo inopportuna, ma illegale. Le norme del Codice sulle pari opportunità si applicano infatti anche alle domande sulla famiglia d’origine. In questo caso può essere rivolta per discriminare sullo stato di famiglia e sulle condizioni sociali, così come può essere una domanda a trabocchetto per scoprire se una giovane donna ha genitori che possano aiutarla con i figli.
Le discriminazioni, tuttavia, non riguardano solo le donne e il loro eventuale progetto di mettere su famiglia. Altre domande, assolutamente illegittime, possono riguardare la sfera intima della persona, come la sua religione, se crede ed è osservante, o le sue convinzioni politiche. Queste domande violano l’articolo 8 dello Statuto lavoratori, secondo cui:
“È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”.
Il datore di lavoro o selezionatore non è nemmeno autorizzato a chiedere al candidato se è iscritto ad un sindacato.
Inoltre le domande sullo stato di salute (come ad es. “soffre di depressione“? “ha mai avuto attacchi di panico?”, “prende medicinali?”) sono vietate dal decreto legislativo 276 del 2003 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”.
Di fronte a queste domande illegittime è importante mantenere un atteggiamento calmo e non aggressivo, rifiutandosi cortesemente di rispondere. Si è anche autorizzati a mentire di fronte a domande illegali.
Questi i consigli delle esperte Ilaria Rossi, dell’agenzia di recruiting internazionale In Job, e Libera Arienti, dell’agenzia per il lavoro OpenJobMetis, interpellate in materia dal Business Insider.
Voi unimamme che ne pensate? Vi hanno mai rivolto domande simili ai colloqui di lavoro?
Vi ricordiamo il nostro articolo: Mamme lavoratrici: i fattori per cui è impossibile conciliare famiglia e lavoro.
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