Autosvezzamento: quali sono le regole da seguire per dare al bambino, al posto dello svezzamento classico, l’alimentazione complementare a richiesta visto che i piccoli sanno regolarsi da soli.
Sempre più spesso si sta facendo strada tra i pediatri e anche i genitori l’idea di abbandonare le classiche tabelle fornite o dagli ospedali o dai pediatri per avviare i bambini al cibo solido. Solitamente infatti, nella dieta dei piccoli venivano introdotti delle categorie di cibi a seconda dell’età, evitando però degli alimenti che avrebbero potuto scatenare delle allergie fino a che il bambino non avesse raggiunto l’età giusta. Tra questi per esempio ci sono uova, arachidi o crostacei. Una ricerca recente ha invece trovato un nuovo metodo per proteggere i bambini dalle allergie alimentari: introdurre i bimbi a questi cibi prima di quanto si pensava, infatti, li aiuterebbe a non sviluppare allergie.
L’autosvezzamento si colloca esattamente in questa direzione: si tratta però di un termine inesatto. Quello corretto sarebbe alimentazione complementare a richiesta, visto che il principale alimento del bambino rimane il latte a cui vengono affiancati appunto nuovi sapori, forme, consistenze.
Si tratta comunque un percorso naturale e rispettoso dei tempi del bambino per quanto riguarda il passaggio dal latte, materno o artificiale, al cibo che si mangia in famiglia ogni giorno. No quindi a omogeneizzati o a brodo vegetale: sì invece a ciò che si cucina a casa, ovviamente privilegiando un’alimentazione sana e varia.
Lo svezzamento tradizionale offre al bambino dei cibi poco per volta. Si inizia con il classico brodo vegetale – carota, zucchine e patata – a cui si aggiungono crema di riso o mais e tapioca e i vari alimenti in forma di omogeneizzato o formaggi a pasta molle. In genere si aspettano due settimane prima di introdurre nuovi cibi. In genere si segue una tabella precisa, che determina a quali mesi si possono dare certi alimenti (per esempio prima di introduce il tuorlo dell’uovo e poi l’uovo intero non prima dell’anno).
L’autosvezzamento, invece, non si basa su una tabella, ma fin da subito il bambino comincia a mangiare tutto ciò che i genitori gli offriranno a tavola. Il cibo inoltre viene dato così com’è, senza passaggio dalle pappe ad una forma più solida. Inoltre, non esistono cibi allergizzanti: l’uovo o il pomodoro, così come i crostacei vengono introdotti fin da subito.
Di norma si inizia a introdurre dell’altro cibo attorno ai 6 mesi, dipende anche dall’interesse che il bambino ha verso il cibo, in alcuni casi sarà un po’ prima in altri un po’ dopo. Ci sono dei segnali che possono indicare che il bambino è pronto:
Il tutto – ricordiamolo – nel massimo rispetto dei suoi tempi. Il cibo può essere presentato in due modi: secondo Lucio Piermarini, pediatra e uno dei massimi esperti di autosvezzamento, può essere sminuzzato per facilitare la masticazione oppure – secondo l’infermiera Gill Rapley che ha inventato il metodo Baby Led Weaning – proposto in striscette o bastoncini che possono essere succhiate o mordicchiate. In questo modo il bambino può affinare le sue capacità manuali e masticatorie (i piccoli masticando infatti anche se non hanno i denti), impara che il cibo solido serve a saziarsi e nel tempo diminuirà così la richiesta di latte.
E’ importante che i genitori assecondino sempre la richiesta del bambino, purché si tratti di cibo ritenuto idoneo, e che ci sia una certa regolarità tra i pasti: il piccolo infatti deve adattarsi ai tempi della famiglia (e lo farà sicuramente) e continuare comunque ad alimentarsi al seno o al biberon finché dimostra di gradire. Quando invece il pasto è finito, non proporre altro cibo o non bisogna insistere se il piccolo smette di richiedere gli assaggi.
