In un periodo di crisi personale devo dire che ho cercato delle risposte in alcuni libri che ho letto e che cercavano di spiegare come vivere bene. Non sono buddista, ma dei concetti di questa filosofia mi piacciono molto, come per esempio quello che la felicità è una scelta quotidiana, che bisogna gioire quando c’è da gioire e soffrire quando c’è da soffrire, che ognuno di noi può arrivare alla Buddità, cioè la gioia suprema, senza che vi siano particolari rinunce. In particolare mi piace la parte del “trasforma il tuo veleno in medicina”, ovvero essere in grado di cambiare quello che ci addolora in una forza ancora maggiore.
In fondo l’uomo cerca di essere felice da sempre. E che cosa fa la felicità? Qualcuno direbbe forse i soldi, le macchine, uno stile di vita soddisfacente.
Io con il tempo ho capito che la felicità la dà una cosa sola, almeno per me: la pace. Ci saranno sempre piccoli e grandi problemi e lottare contro ciò che non si può cambiare, contro gli avvenimenti nefasti non può che portare ancora più sofferenza e rancore. Certo, è più facile a dirsi che a farsi: a volte le ingiustizie, le persone che ci vengono portate via, le malattie sono così senza senso che non è facile praticare questa strada. Eppure si può cominciare.
Per questo non mi stupisce che a Yale ci sia un corso che insegni a vivere meglio, intitolato “Psicologia e buona vita” ed è quello più seguito di sempre del prestigioso ateneo (che ha più di 300 anni!): ben 1200 studenti per volta.
E’ tenuto dalla psicologa Laurie Santos e si concentra sulla psicologia positiva e sulla ricerca della felicità.
Le lezioni si basano sulla psicologia positiva, ovvero su cui comportamenti che non solo servono a far star meglio l’individuo ma che possono essere applicati anche nella vita reale.
Come prova finale, gli studenti devono presentare un progetto di automiglioramento, a testimonianza che la volontà di cambiare è reale.
Già nel 2013 infatti, metà degli studenti avevano presentato richiesta per un’assistenza psicologica per ansia e stress: “Il corso è frequentato perché molti studenti hanno sacrificato la propria felicità per l’ammissione a questa università” ha detto la Santos.
Effettivamente studiare duramente per ottenere l’ammissione in uno degli atenei più prestigiosi al mondo può comportare un bel po’ di pressione. Questo vale però anche nella vita: quante volte ci siamo sentiti oppressi? Forse avere una guida ci aiuterebbe a vedere le cose da un’altra prospettiva.
E voi unimamme lo frequentereste o lo vorreste per i vostri figli ?
Intanto vi lasciamo con il post che parla di uno studio lungo 75 anni che parla del segreto della felicità.
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