Alfie Evans, papà Tom: “Alfie è parte della famiglia italiana… ma è in ostaggio, vogliamo riportarlo a casa”. Ma in serata lancia un nuovo appello.
Sono momenti molto duri per i genitori del piccolo Alfie Evans, che nella giornata del 25 aprile 2018 hanno visto sfumare anche l’ultima possibilità di portare il figlio in Italia, all’ospedale Bambino Gesù, che si è già offerto di ospitarlo, dopo aver perso anche l’ultimo ricorso davanti alla Corte di Appello di Londra.
Alfie ha quasi due anni, li compirà il prossimo 9 maggio, e da diversi mesi è al centro di un’aspra battaglia legale che ha commosso il mondo e che vede contrapposti da una parte l’ospedale pediatrico Alder Hey di Liverpool, dove il bambino è ricoverato e che che pensa che morire ora sia per lui la scelta migliore, e i genitori che si oppongono con tutte le loro forze. Alfie è affetto da una grave condizione neurologica degenerativa ed è in stato semi vegetativo, dal dicembre 2016.
I medici hanno ottenuto il distacco del ventilatore che aiutava il bambino a respirare e che è stato messo in atto la sera del 23 aprile. Alfie però ha mostrato la tempra del guerriero e ha continuato a respirare autonomamente. Successivamente, l’ossigeno gli è stato somministrato con un sondino, così come l’idratazione e il nutrimento. I medici sono intenzionati a procedere con il piano di interruzione delle cure e di accompagnamento alla morte, perché per Alfie non c’è più niente da fare. I tribunali di ogni ordine e grado hanno dato loro ragione, ma i genitori non si rassegnano.
Sconfortati dall’ultima decisione della Corte di Apello di Londra, Tom e Kate, i giovani genitori del piccolo Alfie Evans non si arrendono e continuano a lottare per tenere in vita il figlioletto che, dicono, “non sta morendo”, come sostengono i medici. Mentre mamma Kate ha pubblica su Facebook una nuova foto del bambino che sembra sorridere mentre dorme, papà Tom chiede di nuovo a Papa Francesco di aiutarlo.
In un’intervista a Tv2000, Tom Evans ha detto: “Chiedo al Papa di venire qui per rendersi conto di cosa sta accadendo. Venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. È ingiusto quello che stiamo subendo“.
“Vi ringraziamo – ha detto Tom rivolto agli italiani – per la solidarietà e il supporto ricevuti in questi giorni. Grazie. Vi amiamo. Noi non ci arrendiamo, andiamo avanti. Abbiamo conosciuto persone straordinarie. Il Papa è vicino a noi. Stiamo facendo tutto il possibile per nostro figlio, nel nome di Dio. Vi faccio vedere la foto che ha fatto questa notte mia moglie ad Alfie. Questo è quello per cui gli italiani stanno lottando, questo è quello per cui noi stiamo lottando”. “Noi continueremo a lottare, ricevendo sempre più forza dal popolo italiano. Dal governo, dai ministri che si sono impegnati per noi. Non vi ringrazieremo mai abbastanza”. Poi ha aggiunto: “Alfie è una parte della famiglia italiana. Noi apparteniamo all’Italia“.
Nel frattempo, una pediatra e oncologa polacca, la dottoressa Izabela Pałgan ha dichiarato che Alfie non è in condizioni di morte cerebrale e che l’ospedale di Liverpool lo tiene in ostaggio. Dopo aver visitato il bambino su richiesta dei genitori, la dottoressa polacca ha affermato che le condizioni di Alfie non sono così disperate come sostengono i medici inglesi. Così ha detto la pediatra a RadioWnet, come riporta l’Express. Secondo la scala pediatrica di Glasgow, che misura i livelli di coma, Alfie si trova al punto 8 su 9, quindi, secondo la dottoressa, non è un bambino che sta morendo perché non è in condizioni di morte cerebrale.
“Il bambino reagisce alla voce del padre e di tanto in tanto apre gli occhi. Poi stringe la bocca quando gli viene dato un ciuccio. Mostra delle reazioni“, ha spiegato la dottoressa. “I genitori affermano convintamente che il bambino comunica con loro quando gli parlano, sentono che il bambino in qualche modo avverte le loro emozioni e può connettersi emotivamente a loro“. “Sicuramente non si tratta di un bambino che sta morendo – ha aggiunto – In Polonia, ma credo anche in altri Paesi europei, bambini in queste condizioni vengono trattati con cure palliative o con l’assistenza domiciliare“.
La dottoressa ha ribadito anche il diritto dei genitori di portare Alfie in un altro ospedale: è loro diritto scegliere un medico di fiducia e dove fare curare il figlio.
Gli attivisti impegnati per Alfie continuano la loro battaglia. Steadfast Onlus ha scritto in un comunicato che “nell’ambito del progetto Steadfast LifeAID e su richiesta diretta della famiglia si sta occupando del caso Alfie Evans, in collaborazione con altre associazioni e organizzazioni nazionali e internazionali. A seguito dell’ulteriore rifiuto della Giustizia britannica di permettere ad Alfie, cittadino italiano, di trasferirsi in Italia l’équipe giuridica si è messa di nuovo al lavoro per cercare di cambiare la giurisdizione di competenza del caso trasferendola a quella italiana.
La famiglia ha accettato la proposta dell’equipe giuridica internazionale ed è stato presentato ricorso al Giudice Italiano. Se subentrassero problemi di giurisdizione sarà la Corte di Giustizia Europea ad esprimersi in merito“.
Mariella Enoc, la presidente dell’ospedale Bambino Gesù ha spiegato al Corriere che ha conosciuto la storia di Alfie a luglio e parlando di tutti gli sforzi fatti per portarlo a Roma ha detto: “La nostra funzione non è guarire ma curare, e per cura intendo ogni forma di sostegno. Noi avremmo accolto Alfie garantendo le terapie necessarie, senza accanimento terapeutico. Bisogna capire le origini genetiche di questa malattia, innanzitutto, per tutelare la giovane mamma nelle future gravidanze. E poi chi ci dice che è incurabile, chi può affermare con certezza che nulla si può fare? Noi non diamo solo consolazione“. Aggiungendo poi, in merito all’ultima sentenza: “Credo sia il risultato di una battaglia ideologica e che la scelta non sia stata tecnica. Hanno ingannato la famiglia. Lo vedo come un attacco al nostro ospedale, che appartiene al Vaticano. Magari se fosse stato il Gaslini di Genova, che si è offerto in ritardo, avrebbero detto di sì”. E infine: “Sarei felice se lo mandassero ovunque, purché non muoia in quell’ospedale“.
Due eurodeputate europee italiane, Silvia Costa e Patrizia Toia hanno rivolto un’interrogazione urgente alla Commissione europea sul caso di Alfie ai responsabili della Salute e della Giustizia dell’Unione europea, sostenendo che siano stati violati diritti fondamentali legati alla libera circolazione dei pazienti nei territori dell’Unione.
Infine, Tom Evans ha pubblicato su Facebook nella serata del 26 aprile una dichiarazione in cui ringrazia tutti, i sostenitori e anche lo staff dell’Alder Hey, e chiede privacy per Alfie e per la sua famiglia.
Nella dichiarazione, Tom sembra essere tornato su suoi passi e di avere instaurato una nuova collaborazione con l’ospedale di Liverpool, forse per riuscire a portare a casa il figlio.
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