Le riflession di Maura Manca, psicologa clinica e psicoterapeuta sul fenomeno dei bulli contro i professori.
Le ultime cronache hanno messo in luce un problema che si protrae da tempo, quello dei bulli che, in classe, aggrediscono verbalmente e fisicamente i docenti.
Di recente, per esempio, vi abbiamo parlato di Franca di Blasio, una professoressa accoltellata al volto da un suo alunno.
Il suo, ovviamente, non è il solo caso in cui un ragazzo è arrivato alle mani, o peggio, con un professore.
La psicologa Maura Manca, lavora ormai da tempo con il corpo docenti proprio su questi temi e la sua testimonianza e le sue osservazioni possono aiutarci a comprendere il fenomeno a sangue freddo, mettendo da parte velleità giustizialiste che sorgono vedendo determinate immagini.
Innanzitutto bisogna sottolineare che la maggior parte delle persone non ha presente cosa accada davvero nelle classi.
Molti insegnanti si sentono sviliti nel loro ruolo, sminuiti nella loro professione perché al giorno d’oggi questa è diventata molto difficile.
I professori ricevono molte pressioni da un sistema che non li agevola nello svolgere il loro lavoro.
Inoltre, molti ritengono che inasprendo le sanzioni contro questi bulli si potrebbe risolvere il problema, ma non è così.
La psicologa Manca afferma convinta che il fenomeno è complesso.
Un adolescente che si comporta con arroganza e prepotenza con un insegnante non riconosce assolutamente il ruolo di chi ha davanti e la sua autorità, che non riconosce un contesto con delle regole, a cui evidentemente non è abituato.
Quindi eliminare dalla scuola questo ragazzo e affidarlo interamente a una famiglia che palesemente non è in grado di gestirlo significa abbandonarlo, metterlo letteralmente in mezzo a una strada.
Nessun vero insegnante vorrebbe questo per un suo alunno, nemmeno per il peggiore.
La psicologa aggiunge che purtroppo, i docenti, in questa lotta, sono soli.
I professori dovrebbero gestire singolarmente i problemi dei propri studenti con piani individualizzati, formativi e pedagogici, ma non ne hanno le competenze nè la possibilità.
Ad esacerbare ancora di più la situazione c’è l’assenza delle famiglie alle spalle di questi ragazzi, queste non li sostegono né li aiutano, ma anzi quando gli insegnanti prendono una posizione netta i genitori li contrastano.
La specialista parla di un corpo docente che non riesce più a gestire la patologia dilagante, che avrebbe necessità di più figure professionali al fianco, aiuto specializzato, perché ormai si parla di una serie di problemi molto gravi:
Un docente da solo non può risolvere e gestire ragazzi così problematici.
D’altra parte non può nemmeno reagire con violenza davanti alle provocazioni.
Innanzitutto perché un simile comportamento da parte dell’adulto in carica servirebbe solo a inasprire il conflitto, d’altra parte anche denunciare sistematicamente gli atteggiamenti più estremi significa abbandonare questi ragazzi difficili e senza una famiglia di sostegno alle spalle a una società e un sistema che non sa accogliere la devianza.
Le patologie quindi si rafforzerebbero, a danno di tutti.
In generale, purtroppo, vige la regola dello scarica barile dove ogni ciclo scolastico scarica l’incombenza a quello successivo. Inoltre i genitori delegano quanto non li responsabilizza, scaricando la colpa sulla patologia o sulla scuola.
“La violenza non è la cura per la violenza” dichiara la psicologa Manca su Adolescenza Blog autore.
Infine denuncia il fatto che è violenza anche diffondere i video in cui i professori vengono bullizzati, facendoli passare per idioti, senza che venga tutelato lo sforzo di chi cerca di svolgere il proprio lavoro in una classe come quelle che abbiamo visto inv ari video.
L’esperta invita invece a un aiuto concreto nei confronti dei professori e degli alunni, investendo i fondi, inserendo figure professionali specializzate e preparate in modo che queste possano suggerire ai docenti come gestire singole situazioni.
“La cosa più importante che bisogna fare, quindi, è cercare di capire come reintegrare questi ragazzi, di creargli percorsi alternativi, non di allontanamento dalla scuola, ma di inclusione”.
Se prima di passare alla denuncia non si attua tutto il possibile per recuperare questi ragazzi allora è tutto inutile, perché bisogna tenere presente che questi giovani, che lo vogliamo o meno, sono il nostro futuro.
Unimamme, voi cosa ne pensate di queste riflessioni?
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