Il papà di Alfie Evans riceve un premio per il suo coraggio, mentre il caso del bimbo inglese continua a scuotere le coscienze.
Il caso di Alfie Evans, bimbo inglese di 23 mesi affetto da una gravissima condizione neurodegenerativa morto una settimana fa dopo quasi cinque giorni dal distacco del ventilatore meccanico, deciso dall’ospedale Alder Hey di Liverpool, dove era ricoverato in terapia intensiva da dicembre 2016, e confermato dai tribunali del Regno Unito e dalla Corte di Strasburgo, nonostante la strenua opposizione dei giovani genitori Tom e Kate, tiene aperte molti interrogativi.
La storia di Alfie ha commosso l’opinione pubblica, soprattutto italiana quando il nostro Paese si è interessato del caso del bimbo inglese, concedendogli la cittadinanza per agevolarne il trasferimento all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che si era offerto di trattare il piccolo e dare ospitalità alla famiglia. Fino all’ultimo in molti hanno sperato che Alfie potesse essere trasferito in Italia, fino alla sentenza finale della Corte di Appello che non ha lasciato più alcuna possibilità. Nelle ore immediatamente successive al verdetto, i genitori di Alfie hanno accettato una riconciliazione con l’ospedale, dopo mesi di battaglie, per portare Alfie a casa, ma non c’è stato più tempo, il bimbo è morto nelle prime ore di sabato 28 aprile, con mamma e papà che gli sono rimasti accanto per tutto il tempo, anche nelle ore successive alla morte.
Una vicenda straziante che non finisce qui, ma apre ora una discussione sui temi tanto delicati del fine vita, dell’accanimento terapeutico e dell’opportunità della sospensione di cure e trattamenti. Temi che quando coinvolgono i bambini sono ancora più difficili. Evitare che in futuro si ripetano scontri tra famiglie dei piccoli malati e le strutture sanitarie dove sono ricoverati è fondamentale. Gli stessi genitori di Charlie Gard, il bimbo inglese che ha anticipato il caso di Alfie, anche lui morto dopo il distacco delle macchine che lo tenevano in vita a causa della gravissima malattia incurabile da cui era affetto, stanno lavorando per far cambiare la legge inglese ed evitare in futuro dolorosi conflitti tra familiari dei pazienti e medici.
Un impegno al quale sono chiamati tutti. Nel frattempo rimangono aperte le questioni critiche sul caso di Alfie, le perplessità sollevate da più parti.
Lo scorso primo maggio, Tom Evans, il papà di Alfie è apparso in pubblico, per la prima volta dalla morte del figlio. L’occasione è stata quella la cerimonia di premiazione di fine stagione della squadra di calcio Everton FC, alla Liverpool Philiharmonic Hall.
Tom ha ricevuto il premio speciale ‘Chairman’s Blueblood Award‘. La squadra di calcio dell’Everton a inizio anno aveva concesso una generosa donazione di 10.00 sterline a Tom e Kate per sostenere le spese nella battaglia legale per Alfie e il bambino è stato eletto membro onorario della squadra. Tom è stato introdotto sul palco dal presidente del club, Bill Kenwright.
Sono stati momenti di grande commozione, il papà di Alfie indossava un completo blu, ha ringraziato tutti soprattutto per il sostegno avuto in questi mesi, ma è apparso visibilmente scosso e provato.
Tom ha raccontato ai presenti che da bambino sognava di diventare un calciatore dell’Everton e di seguire le orme di Wayne Rooney, famoso calciatore inglese, capitano dell’Everton. Non potendo diventare come Roney, Tom ha detto di aver sognato che suo figlio Alfie diventasse un calciatore. Ha detto che avrebbe voluto portare Alfie alle partite, andare insieme a tifare allo stadio, urlare a squarciagola e tornare a casa senza voce. Un racconto che ha stretto il cuore dei presenti.
Il giorno prima che Alfie morisse, il 27 aprile 2018, l’Osservatorio sui Diritti dei Minori, un comitato scientifico costituito da sociologi, psicologi, neuropsichiatri infantili, operatori della Polizia di Stato, legali, ecc., presieduto da Antonio Marziale, ha sollevato dure critiche contro la giustizia britannica sul caso di Alfie Evans, accusando il Regno Unito di violare la Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo. In un comunicato pubblicato sul sito web dell’Osservatorio di legge:
“L’articolo 6, comma 1 e 2, della Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo, contempla che ‘Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita, ed assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo‘. Le modalità di trattamento riservate al piccolo Alfie Evans dimostrano che l’Inghilterra si sia posta fuori dalla Convenzione“.
Sono le affermazioni del sociologo Antonio Marziale, precisando quanto segue:
“Secondo i dettami dell’articolo 24 della Convenzione: ‘Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi‘. L’avere staccato dal respiratore Alfie, senza riconoscere ai genitori il diritto di fruire del servizio medico offerto dall’Italia, rende l’Inghilterra omissiva e pertanto è auspicabile che l’Onu provveda a omettere il Regno Unito dai paesi firmatari”. Parole molto dure, che però non hanno avuto un seguito.
Nel frattempo la Steadfast ONLUS conferma la manifestazione del 12 maggio prossimo a Roma, davanti alla Bocca della Verità, in sostegno dei bambini come Alfie e invita alla mobilitazione.
Tom Evans sul palco della cerimonia di premiazione dell’Everton FC.
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