Telefonini e tumori: i rischi per la salute scoperti da uno studio italiano
Si fa un gran parlare dei rischi dei telefoni cellulari sulla salute. Gli studi si sono susseguiti negli anni e tra allarmi e smentite sulla pericolosità dei telefonini spesso si crea una certa confusione. Qualche tempo fa ci dissero che i telefoni cellulari non erano pericolosi come si pensava, ma questo assunto ora è messo in discussione da un recente studio italiano, che si ricollega ad uno più ampio americano, e i risultati non sono molto incoraggianti, anzi dovrebbero far pensare tutti sull’uso e sull’abuso che facciamo quotidianamente di questi dispositivi tecnologici.
Lo studio italiano ha scoperto un aumento, seppure lieve, di tumori al cuore e al cervello a causa dell’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza dei ripetitori della telefonia mobile. Si tratta di radiazioni a cui tutti noi siamo esposti tutti i giorni. Le radiazioni sono emesse dai ripetitori e dai telefoni cellulari, in questo ultimo caso sono più dirette sull’organismo. Lo studio è stato condotto dai ricercatori dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del Centro di ricerca sul cancro ‘Cesare Maltoni’, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research.
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Sono stati presi in esame i topi dei ripetitori, così come ha fatto un altro studio collegato sui telefoni cellulari, quello del National Toxicologic Program negli Stati Uniti. Entrambi gli studi hanno riscontrato gli stessi tipi di tumore sui topi: sul sistema nervoso e sul cuore.
L’Istituto Ramazzini ha analizzato le esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program. Lo studio italiano ha preso in esame 2.488 topi, esposti a radiazioni Gsm da 1.8 GHz (quelle delle antenne della telefonia mobile) per 19 ore al giorno, dalla gravidanza delle loro madri fino alla morte spontanea. La quantità di radiofrequenze è all’incirca la stessa di quella a cui siamo normalmente esposti nella nostra quotidianità, a casa, a scuola e sul lavoro. Lo studio ha cercato di riprodurre l’esposizione umana full-body generata da ripetitori.
La professoressa Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini e leader dello studio, ha spiegato all’Adnkronos Salute che “L’intensità delle emissioni utilizzate per lo studio è dell’ordine di grandezza di quella delle esposizioni ambientali più comuni in Italia“.
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Invece, lo studio americano del National Toxicologic Program ha impiegato dosi più grandi di radiazioni a radiofrequenza, per riprodurre l’esposizione localizzata sui tessuti, prodotta da un cellulare posto vicino al corpo,
“Il nostro studio – spiega Belpoggi – conferma e rafforza i risultati del National Toxicologic Program americano. Non può infatti essere dovuta al caso l’osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze“.
I ricercatori hanno studiato l’impatto delle radiofrequenze sul cuore e sul cervello, riscontrando un aumento dei tumori di circa l’1,4%, sia per le radiofrequenze dei ripetitori che per quelle dei cellulari. L’aumento non è elevato, ma quello che preoccupa è il vasto numero delle persone che potrebbero essere coinvolte. La professoressa Belpoggi sollecita l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) a “rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni“. Le agenzie regolatorie, poi, vengono invitate a dare “valutazioni più puntuali dei limiti a cui può essere esposta la popolazione” e ad aiutare a “cercare strumenti per ridurre i livelli di esposizione“.
Nonostante si tratti di tumori rari e di un agente cancerogeno di bassa frequenza, ne sono esposte miliardi di persone. Un grande problema di salute pubblica che potrebbe riguardare diverse milioni di persone, a rischio di danni biologici da radiofrequenze. I ricercatori, poi, invitano a rafforzare le precauzioni e le misure di sicurezza sull’uso degli apparecchi e sull’installazione degli impianti. Per i telefonini, i ricercatori chiedono di inserire un auricolare a molla incorporato e avvisi e segnalazioni di pericolo nelle istruzioni per tenere il telefonino il più possibile lontano dal corpo. Conta, insomma, la sicurezza prima della potenza e della qualità del segnale. “Siamo responsabili verso le nuove generazioni e dobbiamo fare in modo che i telefoni cellulari e la tecnologia wireless non diventino rischi conosciuti e ignorati per decenni“, sottolinea la prof. Belpoggi.
Che ne pensate unimamme? Siete d’accordo con questa conclusione? Una ricerca, questa, che ci ricorda una precedente di un’università francese. Segue un video da vedere sulle nuove misure per proteggerci dai rischi.
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