Unimamme, oggi condividiamo con voi le riflessioni di una donna sulla necessità di rivedere il sistema di valori lasciati dal patriarcato che ancora oggi influenzano la vita quotidiana e domestica.
“Ero una bambina quando ho capito che c’era una gerarchia in casa mia. I compiti venivano assegnati a seconda del genere di appartenenza. Lavori blu per mio fratello, lavori rosa per me.
La mamma puliva, cucinava e, più di ogni altra cosa, rendeva la nostra abitazione una casa.
Il papà falciava il prato, riparava le case e giocava con mio fratello, fino a quando riuscivo a tenere aperte le palpebre.
Un papà straordinario.
Mi ci è voluto molto tempo per capire perché mia mamma lanciasse occhiatacce a mio papà quando noi tre entravamo in casa dopo un’incredibile giornata estiva trascorsa immersi in un recinto di sabbia.
La comprensione mi è arrivata in fretta e furia quando anch’io mi sono sposata e ho avuto bambini.
Come i bambini spesso lasciati a casa da soli crescevano negli anni Settanta e Ottanta ci si aspettava che io e mio fratello svolgessimo i compiti e preparassimo la cena prima che arrivassero i nostri genitori.
Ogni giorno era lo stesso.
Trascorrevo la giornata pulendo la casa, pulendo la cucina e preparando la cena.
Di solito spaghetti perché erano la cosa più facile per me da cucinare senza bruciare tutta la casa. Va bene, una volta ho quasi bruciato tutta la casa, tutti fanno degli errori. Lezione imparata.
Mentre io mi abituavo ai lavori domestici mio fratello falciava il prato, portava fuori la spazzatura o, fatemi pensare, non c’erano molti lavori blu da fare giornalmente.
Ho notato che il mio carico di lavoro era diverso, forse persino più pesante a volte, ma io ero una ragazza, questo era ciò che ci si aspettava da me.
Molte volte litigavo con mio fratello perché avevo difficoltà a portare a termine la mia parte di lavori. Mi ricordo che pensavo, vorrei il suo aiuto. Mi sentivo come se stessi affogando e non riuscivo a farlo da sola prima che mamma tornasse a casa dal lavoro.
Perché era una mia responsabilità solo perché ero una ragazza?
Lo stesso scenario si è ripetuto anni dopo nel mio matrimonio.
In quei momenti ho capito che la sua lista dei compiti era più pesante dal punto di vista fisico, ma più leggera in compiti pratici.
A ogni modo, non mi sono ribellata. Non ho parlato, non mi sono lamentata, non ho detto tutto. Non sapevo che fosse diverso o sbagliato.
Ma sapevo senza dubbio che se mi fossi lamentata avrei incontrato resistenza.
Avrei anche potuto essere etichettata come pazza.
Una brontolona. Ne avevo sentito parlare prima.
Una “stronza brontolona” era una frase che non aveva problemi ad uscire dalle labbra di mio nonno quando mia nonna lo serviva a puntino.
Ho trascorso tutta la mia vita a vedere le donne con l’intero peso della casa sulle loro spalle mentre gli uomini sedevano comodi e le guardavano fare tutto.
Era normale, era atteso.
Una coppa grigia da festa riempita di cibo prodotto da mia mamma era la norma, con gli uomini seduti davanti alla partita di football aspettando di più. Più birra, più cibo. Prendere di più e ancora e ancora e ancora. Senza dare niente.
Mia mamma era una dea e nella mia mente poteva gestire il mondo. Lei stava già gestendo il mio mondo, meravigliosamente.
In qualche modo sapevo che, fin da piccola, volevo essere come mia mamma.
Lei era spettacolare da vedere. Lei poteva e faceva di tutto per tenere a galla la nostra casa. Mio padre al suo fianco, a sostenerla in tutto, la maggior parte delle volte dal divano.
Dal posto di mio papà, aggrovigliata tra le sue gambe, potevo vedere mia mamma che svolgeva lavori umili per la cena, che io avevo già preparato a metà.
Ancora vestita nel suo grembiule di seta, la sua borsetta piazzata a malapena sul tavolo, stava su un fornello marrone mentre noi tre guardavamo il nuovo episodio di M.A.S.H.
Ogni tanto la vedevo che sbirciava attraverso la finestra della dispensa per afferrare un assaggio della sua famiglia.
Qualche volta gridava e mi domandavo perché fosse così arrabbiata. Qualche volta versava si versava un bicchiere di vino e ci si affogava.
Qualche volta sorrideva così tanto che i suoi occhi si riempivano di lacrime macchiate d’amore.
Tutte le volte.
Ogni dannata singola volta ha reso la cena di famiglia adatta per un re. Mai una volta che mia mamma non ci abbia sfamato con cibo vero. Lei è il mio super eroe.
