Quando i bambini cominciano a diventare più grandi, si può pensare di incominciare a praticare sport. Sicuramente fare attività fa bene sia alla salute sia dal punto di vista della socialità: si incontrano tanti amici con cui si potranno condividere dei bei momenti.
Come scegliere però lo sport giusto? A dirlo sono gli esperti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che cercano di tracciare un po’ di chiarezza.
Fondamentale comunque è il certificato medico per attestare la sana e robusta costituzione: per l’attività non agonistica è il medico di base che lo rilascia, mentre per lo sport ad alto livello è il medico dello sport. Tutti gli esami per verificare l’idoneità sportiva sono esenti dal ticket fino ai 18 anni, secondo i nuovi Lea, e il certificato ha la validità di un anno.
Anche bambini che presentano una malattia cronica come cardiopatie congenite operate e non operate, malattie oncologiche, renali, polmonari o neuromuscolari possono praticare sport.
“Non c’è uno sport specifico da consigliare ad un bambino affetto da malattia cronica – dice Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport al Bambino Gesù –. E’ opportuno seguire le inclinazioni e le aspirazioni del bambino ed evitare quelle che possono essere le attività pericolose in rapporto alla malattia. Per esempio: un bambino portatore di pace-maker dovrà evitare gli sport di contatto come tuffi, arti marziali, rugby, così da non rischiare eventuali traumi sul dispositivo. Potrà invece praticare in sicurezza il tennis, sport nel quale gli atleti sono separati da una rete e non si prevedono contatti fisici”.
Parlando di sport e disabilità, moltissime sono le attività per coloro che sono portati di un handicap: dal basket al sitting volley, dal curling, alla vela, al calcio per i ciechi. Lo sport serve infatti per aumentare l’autostima e far uscire i ragazzi dall’isolamento.
Lo sport è poi fondamentale anche per l’organizzazione scolastica, uno dei crucci dei genitori: in molti hanno paura che dedicando molto tempo allo sport si finisca per tralasciare lo studio. E’ vero che una pratica sportiva costante ha bisogno di ore di allenamento, ma è anche vero che i ragazzi imparano a coordinare studio ed attività extrascolastiche grazie alle regole apprese nello sport, come i rispetto per gli avversari o la frustrazione per le sconfitte o mancate convocazioni.
E voi unimamme cosa ne pensate?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di un ragazzino affetto da leucemia che poi trionfa nello sport.
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