Unimamme, in quest’ultimo periodo si sta parlando molto di baby gang e dei pericoli che queste comportano per chiunque.
Di recente le cronache hanno parlato di Baby gang e di minori denunciati, segnalando quello che è un problema troppo spesso trascurato.
Spesso, dietro gli esponenti più autorevoli di queste baby gang si nascondono dei ragazzini coi baffi appena accennati.
Sono ragazzi di buona famiglia o magari ragazzi cresciuti in strada. “Se la prendono con i più deboli, con quelli che con il loro statuto da ragazzi alternativi non hanno nulla a che vedere. E sono ovunque. Nei corridoi di una scuola, sui sedili dell’autobus, al parco giochi. Sullo schermo di un cellulare” riflette Enrico Galletti, un ragazzo appena diciottenne sul Corriere.
Le baby gang ci pongono davanti a una domanda che colpisce tutti i genitori: “cosa sta accadendo ai nostri ragazzi”?
Questi fenomeni infatti non erano così diffusi in passato. Forse perché una volta la famiglia era più presente e così pure la scuola, luogo dove oggi molti ragazzi hanno timore di andare per la presenza di bulli.
I giovani inoltre non frequentano più gli oratori delle parrocchie e anche i momenti sportivi spesso sono adombrati da eccessiva competitività, a volte spinta proprio dai genitori stessi.
Infine ci sono anche i social network e gli altri media che influenzano la personalità dei ragazzi con modelli negativi.
Quando si somma una situazione famigliare difficile, quartieri degradati, contiguità con ambienti criminali, i ragazzi più fragili possono essere influenzati dai modelli negativi delle fiction della tv.
“Io penso che il luogo dove nasciamo e cresciamo ci influenza e indubbiamente ci porta a scegliere di fare o non fare certe cose” aggiunge l’esperto Roberto Pellai su Famiglia Cristiana riflettendo sul fatto che tanti ragazzi si comportano in modo brutale e violento là dove percepiscono che le regole del vivere civile sono relative.
Pellai suggerisce che nelle città come Napoli intervengano degli educatori di strada, figure capaci di cogliere la devianza quando è ancora al primo stadio.
“Io penso che i nostri ragazzi stanno crescendo in contesti urbani e sociali dove non c’è più posto per loro” aggiunge ancora Pellai.
Infatti proliferano centri commerciali o locali dove la consumazione è obbligatoria e quasi sempre alcolica.
Insomma mancano centri di aggregazione sani.
Spesso inoltre questi ragazzi devono affrontare un grande vuoto, quello degli adulti che non sono interessati a loro. In questo vuoto morale, sociale ed educativo hanno terreno fertile le baby gang.
“Le baby gang puntano alle brave persone, alla brava gente. Le aspettano al varco. Agiscono in nome della loro noia, di quella maleducazione che li ha iscritti di diritto al circolo dei forti. Un posto sul pullman diventa l’occasione perfetta per dare prova della loro forza” aggiunge ancora il Enrico Galletti.
Pellai sostiene che ci sia bisogno di genitori che svolgano il loro ruolo, ma anche di educatori a scuola e nella comunità che si mettano a disposizione di chi ha bisogno ed è più vulnerabile.
Infine, da ogni parte, bisognerebbe rendersi conto che l’episodio di un ragazzo che ne accoltella un altro è qualcosa di più di un problema semplicemente di polizia, ma il segnale di una disgregazione della società e di profonda solitudine di questi ragazzi che crescono senza una guida, come si legge sulla Gazzetta del Mezzogiorno.
Il ragazzo di 18 anni che ha scritto sul Corriere è fiducioso che le baby gang possano essere sconfitte dal momento che sono composte da persone “fatte di carne e ossa”.
Unimamme, voi cosa ne pensate di queste diverse riflessioni sul problema delle baby gang?
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