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Italia longeva e più sana, ma c’è un forte divario tra Nord e Sud

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Maria Sole Bosaia

La salute degli italiani trae beneficio dalla prevenzione.

La salute degli italiani: un’indagine approfondita

Diverse le realtà emerse dal rapporto dell’Osservatorio sulla Salute 2017  pubblicato dall’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, frutto del lavoro di 197 ricercatori.

La salute dei nostri connazionali è più al sicuro dove funziona la prevenzione con meno morti per tumori e malattie croniche come il diabete. Negli ultimi dodici anni sono diminuiti del 20% i tassi di mortalità precoce per quanto riguarda queste malattie.

Gli italiani provano a mantenersi in salute anche tramite lo sport, nel 2016 il 34,8% della popolazione ha provato a fare più sport, contro il 33,3% del 2015.

Tra il 2001 e il 2016 è aumentata putroppo la percentuale di persone in sovrappeso:

  • da 33,9% contro il 36,2%
  • gli obesi sono passati da 8,5% al 10,4%

Per quanto riguarda il fumo, nel 2016 ha toccato il 19,8% della popolazione sopra i 14 anni.

Sugli alcolici si assiste a una diminuzione dei non consumatori:

  • negli ultimi 12 mesi astemi e astinenti sono stati 34,4%
  • nel 2014 erano il 35,6%
  • nel 2015 il 34,8%

In generale sembra che il Servizio Sanitario Nazionale abbia migliorato le proprie performance:

  • il tasso di mortalità precoce tra i 30 e i 69 anni è diminuito del 20% negli ultimi 12 anni.

In modo particolare la prevenzione ha ottenuto ottimi risultati:

  • con la diminuzione dei fumatori
  • l’aumento della copertura degli screening preventivi tra le donne

Viene rilevato che di tumore si muore di meno al Nord, mentre al Sud il tasso di morte per questo problema è maggiore, la percentuale varia dal 5 al 20%.

La situazione peggiore si registra in Campania dove c’è un +28% di morte per queste malattie rispetto alla media nazionale del 2,3%.

Nel decennio 2005 – 2015 si è assistito a un incremento della spesa privata, soprattutto al Nord. Si tratta di Regioni che si contraddistinguono per alti livelli di spesa pubblica pro capite, buoni livelli di erogazione dei Lea e quote basse di persone che rinunciano alle cure.

Nel Meridione le cose sono molto diverse. 1 persona su 5 dichiara di non avere soldi per pagarsi le cure, 4 volte in più la percentuale delle persone nelle regioni settentrionali.

Inoltre il quadro nazionale delle performance in sanità segnala situazioni di buona copertura dei sistemi sanitari nelle regione del Centro Nord, per il Meridione invece occorre un intervento urgente per evitare discriminazioni dal punto di vista delle cure e dell’efficienza del sistema.

Si assiste inoltre a una diminuzione della spesa per il servizio sanitario, come risultato delle politiche di contenimento della spesa per personale.

Il numero di medici e odontoiatri si è ridotto del -3,3% dal 2012 al 2015. A livello infermieristico si rileva una diminuzione marcata -2,1%.

I consumatori di antidepressivi continuano a crescere, con un picco raggiunto nel 2016. Dal 2012 con 38,60 DDD/1.000 ab die nel 2012 al 2016 con 39,87 nel 2016.

Infine gli italiani sono sempre più anziani, in modo particolare tra gli over 75 coloro che non riescono a svolgere attività quotidiane semplici come telefonare o prepare i pasti (+4,26% tra 2015 e 2016).

Negli ultrasessantacinquenni +11,2% ha molta difficoltà o non riesce a svolgere compiti quotidiani senza aiuto.

Dal rapporto si evidenzia che l’Italia è tra i Paesi più longevi dell’Europa.

Nel 2015 si colloca al secondo posto dopo la Svezia per la più alta speranza di vita:

  • per gli uomini 80,3 anni

Per le donne invece è al terzo posto dopo Francia e Spagna:

  • 84,9 anni

La media dei Paesi europei è:

  • 77,9 anni per gli uomini
  • 83,3 per le donne

Per quanto riguarda però le speranze di vita senza limitazioni l’Italia è:

  • all’11° posto per gli uomini e
  • al 15° posto per le donne

entrambe valutazioni sotto la media UE.

“Tra circa 15 anni avremo gli anziani figli del baby boom che potranno contare su una rete di aiuti familiari ridotta a causa della denatalità e con redditi da pensione più bassi per il passaggio dal sistema pensionistico retribuito a quello contributivo” dichiarano gli esperti.

Per questo si dovrebbe pensare a interventi nuovi ispirati alle cure territoriali e domiciliari integrate, delegando all’assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti e complessi.

Unimamme, cosa ne pensate di questi risultati?

Noi vi lasciamo con un aggiornamento sulla crisi delle nascite in Italia.

Maria Sole Bosaia

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