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Salute e benessere bambini

Latte in polvere per bambini: le accuse alla Nestlé (FOTO)

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valeria bellagamba
Latte in polvere

Latte in polvere presentato con caratteristiche simili al latte materno, scoppia il caso Nestlé. La multinazionale svizzera dell’alimentazione finisce nell’occhio del ciclone per la sua pubblicità al latte in polvere. Un’inchiesta pubblicata dal quotidiano britannico Guardian mette sotto accusa le presunte pratiche commerciali scorrette e antiscientifiche della multinazionale leader nella produzione di latte artificiale.

Latte in polvere come latte materno: critiche a Nestlé

Pubblicizzare il latte in polvere come se avesse le stesse proprietà o simili del latte materno è non solo scorretto ma anche vietato dalla legge e dal Codice internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la pubblicità di alimenti per neonati e prima infanzia. Il Codice, adottato nel 1981, vieta espressamente di paragonare latte artificiale e latte materno.

Nestlé, secondo un’accusa lanciata in questi giorni, si troverebbe dunque in difetto rispetto alla pubblicità riguardante 70 suoi marchi di latte in polvere per bambini fino ad un anno di età, venduti in 40 Paesi nel mondo.

La multinazionale dell’alimentazione avrebbe pubblicizzato il suo latte artificiale per neonati come il più simile…” al latte materno, “ispirato” al latte materno, “seguendo l’esempio del” latte materno. Espressioni scorrette e ingannevoli, secondo gli autori del rapporto, perché il latte in polvere non ha le stesse proprietà del latte materno.

Non solo, la Nestlé è accusata anche di dare informazioni poco chiare e contrastanti sui propri prodotti e sulle loro proprietà tradizionali. È quanto sarebbe accaduto per il latte in polvere venduto in Brasile e ad Hong Kong privo di saccarosio e pubblicizzato “per la buona salute dei neonati”, mentre in Sud Africa la multinazionale continuerebbe a vendere latte in polvere con saccarosio. Sempre ad Hong Kong, poi, la Nestlé avrebbe pubblicizzato un proprio tipo di latte artificiale come “più salutare” per l’assenza di aromi alla vaniglia, nonostante venda altri prodotti a base di vaniglia in altri Paesi, come Cina e Sud Africa, e nella stessa Hong Kong.

Questi elementi di comunicazione scorretta sono stati rilevati da un’inchiesta realizzata dalla Changing Markets Foundation, nel rapporto intitolato “Milking It”, che ne ha messo in rilievo gli aspetti poco etici.

Nusa Urbancic, direttrice della campagna per Changing Markets Foundation, ha detto al Guardian che bisogna ricordarsi che le aziende manipolano le risposte emotive dei consumatori per vendere i loro prodotti. Tuttavia “questo comportamenti è particolarmente immorale quando si tratta della salute di bambini vulnerabili”.

Se la scienza è chiara che un ingrediente sa sicuro e faccia bene ai bambini, allora questo ingrediente dovrebbe essere presente in tutti i prodotti. Se invece un ingrediente non è salutare, come ad esempio il saccarosio, allora non dovrebbe essere presente in nessun prodotto. L’incoerenza di Nestlé su questo punto – ha sottolineato Nusa Urbancic – pone seriamente la questione se l’azienda sia veramente impegnata per la scienza come sostiene di essere”.

La Nestlé è leader mondiale dei prodotti al latte per l’infanzia, controllando circa un quarto del mercato. Eppure non è nuova ad accuse di informazioni scorrette o ingannevoli, rivolte soprattutto ai mercati dei Paesi in via di sviluppo. Vicende che risalgono agli anni ’70 e che suscitarono grande scalpore, con campagne di boicottaggio contro Nestlé.

Quindi per regolamentare il settore, nel 1981 l’OMS ha adottato un severo Codice per la pubblicità dei prodotti alimentari destinati ai bambini, vietando espressamente la promozione di latte per l’infanzia che venga in qualsiasi modo paragonato al latte materno.

Indicazioni che però non sembra siano state rispettate da Nestlé, che, stando a quanto riporta l’inchiesta di Changing Markets Foundation, negli Stati Uniti avrebbe pubblicizzato il latte in polvere Gerber Good Start Gentle come “il nostro più vicino al latte materno”, mentre in Svizzera avrebbe venduto il latte Beba Optipro 1 come “seguendo l’esempio del latte materno”. Altri prodotti simili sarebbero stati venduti a Hong Kong e in Spagna come “ispirati al latte umano” e come aventi “una struttura identica” al latte materno.

In alcuni Paesi americani e asiatici, poi, Nestlé venderebbe sostituti del latte materno con denominazioni che richiamano gli effetti sulla salute dei probiotici, indicazioni che tuttavia sono state bocciate dall’Efsa, (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), per la mancanza di evidenze scientifiche. Mentre nel Regno Unito, il latte in polvere sarebbe pubblicizzato con diciture come “per i bambini più affamati”, slogan vietati sia dall’Efsa che dal servizio sanitario britannico.

L’azienda si è difesa affermando, tramite un proprio portavoce, che Nestlé segue le raccomandazioni dell’OMS e crede che il latte materno sia, ovunque possibile, la fonte ideale per l’alimentazione dei neonati. Nei casi in cui l’allattamento al seno non sia possibile, Nestlé, ha sottolineato il portavoce, offre prodotti di alta qualità, innovativi e con proprietà nutritive basate su evidenze scientifiche. L’azienda, poi, sostiene che la pubblicità dei propri prodotti è fatta in modo responsabile e basata sulle evidenze scientifiche.

Non la pensano così alcuni studiosi, i quali sostengono che l’uso del linguaggio usato dalle aziende per promuovere il latte in polvere per neonati alle volte può ingannare i consumatori.

Il latte materno, ribadiscono gli studiosi, è un’alimentazione “personalizzata” e in continua evoluzione tra madre e figlio, come abbiamo già visto, che contiene sostanze “vive”, come anticorpi e composti legati al sistema immunitario, che non possono essere riprodotti in laboratorio.

Che ne pensate unimamme?

Vi ricordiamo i nostri articoli sul latte in polvere:

valeria bellagamba

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