Autismo, possibilità di diagnosi precoce grazie ad una scoperta scientifica.
Nuove possibilità di diagnosi precoce aprono a nuove terapie per l’autismo, grazie ad un test messo a punto da un gruppo di ricercatori di tre diverse università, di cui una italiana. La buona notizia che contribuirà a migliorare il trattamento di questo disturbo del neurosviluppo, aprendo anche a future possibilità di prevenzione.
Vi abbiamo già parlato dei progressi della ricerca scientifica nello studio dei disturbi dello spettro autistico (Asd) o autismo. Nuovi studi hanno permesso di fare scoperte importanti sulle origini di questa malattia, anticipando la diagnosi ad un anno o perfino a sei mesi. La diagnosi precoce è importantissima per agire in tempo con terapie mirate, che aiutino il bambino a superare o gestire le difficoltà che l’autismo provoca.
Ora una nuova scoperta scientifica consente ulteriori possibilità di diagnosi precoce dell’autismo grazie a biomarcatori nel sangue e nelle urine.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze Neurologiche dell’Università di Bologna (Irccs), dell’Università di Warwick e dell’Università di Birmingham ha messo a punto un test che consente di individuare danni specifici alle proteine plasmatiche, attraverso biomarcatori nel sangue e nelle urine. Dall’individuazione di questi danni si ottiene una diagnosi di autismo. I ricercatori, infatti, hanno scoperto un legame tra disturbi dello spettro autistico e un particolare danno alle proteine plasmatiche dovuto a fenomeni di ossidazione e di glicazione. Una scoperta che oltre a consentire la diagnosi precoce, potrebbe aiutare a capire le cause dell’autismo, ancora sconosciute.
La diagnosi precoce, poi, è importante per sviluppare nuove terapie più immediate ed efficaci.
Le ricerche hanno confermato che nelle persone con disturbo dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi, già individuata in una rara mutazione genetica che determina autismo. Nei bambini esaminati nello studio le cause di questa alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico, dunque potenzialmente modificabili.
Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Alma Mater, ha spiegato: “Questa ricerca chiarisce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”.
A dimostrazione di ciò, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (Dt), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).
Lo studio è stato individuato nella rivista Molecular Autism.
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