Come abbiamo detto, non esiste una tabella precisa e gli esperti preferiscono non dividere il cibo in “primi alimenti” e alimenti secondari. Si parla piuttosto di aumento degli “assaggini” – ad esempio dal “ciucciare” un pezzo di mela fino ad arrivare ad pasto completo – che non riguardano però la consistenza dei cibi: non si passa, come nello svezzamento tradizionale, ad un cibo liquido ad uno solido e nell’alimentazione complementare a richiesta non ha molto senso avere uno schema da seguire. Il cibo va bene tutto: bisogna invece concentrarsi su consistenze e dimensioni.
Per le consistenze: poiché un bambino a 6-7 mesi non ha ancora sviluppato la presa a pinza e quindi non sa ancora regolarsi in base al peso dei cibi, è importante che i cibi siano morbidi, ma non troppo, altrimenti si spappolano e diventano ingestibili (oltre a non rendere mamma e papà particolarmente felice di pulire gli schizzi di carota spiaccicata sulle piastrelle) Inoltre devono essere sufficientemente lunghi da essere afferrati con il pugnetto e avere un’estremità che si può mettere in bocca (se infatti il cibo viene preso con il pugnetto ma non c’è niente che fuorisce, il bimbo non riuscirà a mangiare).
Ecco allora un elenco di cibi adatti all’autosvezzamento:
A tutto questo bisogna affiancare il latte materno, se il bambino è allattato al seno; se invece non lo è, dai 12 mesi si può proporre il latte di mucca fresco intero, che fornisce le lattasi, ovvero gli enzimi che permettono di assimilarlo. Bastano un paio di bicchieri al giorno se il bambino mangia tutto. Il latte vaccino non è necessario nell’alimentazione di un bambino e se non piace è meglio non insistere: il calcio infatti verrà fornito dall’acqua, dai formaggi e dallo yogurt.
Meglio poi non iniziare con cibi esclusivamente tritati o frullati o densi perché in questa fase non è necessario che il bimbo mangi un pasto completo, ma che cominci a sperimentare le forme, le consistenze e i sapori diversi.
Cucchiaino sì cucchiaino no? Alcuni bambini non sopportano di farsi imboccare, altri invece preferiscono. In altre parole: non esiste una regola per tutti, ma deve essere il genitore ad autoregolarsi a seconda delle esigenze del bambino. Per esempio: se il piccolo vuole mangiare i suoi fusilli prendendoli con le mani, perché costringerlo ad essere imboccato con il cucchiaino? Questo provocherà un inutile stress a lui e a mamma e papà: meglio armarsi di pazienza e di bavaglie belle grandi da lavare dopo “il ciclone” pappa. Non si deve insomma dare per scontato che il bambino voglia essere imboccato: se manifesta la voglia di farcela da solo, perché non assecondarlo?
E’ inoltre importante evitare di proporre sempre lo stesso piatto perché piace al bambino o perché si ha paura che non mangi. Soprattutto all’inizio è importante differenziare la dieta il più possibile, per cui alternare fa bene. Per esempio se ha pranzo il bambino ha ciucciato una mela, a cena proviamo a proporre la pasta o la carne o la verdura, quello che insomma piace di più sempre nell’ambito della varietà. Non aggiungere né zucchero né sale almeno fino all’anno di vita.
Ci sono in realtà dei cibi da evitare, più che altro di ordine pratico perché difficili da gestire o da tagliare:
In generale i cibi da evitare sono quelli troppo piccoli, troppo appiccicosi (ad esempio il burro di arachidi, le caramelle gommose o il prosciutto crudo se troppo grande), che si spezzano senza perdere consistenza (come carote crude, mela, biscotti secchi), che hanno dei filamenti (finocchi, sedano, prosciutto crudo). Anche in questi casi però è sempre il bambino ad avere l’ultima parola: per esempio una mela intera potrebbe essere meglio di uno spicchio, oppure se ad un piccolino piace di più un formato o una consistenza, proponiamola, senza alcuna fretta.
I genitori hanno molta paura che i bambini – alle prese fin dai 6 mesi con del cibo solido – si possano soffocare, visto che lo svezzamento classico prevede appunto che gli alimenti vengano passati o frullati nelle pappe. In realtà i bambini possono gestirsi molto bene visto che – come tutti – anche i bambini molto piccoli possiedono il riflesso faringeo, quel meccanismo di difesa che attua il corpo nel momento in cui c’è rischio di soffocamento.
