Quando ci si ammala di una malattia potenzialmente mortale come un tumore c’è tanta disperazione e paura, ma quando ad ammalarsi sono i bambini la preoccupazione è ancora maggiore. La ricerca però è in continua evoluzione e all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma si sta mettendo a punto una nuova tecnica per cercare di guarire le cellule malate: si tratta dell’immunoterapia, ovvero la possibilità di combattere il cancro come se fosse un’infezione.
L’immunoterapia serve per riconoscere ed eliminare le cellule neoplastiche, cioè malate, dal paziente, visto che spesso si celano al sistema immunitario. Per questo è nato un gruppo di lavoro che comprende l’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Alleanza Contro il Cancro (ACC), la più grande rete di ricerca oncologica italiana, che mette insieme 20 Istituti di Cura e Ricerca a carattere scientifico.
A coordinare il gruppo è la Professoressa Concetta Quintarelli, responsabile del Laboratorio di Terapia Genica dei tumori del Bambino Gesù. Come funziona concretamente però questa terapia? Si infonde nel paziente un reagente per attivare il sistema immunitario: in questo modo gli anticorpi e le immunoglobuline riconoscono selettivamente la cellula malata e “avvisano” il sistema immunitario della sua presenza in modo che quest’ultimo possa riconoscerla ed eliminarla.
Si tratta di una strategia davvero innovativa ed è disponibile in Italia solo all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per bambini affetti da neuroblastoma. Ci si augura per il futuro che questa procedura possa essere estesa per gli adulti anche per altre manifestazioni neoplastiche come melanoma, sarcomi, glioblastomi, gastrointestinale, ma che soprattutto ci sia una ricerca a favore di interventi pediatrici, spesso troppo poco considerati dalle case farmaceutiche.
“Il futuro – dice Quintarelli – si concentrerà sulla creazione di terapie mirate e specifiche per ogni singolo paziente ottenibili solo tramite un lavoro di rete come in ACC, che coagula specialità e ricercatori di ambiti differenti. La caratterizzazione approfondita di ogni singolo paziente ci permetterà di impostare correttamente la terapia aumentandone il beneficio e riducendone al contempo la tossicità”.
E voi unimamme cosa ne pensate? Intanto vi lasciamo con il post che parla di una bambina sopravvissuta al cancro che da adulta lavora nell’ospedale dove l’hanno curata.
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