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“Ragazzi difficili ma straordinari”: il lavoro in “trincea” degli insegnanti

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Valentina Colmi

E le mie idee continueranno a volare!” diceva Lou Anne Johnson, il personaggio interpretato da Michelle Pfeiffer nel film “Pensieri Pericolosi”, conosciuto soprattutto per la canzone di Coolio “Gansta’s Paradise”.  L’attrice interpretava l’insegnante di una classe difficile, cercando ogni giorno di salvare i suoi studenti non soltanto dall’ambiente esterno, ma anche e forse soprattutto da sé stessi.

Certo, negli Stati Uniti le cose sono diverse da noi, ma questo non significa che non esistano delle realtà particolarmente dure, in cui insegnanti sorretti a volte soltanto dalla propria passione e dal “credo” che hanno imbracciato quando hanno scelto un mestiere impegnativo, si scontrano con storie davvero drammatiche.

Le storie difficili delle scuola

Quando si è piccoli si pensa che la scuola sia un fastidio, un posto in cui andare soltanto perché ti obbligano. E a volte questo può essere anche vero, ma altre volte la scuola è un posto salvifico, perché ti permette attraverso l’istruzione e l’uscita da situazioni famigliari tremende, di cambiare letteralmente vita.

Abbiamo degli studenti che sono riusciti ad andare alle scuole superiori, alcuni che hanno trovato lavoro, altri che sono riusciti ad uscire da un ambiente famigliare semi-malavitoso. Questi sono i risultati” dice Malvina Fiorani, preside della scuola media Federico Fellini, San Basilio, periferia ad alto tasso di criminalità, zona nord-est di Roma.

Repubblica.it ha dato vita ad un progetto molto interessante – intitolato “Prof in trincea” – dedicato a storie complicate : il primo appuntamento è con appunto la scuola Fellini di Roma, in cui ci sono alunni con situazioni tragiche, a volte orfani di entrambi i genitori, con difficoltà comportamentali. 

Queste sono zone in cui c’è uso di droga e purtroppo noi abbiamo anche avuto casi di genitori con problemi con la giustizia” dice Francesca Pellizzaro, la vicepreside   “I genitori sono anche poco presenti nella scuola, dobbiamo un po’ far forza sulle nostre capacità di insegnanti” dice la professoressa di lettere.

Quelli che probabilmente in altri contesti potrebbero venire considerati dei casi disperati, da lasciare indietro, qui vengono seguiti sperando in qualche progresso: “I ragazzini non nascono cattivi. Quando uno ha difficoltà a farti fare lezione, si alza, sbatte, va fuori, dice vaffa qua e vaffa là, porco su e porco giù e prende magari anche a male parole la Preside, lì c’è qualcosa che non va”. Si tratta di un segnale d’attenzione, un disagio, che però bisogna essere bravi a cogliere: “Le strade sono due: o fai l’insegnante integerrimo oppure ti domandi che cosa c’è dietro” prosegue la docente

Un lavoro certamente importante che non può non scontrarsi con le realtà dure da cui provengono i ragazzi: Luana Romano, docente di educazione artistica diceTendono a far vedere agli altri che se vogliono non fanno nulla, per ricordare agli altri che loro sono i capi”. A volte ci sente forse scoraggiati, a volte sopraffatti da qualcosa che forse a volte si ha l’impressione di non riuscire a cambiare: “All’inizio è stata molto dura, ma adesso non mi ci sento più perché poi scattano altri meccanismi: ti affezioni, gli vuoi bene, hai paura di lasciarli, di abbandonarli, visto che hanno subito già tanti abbandoni” dice Simona Anardini, che insegna letteratura.

Gli insegnanti, quelli che lo fanno proprio perché credono che lo studio possa aprire tutte le porte per un’esistenza migliore, dovrebbero essere delle figure molto più considerate dalla società, perché contribuiscono a degli anni preziosi di formazione e magari quando a casa ti dicono che non vali niente, puoi trovare un altro posto in cui degli adulti credono in te e ti danno la fiducia necessaria per permettere di credere in te stesso.

Sapere che questi ragazzi possono finire in percorsi malavitosi, è una cosa che mi fa stare male” – dice la Preside Fiorani – “ci deve essere la possibilità di un’altra risposta”.  “Sono ragazzi che ti danno tanto, che ti vengono intorno, che la mattina ti vedono in corridoio e di corsa ti urlano ‘Professore’ mi porti con te, mi porti in giro?'” dice Romana.

Nel momento in cui ti dicono ‘ti voglio bene’ è vero. E’ proprio vero e anche loro lo sanno che anche noi gli vogliamo bene” afferma la vicepreside. Forse a casa non possono affermare la stessa cosa.

La serie “Prof in trincea” oltre a Roma parlerà di altre realtà italiane come Scampia, Milano con il 70% degli alunni stranieri e la scuola dello Zen di Palermo.

E voi unimamme cosa ne pensate? Si tratta di un’ iniziativa davvero interessante che meriterebbe di essere seguita, anche per comprendere quanto sia importante il lavoro educativo dell’insegnante. Intanto vi lasciamo con il post che parla di meno aggressività a scuola a 2 metodi. 

Valentina Colmi

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