Dopo la pubblicità del Buondì Motta in cui mamma e papà venivano colpiti da un’asteroide, ad essere finita nell’occhio del ciclone è il nuovo spot natalizio della Conad, che già da tempo ha incentrato la sua comunicazione sull'”essere persone, oltre le cose”.
L’idea dovrebbe essere quella di non pensare solo al fatturato, ma anche e soprattutto ai clienti ponendo loro sempre al centro di ogni azione: non a caso il direttore di negozio esce di casa in piena notte – abbandonando la moglie, santa pazienza – per andare a portare un pupazzo dimenticato da una piccola cliente. Insomma, un’attenzione che le grandi catene sembrano non avere e che invece chiunque frequenti un supermercato vorrebbe ricevere.
La pubblicità che è in onda in questi giorni – firmata tra l’altro da Pupi Avati, non da un regista qualsiasi e con le musiche di Giovanni Allevi – sta facendo parecchio discutere non solo perché si è voluta mettere in fiction la nascita, ma anche per i modi in cui questa è stata sceneggiata. “Nessun uomo è un’isola e neanche un supermercato lo è” si sente alla fine dello spot ideato da Aldo Biasi Comunicazione, peccato forse che questa volta si sia un po’ esagerato.
La pubblicità intende celebrare il Natale e cosa c’è di meglio che non una bella nascita proprio tra gli scaffali del supermercato, tra una scatoletta di tonno e il capitone? Ovviamente per motivi di tempo non si può riprendere un travaglio di ore, ma il tutto si concentra in pochi secondi: la mamma ha le doglie, casualmente in cassa c’è un dottore o meglio ginecologo che la fa sdraiare e in un nanosecondo ecco che partorisce.
Il tema della nascita in luoghi inaspettati, quando ti si rompono le acque in posti impensabili non è nuovo: molti film ne contengono (se poi guardate Grey’s Anatomy sapete che partoriscono anche di notte in mezzo al black out). Il problema secondo molti consumatori è non solo la bruttezza dello spot (“Tra pochi giorni compirò 53 anni e questa è la peggiore pubblicità che io abbia mai visto da quando sono nato” scrive un signore), ma la normalizzazione della violenza ostetrica, come si legge sulla pagina facebook dell’organizzazione “Basta Tacere“: “Non solo negli ospedali, ora anche nei supermercati!”.
Secondo Basta Tacere infatti “hanno fatto sdraiare la donna partoriente sul lettino e le hanno praticato la manovra di Kristeller“ (sarebbe esercitare una forte pressione sulla pancia affinché il bimbo possa uscire, manovra ormai vietata).
“Si perché chi ha partorito sa bene che da quando inizia il travaglio … 5 minuti ed è fatta! Mica fai in tempo a uscire dal supermercato” scrive qualcun altro.
“Proprio perché insistono in queste procedure non conformi che noi mamme facciamo campagna di sensibilizzazione. Anche io ho subito la manovra 8 anni fa e ricordo come ieri il dolore e la paura di morire in quel momento. Ecco perché questa pubblicità non è affatto educativa e francamente nemmeno incanta”.
Qualcun altro sostiene che “La violenza ostetrica esiste e non è sicuramente quella di questa pubblicità che ha l’unico difetto di essere un po’ squallida”.
Insomma pareri controversi: vi dico la mia? Io sostengo che Basta Tacere faccia bene a fare informazione. Però a volte si rischia di eccedere, perché forse lo spot non sarà da premio Oscar, ma non pretende di essere una pubblicità progresso. E’ una fiction e come tale, esistendo il patto tra spettatore e produttore, va accettata: quante cose non veritiere cogliamo per possibili quando guardiamo un film o una serie?
Aristotele nella Poetica diceva: “L’impossibile verosimile, ma credibile, è da preferire al possibile non credibile”; in altre parole è meglio qualcosa che in realtà potrebbe non verificarsi ma che narrativamente funziona, piuttosto che la realtà troppo noiosa.
E voi unimamme cosa ne pensate?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di un’altra pubblicità che ha fatto discutere, quella del Buondì Motta: lo spot delle polemiche.
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