Molto spesso crediamo che aiutare i nostri figli sia la soluzione migliore: incominciamo fin da piccolissimi, facendo magari per loro i compiti, per poi giustificarli in tutto. Se si comportano male è perché sono stanchi, se urlano ridiamo, se vanno male a scuola è colpa degli insegnanti e non del poco impegnarsi. Sarà perché si fanno figli sempre più tardi, sarà perché spesso rimangono unici, si assiste in generale ad una maleducazione senza precedenti.
Un tempo per esempio quando si andava a scuola, si diceva che i maestri e i professori avessero sempre ragione (e allora i metodi non è che fossero proprio delicati, pensiamo per esempio alle bacchettate sulle mani).
Mio marito per esempio mi ha raccontato che quando aveva 7 anni, la maestra lo mise in castigo fuori dalla porta, facendolo stare 2 ore in piedi, solo perché aveva creato un po’ di confusione in classe. I suoi genitori non si sono sognati di andare a lamentarsi con la preside o di rivolgersi ad un avvocato, nonostante – diciamocelo – il metodo non fosse proprio ortodosso.
Adesso ci si rivolge alle autorità per molto meno: addirittura i genitori di un alunno di Canicattì, in provincia di Agrigento, si sono rivolti al Tar di Palermo perché all’esame di terza media, il loro figlio aveva alcuni 9 e non tutti 10 come pensavano i famigliari.
Per non parlare di quella mamma che ha scritto una lettera alla professoressa accoltellata dal figlio chiedendo di perdonarlo perché troppo sensibile per la salute della nonna.
Anche lo psichiatra Paolo Crepet, intervenuto nel programma tv di La7 Tagadà, ha detto che stiamo crescendo dei piccoli Buddha: “Quando il buonismo educativo è così pregnante, non va bene. Noi non abbiamo più figli, ma piccoli Budda a cui noi siamo devoti, per cui possono fare tutto. Scelgono dove andare a mangiare, in quale parco giochi. Siamo diventati genitori che dicono sempre di si. Ma questo è sbagliato. Esposti. Quando diventeranno grandi ci sarà qualcuno che gli dirà di no. Magari alla prima frustrazione amorosa. Magari al primo lavoro. I genitori vanno al primo incontro di lavoro del figlio di 26 anni. Poi c’è gente che non manda i figli all’Erasmus perché fa freddo. Sono un disastro questi genitori. Non possiamo generalizzare, ma in molti casi è così”.
Spesso si incolpa la scuola o gli allenatori quando non fanno giocare i nostri bambini, ma dobbiamo seriamente riflettere su come stiamo educando i nostri figli: non li lasciamo sbagliare, pensiamo che siano i più bravi e non accettiamo che possano fallire. Di questo passo cresceremo degli adulti complessati e con seri problemi a gestire i momenti frustranti. Perché là fuori non si è più i principini o le principesse di casa.
E voi unimamme cosa ne pensate?
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