Io ho sofferto di depressione post partum e so bene quanto ci si possa fragili e non capite. Si pensa di essere delle pessime madri, che tutte siano migliori di te, che il solo fatto che chiedere aiuto significhi che non si è adatte a questo ruolo. So bene le difficoltà del rivolgersi a qualcuno di competente e quando lo si fa ci si aspetta ascolto e supporto.
E’ quello che invece non è successo a una mamma, Jessica Porten, che ha scelto di condividere su Facebook la sua drammatica esperienza.
“Avevo un appuntamento dal ginecologo ieri, il mio primo dopo che ho partorito 4 mesi fa (perché mi hanno sempre cancellato gli appuntamenti), cosa che secondo me è inumana.
Sono andata all’appuntamento con Kira. Era alle 14.10 e non sono stata chiamata fino alle 3.15. Un’infermiera praticante è entrata (non ne avevo particolarmente bisogno) e le ho detto tutto ciò che mio marito ha detto a loro quando ha prenotato l’appuntamento una settimana fa, ovvero che avevo la depressione post partum che si manifesta in attacchi di rabbia e volevo discutere le opzioni mediche. Ho detto che ho un supporto molto forte a casa, perciò anche se non ho mai pensato di fare del male alla mia bambina, ho avuto dei pensieri violenti e ho bisogno di cure mediche e di una terapia. Lei ha eseguito in fretta il mio esame pelvico, parlava di medicazione e ha detto che aveva bisogno di parlare con il dottore della mia DPP e poi ha lasciato la stanza.
Hanno chiamato la polizia”
Vi rendete conto? Una mamma va in cerca di aiuto e un’infermiera ignorante e insensibile, anziché aiutarla, ha chiamato la polizia.
L’orribile esperienza si è conclusa alle 10.45 della sera quando un’infermiera ha deciso che Jessica — che nel frattempo era stata assegnata ad una guardia di sicurezza e scortata in ospedale — non aveva bisogno di una valutazione psichiatrica.
La storia probabilmente è stata vissuta da molte donne, visto che è stata condivisa 32mila volte:
“Non una volta durante tutto questo uno dottore mi ha guardato in faccia. Non una. Non prima di decidere di chiamare la polizia. L’assistente sociale mi ha consegnato alcuni fogli e mi ha parlato delle informazioni contenute, dicendomi che probabilmente sarebbero state “delle buone risorse”.
“Ho lasciato il pronto soccorso a mezzanotte, il mio spirito più a terra che mai, nessuna cura, nessun appuntamento, nessun colloquio con un medico. Questo è il calvario di 10 ore che ho dovuto attraversare solo perché volevo prendermi cura del mio bambino. E’ tutto. Questo è ciò che ho avuto per aver detto alla mia ginecologa che ho la depressione post partum e che ho bisogno di aiuto. Sono stata trattata come una criminale e poi buttata via senza niente tranne una scatola di xeroxido con un numero telefonico“.
E’ davvero incredibile. E poi continua:
“Potrei essere emarginata come donna, ma sono bianca e eterosessuale e ho avuto molti privilegi in molti posti. Sono spaventata per le altre madri di colori o lesbiche che si sono trovate nella mia situazione.
Perché sono stata lasciata andare, quando molti altri sono stati obbligati a seguire una cura dalla psichiatra per 72 ore e poi gli hanno portato via i figli?
Perché un numero sproporzionato di donne di colore che hanno la depressione post partum non ricevono il trattamento che meritano, anche se hanno iniziato una cura?”.
Questa mamma ha infatti aderito ad una associazione no profit 2020 Mom che lotta per il riconoscimento di pari diritti e pari trattamento a tutte le mamme, senza distinzione.
E voi unimamme cosa ne pensate?
Da noi le donne secondo voi vengono seguite adeguatamente?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di depressione post partum e i 7 segnali per coglierne i sintomi.
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