Delitto Vannini: lo strazio e la rabbia della mamma di Marco per le condanne lievi ala famiglia Ciontoli.
Un’intera famiglia condannata per l’uccisione di un ragazzo di soli 20 anni, con la pena più grave al capofamiglia. Una condanna che però non è bastata a Marina Conte, madre di Marco Vannini, il ragazzo ucciso. La donna dopo la lettura della sentenza è esplosa in un urlo di rabbia e dolore, gridando “è una vergogna” all’indirizzo della corte. Il processo ha visto la condanna a 14 anni per Ciontoli, padre della fidanzata di Marco Vannini e principale accusato dell’omicidio del ragazzo. Gli altri membri della famiglia sono stati condannati a 3 anni di reclusione, una pena in effetti lieve per chi si trovava di fronte un ragazzo che era stato ferito con un’arma da fuoco e non ha fatto niente per salvarlo. La fidanzata della ragazza di Marco, che pure era presente in casa è stata addirittura assolta. Una vicenda che lascia molti punti interrogativi.
La mamma di Marco sono anni che si batte per ottenere giustizia. Almeno quella, visto che la verità su quella notte del 18 maggio 2015 in casa Ciontoli non la conoscerà mai.
Marco Vannini era un bel ragazzo di 20 anni residente a Cerveteri, in provincia di Roma, morto per un motivo assurdo nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 dopo essere stato ferito con un colpo di arma da fuoco in casa della fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli.
Marco era stato ferito con un colpo di pistola, sparato dal padre della fidanzata, Antonio Ciontoli, che deteneva legalmente l’arma in quanto sottufficiale della Marina Militare, impiegato nei servizi segreti. L’uomo ha sempre detto di essere stato l’unico a sparare e che si era trattato di un incidente.
In casa quella sera oltre alla fidanzata Martina e al padre Antonio era presente tutta la famiglia Cinotoli: anche la madre della ragazza, Maria Pezzillo, il fratello, Federico Ciontoli e la sua fidanzata Viola Giorgini.
Dopo che Marco era stato colpito all’ascella destra, la famiglia Ciontoli è andata nel panico: ha chiamato l’ambulanza per poi disdirla, tentando di aiutare Marco come poteva, ma senza riuscirci. Il ragazzo era stato ferito gravemente ed era inevitabile portarlo in ospedale. Così la famiglia si è decisa a chiamare l’ambulanza ma senza spiegare al 118 il vero motivo della chiamata. I Ciontoli hanno detto che il ragazzo era caduto nella vasca da bagno e si era ferito con la punta di un pettine, poi che aveva avuto un attacco di panico. Un castello di bugie per nascondere quello che era realmente accaduto.
Quando l’ambulanza è arrivata, il personale sanitario non era preparato per soccorrere un ferito da arma da fuoco. Solo all’ospedale di Civitavecchia Antonio Ciontoli ha dovuto ammettere di fronte al medico che Marco era stato ferito con un colpo di pistola. Il foro di entrata del proiettile era piccolo e non lasciava pensare ad una ferita da arma da fuoco. Le condizioni del ragazzo però erano gravi: il proiettile aveva ferito cuore e polmoni.
Dal momento dello sparo all’arrivo in ospedale erano passate tre ore circa. Un tempo molto lungo che è stato fatale al ragazzo, morto poco dopo il ricovero. Marco si poteva salvare se fosse stato soccorso in tempo. Dalle indagini, invece, è risultato che i Ciontoli hanno pensato per prima cosa a salvare se stessi, occultando le prove di quello che era accaduto. Invece di soccorrere come si doveva il povero ragazzo ferito e agonizzante (dalle telefonate al 118 si sentono i suoi lamenti), gli hanno tolto i vestiti e lo hanno lavato in modo che non apparisse che era stato colpito con da uno sparo. Anche i vestiti di Marco sono stati lavati. Quando il ragazzo è arrivato in ospedale non indossava i suoi vestiti, come si è accorta subito la madre. Gli abiti di Marco sono stati ritrovati nei giorni seguenti, puliti e piegati in casa Ciontoli.
Un episodio in cui una famiglia intera è stata coinvolta nei ritardi colpevoli dei soccorsi al ragazzo e nell’occultamento delle prove di quanto era accaduto. Eppure la sentenza di condanna emessa dalla prima corte d’Assise di Roma è stata mite rispetto alle severe richieste del pubblico ministero e alla gravità dei fatti. Anche se lo sparo fosse stato accidentale, gravemente colpevole è stato il comportamento tenuto successivamente dalla famiglia Ciontoli, che ha pensato per sé invece di aiutare un ragazzo ferito.
Il pm Alessandra D’Amore aveva chiesto una pena di 21 anni di carcere per il Antonio Ciontoli, 14 anni per la moglie Maria Pezzillo e i due figli, Martina, fidanzata di Marco, e il fratello Federico. Tutti accusati di concorso in omicidio volontario. Per la fidanzata di Federico, Viola Giorgini, l’accusa aveva chiesto due anni di carcere, con sospensione della pena, per omissione di soccorso.
Di tutt’altro tenore le condanne: una pena a 14 anni di carcere per omicidio volontario ad Antonio Ciontoli, 3 anni per omicidio colposo alla moglie Maria Pezzillo, a Martina e a Fedrico. E Viola Giorgini, invece, è stata assolta dall’accusa di omissione di soccorso. La corte ha inflitto ai Ciontoli una provvisionale da 400mila euro come risarcimento alla famiglia della vittima.
Dopo la lettura della sentenza la mamma di Marco è esplosa in un grido di dolore e ha urlato: “È una vergogna!“.
“Vergogna, vergogna, è uno schifo come posso credere ancora nella giustizia. Mi hanno ammazzato un figlio a vent’anni. Vergogna!”. La donna si è allontanata in lacrime dal tribunale seguita da amici e parenti, anche loro indignati per la sentenza. “Riconsegnerò la mia scheda elettorale, perché mi vergogno di essere una cittadina italiana – ha detto Marina Conte -. Loro sono liberi, anzi sono sicura che stanno festeggiando, mentre mio figlio è morto a vent’anni. Quell’uomo ha fatto sì che mio figlio morisse, Marco urlava come un disgraziato in quella casa… e gli dai solo 14 anni?”.
“Mio figlio è al cimitero, loro se ne stanno a spasso e staranno pure festeggiando. Non ci posso pensare, e Viola è stata addirittura assolta. Quale messaggio arriva dalla giustizia ai giovani? Che puoi uccidere chiunque e andare in giro come se niente fosse. Dentro quell’aula c’è scritto che la giustizia è uguale per tutti. Maledetta quella notte e maledetti loro. Fatevi sentire perché non è giusto che paghino solo le mamme a cui ammazzano i figli. Ho sempre confidato nella giustizia, ma oggi capisco che la giustizia è dalla parte di chi uccide”.
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La rabbia e il dolore della mamma di Marco Vannini
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