Questo però non rassicura mamma e papà: vedere il bambino che diventa tutto rosso, che tossisce e che ha proprio l’urto di vomito non è piacevole. Si tratta invece della contrazione muscolare che mette in sicurezza la gola dal passaggio di corpi estranei: il conato, il colpo di tosse o il vomito sono appunto strategie anti soffocamento. Dopo averle provate, il bambino continuerà a mangiare come se nulla fosse (anche se i genitori hanno perso qualche anno di vita).
E’ importante ricordare che questo riflesso si sviluppa intorno ai 6 mesi per cui è fondamentale non introdurre lo svezzamento troppo presto (alcuni pediatri per esempio suggeriscono gli omogeneizzati di frutta già al 4 mese). Se un bambino – ripetiamolo, interessato e senza forzature – viene lasciato libero di sperimentare con il cibo, maneggiandolo e annusandolo, imparerà a capire quali sono i cibi commestibili e quali no e per questo non avrà interesse a mettere alla bocca degli oggetti non commestibili, perché ha già soddisfatto la propria curiosità.
Con l’andare del tempo e dell’esperienza, i bambini hanno sempre meno episodi di conati di vomito, visto che appunto imparano a gestirsi da soli. E’ solo una questione di fiducia verso i figli: certo, non bisogna mai lasciarli mangiare senza nessuno presente, bisogna essere vigili e controllare, togliere tutti i giochi o smettere di fare altre attività durante il pasto. Evitare inoltre di far mangiare o bere il bambino in auto.
L’autosvezzamento di per sé è sicuro, ma se i genitori vogliono comunque stare tranquilli, è bene che imparino le manovre di disostruzione pediatrica per affrontare questo momento del cibo senza ansie.
Come abbiamo già detto, non ci sono ricette da seguire alla lettera, come nel caso dello svezzamento tradizionale. I cibi vanno bene tutti, purché sani e di qualità. Se però avete bisogno di qualche esempio si possono provare dai 6 mesi queste ricette per l’autosvezzamento: frullato di biscotto, polpettine di spinaci, crema di ceci, gnocchi, minestra di verdure, polpette di tonno, polpette di quinoa con zucca e spinaci, gnocchetti di miglio e zucca, hummus, pasta e fagioli. Sono alcuni dei piatti che si possono cucinare: come vedete non c’è nulla che non si mangerebbe già in famiglia.
Sembra quindi che l’autosvezzamento sia assolutamente una scelta consapevole ed etica, che permette anche alla famiglia di risparmiare molti soldi in omogeneizzati e in prodotti per l’infanzia che sono sicuramente più ricchi di conservanti e di sostanze che possono essere nocivi.
Sicuramente uno dei motivi principali è il fatto che appunto bambini inizieranno a mangiare quello che mangiamo i genitori, quindi c’è più libertà anche quando si esce fuori al ristorante o per una gita: non si dovranno comprare gli omogenizzati o preparare il brodo vegetale in quantità.
Tra i contro c’è l’idea che sia meglio introdurre dei nuovi alimenti in maniera graduale in modo che non si verifichino intolleranze o allergie (con l’autosvezzamento però il fatto che s’introducano tutti i cibi presto permette al contrario di individuarle presto). Anche il fatto che il bambino possa soffocare è tra i motivi per i quali si sceglie lo svezzamento tradizionale.
Se avete bisogno di saperne di più, potete informarvi su questi libri, suggeriti dal sito autosvezzamento.it:
– Lucio Piermarini, Io mi svezzo da solo!
– Gill Rapley e Tracey Murkett, Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo (ovvero Baby-led Weaning tradotto in italiano)
– Grazia De Fiore e Jack Newman, Svezzamento e allattamento
– Luciano Proietti, Figli vegetariani
– Carlos Gonzalés, Il mio bambino non mi mangia. Consigli per prevenire e risolvere il problema
– Andrea Re, La questione cibo, un libro sul baby food e non solo
E voi unimamme cosa ne pensate? Intanto vi lasciamo con il post che parla di come l’autosvezzamento non sia pericoloso per i bambini ma a 3 condizioni.
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