A volte ci sono delle esperienze che non si vorrebbero mai vivere: la morte di un figlio e sopravvivergli è una di queste. Soprattutto se questo figlio decide di togliersi la vita a causa dei bulli, come è successo da noi a Carolina Picchio, che si è suicidata buttandosi dal balcone di casa nel 2013. Proprio grazie a suo padre è nata in Italia la prima legge contro i cyberbulli. In Australia è successa una cosa simile: stessa età, stesse fragilità, probabilmente. Ammy “Dolly” Everett, 14 anni, che era diventata famosa a 8 per essere la testimonial di una casa produttrice di cappelli molto conosciuta, si è uccisa il 3 gennaio per colpa dei bulli.
Il padre, Tick Everett, ha scritto un post su Facebook in cui parla anche a coloro che hanno costretto sua figlia al gesto estremo:
Bene, da dove cominciare?,
“Vorrei ringraziare tutti per le loro parole di supporto degli ultimi giorni, è veramente straordinario. Mi scuso per non aver risposto a molte parole meravigliose, così adesso vorrei offrire i miei ringraziamenti in un unico grande messaggio.
Questa settimana è stata l’esempio di come i social media dovrebbero essere usati e un esempio di come non dovrebbero esserlo.
Aiutiamo delle altre vite preziose dal non perdersi e non soffrire così tanto, così la via di Dolly non sarà persa invano. So che molti considerano il suicidio come una scelta codarda, ma posso garantire che quelle persone non avrebbero metà della forza che ha avuto il mio piccolo angelo. Dolly ha avuto la forza di fare quello che pensava l’avrebbe aiutata a scappare dall’inferno di questo mondo. Sfortunatamente non saprà mai il grande dolore e il vuoto che si è lasciata dietro.
Dicendo questo ho un paio di sfide: la prima è quella di dare un’opportunità alle persone che pensavano che questo fosse un gioco e che si credevano superiori bullizzando e molestando. Se vedete questo post, per favore venite al funerale per vedere con i vostri occhi la devastazione che avete creato.
La seconda è per i più forti: fate smettere i bulli, non importa dove, ma specialmente nei nostri ragazzi, come dicono i più vecchi. Non saprete mai cosa significa finché non ci passate”.
Il post, che è diventato virale, con 13 mila “mi piace” e quasi 2800 condivisioni. Anche Akubra, la marca di cappelli di cui era testimonial Dolly ha scritto sui suoi profili social: “Dolly sarebbe potuta essere nostra sorella, amica, figlia. Dobbiamo essere sicuri che qualsiasi persona in difficoltà sappia che c’è qualcuno con cui possa parlare”.
E voi unimamme cosa ne pensate? Intanto vi lasciamo con il post che parla del messaggio delle vittime di cyberbullismo che lascia senza parole.
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