Unimamme oggi vi parliamo di un progetto molto ambizioso, lo studio più grande sullo sviluppo umano.
Nel 1946, alla fine della II guerra mondiale, gli scienziati inglesi hanno iniziato questo mastodontico studio indagando cosa significasse per una donna avere un bambino in quel periodo.
Hanno quindi condotto un grande questionario registrando la nascita di ogni bambino nato in:
in una settimana.
Si trattava di 14 mila bambini . Alle mamme i ricercatori hanno chiesto: “durante la gravidanza avete ricevuto la razione di una pinta di latte extra al giorno?”, “quanto avete speso in grambiuli e corsetti, camicie da notte, mutandine, reggiseni” “Chi si è occupato di vostro marito mentre eravate a letto con il bambino?”.
L’indagine ha avuto così tanto successo da essere ripetuta nel 1958, intervistando centinaia di mamme e ancora nel 1970, l’hanno ripresa poi nel 1990 e all’inizio del millennio.
Nello studio sono stati coinvolti più di 70 mila bambini in 5 generazioni.
Gli scienziati hanno continuato a raccogliere informazioni sui bambini coinvolti ogni tot anni.
Nel frattempo i ricercatori oltre ai dati hanno collezionato:
Si tratta forse del più grande e miglior studio sulle persone di tutto il mondo.
Da questo gigantesco studio è emerso che chi nasce in povertà e in una situazione svantaggiata affronterà un percorso nettamente più difficile durante la vita, ma non è tutto.
Molti bambini dello studio sono nati in famiglie povere o della classe operaia che avevano case piccole e affollate. Era chiaro che questi piccoli dovevano lottare per ogni minimo traguardo.
Questi piccoli rano più inclini:
I bambini che avevano avuto un inizio di vita duro erano più inclini a diventare adulti:
Queste differenze compaiono molto presto. I bimbi che crescono in povertà sono indietro di un anno nei test educativi e questo a solo 3 anni di età.
Le differenze si ripetono di generazione in generazione segnalando che le circostanze di nascita e i primi anni influenzano fortemente la vita di questi bimbi.
Non tutti i bimbi con un inizio difficile però hanno avuto problemi nel corso della vita e questo è dovuto ai genitori.
I bambini che avevano genitori coinvolti e interessati e che avevano ambizioni per il loro futuro erano più inclini a sfuggire ai loro inizi difficili.
Nei primi anni di vita i genitori sono molto importanti. In uno degli studi sono stati considerati 17 mila bambini nati negli anni 70′.
Si è cercato di capire come avessero fatto i bimbi nati in povertà a raggiungere obiettivi scolastici e a contrastare i pronostici.
Ne è emerso che a contare erano i genitori. I genitori interessati, con un forte legame coi figli, avevano bambini che andavano bene a scuola negli anni successivi.
Ecco cosa dovevano fare questi genitori:
In uno studio i bambini di 5 anni a cui i genitori leggevano loro quotidianamente e che poi mostravano interesse nella loro istruzione a 10 anni erano meno inclini a trovarsi in una situazione di povertà a 30 anni rispetto ai bambini i cui genitori avevano trascurato tutto questo.
Gli studi quindi dimostrano che alcune cose compiute dai genitori influenzano i risultati dei figli.
In un’altra ricerca è stata analizzatta la routine della messa a letto di 10 mila bambini nati nel 2000.
Quindi è stato chiesto se i bimbi andassero a dormire a una determinata ora o a un orario variabile.
Si è scoperto che i bimbi il cui orario variava erano più inclini ad avere problemi di comportamento. Chi aveva un orario regolare aveva miglioramenti.
Sono stati poi presi in considerazione anche i bambini che leggevano per passione:
I bambini che leggevano per passione a 5 e 10 anni erano più propensi ad andare meglio a scuola in media, stando ai test.
Non solo nella lettura ma anche in:
I bambini considerati avevano un Q.I. simile e la stessa estrazione sociale.
Questo grande studio sottolinea che:
incidono sui risultati dei figli.
Infine bisogna sottolineare che anche se i genitori di bambini cresciuti in povertà fanno tutto per bene possono ridurre il divario generazionale tra ricchi e poveri solo del 50%.
Ciò vuol dire che la povertà lascia una cicatrice difficile da cancellare.
Infine, la relatrice conclude che se vogliamo dei bambini felici dobbiamo ascoltare la scienza, ma anche i bambini. E che lei stessa, dopo aver appreso tutte questi dati, ha deciso di essere più presente per i suoi figli.
Helen Pearson, la donna che ha tenuto la conferenza di TED, è l’autrice di un libro pluripremiato, The Life Project: the extraordinary story of 70000 ordinary life, ed è capoeditore della rivista scientifica Nature.
Unimamme, voi cosa ne pensate di queste considerazioni?
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