Ho un papà straordinario.
Ce l’ho. Lui è forte, comprensivo, amorevole, tollerante e ciò che è sempre stato in risalto del mio stupefacente papà è che parla di eguaglianza, libertà, umanità in quasi ogni frase che lascia la sua bocca profetica.
A ogni modo lui è stato allevato in una generazione piena di valori misogini. Gli hanno insegnato ad essere servito da sua moglie.
Non suona tanto stupido – servito da sua moglie. Sto letteralmente scrollando la testa mentre scrivo queste parole. Lui le ha imparate da suo padre. Mio nonno.
Non è colpa di nessuno, eccetto del patriarcato. Sono cresciuta in un modo pieno di misoginia. A quell’epoca le cose erano diverse. I miei genitori erano strumenti delle credenze della loro generazione e dei sistemi di credenze delle generazioni prima.
Noi possiamo e dobbiamo cambiare questo. La mentalità delle donne “di fare tutto” non viene propagandata solo dagli uomini, ma dalle donne stesse.
I nostri sistemi di credenze insinuano che una Mamma dovrebbe sopportare il peso di tutti i lavori di casa. Questo è sbagliato e ingiusto.
Mentre crescevo entrambi i miei genitori avevano un lavoro a tempo pieno. Delle carriere. Mia mamma era una manager di banca di successo, ma quando arrivava a casa cucinava e metteva nel piatto il cibo di papà.
Nessuno lo faceva per lei.
Lei lo faceva con amore, voleva prendersi cura di lui, ma era sempre esausta. Non meno stanca di chiunque altro nella sua posizione.
Si dava per scontato che lei dovesse tornare a casa e sfamare la famiglia. Ci si aspettava che pulisse la casa, solo perché le venisse detto che non era degna del nome sull’atto di proprietà.
Qualche volta desiderava che suo marito si prendesse cura di lei.
Che le riempisse il piatto o che piegasse la biancheria.
La maggior parte delle volte desiderava essere rispettata e apprezzata.
Questo lo so perché ho vissuto nella vita di mia mamma.
Ho organizzato il catering per gli uomini che amo. Non senza rimpianto ma spesso con ripugnanza.
So perché mia mamma fa una smorfia quando papà trascorre il suo tempo a giocare con noi nello sporco, soprattutto dopo un giorno di duro lavoro su tacchi poco confortevoli e una gonna restringente.
Era anche il suo momento.
Forse voleva essere il bravo ragazzo. Il “papà” che gioca in cortile sporcandosi. Magari lei non voleva cucinare un altro pranzo. Invece giocare a prendersi con i suoi bambini in una morbida giornata estiva.
Magari non voleva fare niente ma semplicemente sedersi sul divano con i bambini aggrovigliati sulle sue game.
Voglio rompere il patriarcato per aver consentito a mia mamma, a me e a tutte le altre donne di credere di non poter far tutto senza essere etichettate.
Che eravamo e siamo pazze, per resistere sovraccariche e fare lavori sottostimati.
Quando di fatto facevamo e ancora facciamo tutto, per mantenere a galla la casa. Per renderle case.
Possiamo cambiare il nostro mondo in meglio, se consentiamo alle nostre nozioni preconcette di cambiare.
Non solo per le donne e gli uomini, ma anche per le famiglie. I matrimoni. E, ancora più importante, per i nostri bambini e i figli dei nostri figli.
Ormai è giunto il momento che gli uomini smettano di dire alle donne nella loro vita che sono pazze. Non è da pazze essere esauste.
Non è da pazzi dare voce alla fatica. Non è da pazzi chiedere aiuto.
Non è brontolare quando una donna implora il marito di pulire la toilet o aiutare a gestire la casa.
Lei non avrebbe dovuto pregarlo di pulire il suo disordine in primo luogo.
Le donne non sono pazze, sono stanche. Sono stanche di stare dietro a chiunque nelle loro vite. Le donne sono arrabbiate perché sono state sottostimate a lungo.
Le donne non sono delle stronze perché stanno finalmente usando la loro voce.
No.
Smettetela di chiamare le donne brontolone e stronze. Cominciate a fare il vostro dovere come loro partner così loro non devono lamentarsi della m***a che non volete fare.
Questo non riguarda gli uomini che aiutano le donne a gestire la casa, riguarda il fatto che gli uomini si accorgano che non è solo compito delle donne.
Se ho imparato qualcosa dalla mia Super mamma è: “posso fare tutto, ma non tutto tocca a me”.
Unimamme, cosa ne pensate del messaggio di questa mamma, Darla Halyk, su Facebook?
Vi ritrovate nelle sua parole?
State facendo qualcosa per cambiare la situazione?
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Noi vi lasciamo con un’ulteriore riflessione su come dividersi i compiti in casa.
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