Il calciatore che dedica i gol alla mamma uccisa dal padre. Una storia commovente, di dolore e riscatto.
Si chiama Jakub Blaszczykowski, per tutti Kuba, nome più facile da pronunciare, ha 32 anni ed è un calciatore polacco in questi giorni impegnato con la sua nazionale ai Mondiali in Russia. Kuba è un centrocampista e gioca nel campionato tedesco con la squadra del Wolfsburg; qualche anno fa ha giocato in Italia, nella Fiorentina. Ma non è tanto della carriera di questo bravo calciatore che vogliamo parlarvi, quanto della sua storia straordinaria. Una storia di dolore e di riscatto.
Prima di diventare un campione del calcio, Kuba Jakub Blaszczykowski è stato un bambino con una storia tragica: all’età di soli 10 anni è stato testimone dell’uccisione della madre da parte del padre. Uno di quei terribili episodi che oggi chiamiamo femminicidi, ma che nessun bambino dovrebbe mai vivere sulla sua pelle. I piccoli a cui viene uccisa la mamma dal papà rimangono di fatto orfani di entrambi i genitori e subiscono traumi gravissimi, spesso irrecuperabili. L’estrema violenza dell’evento potrebbe trasformarli a loro volta in persone violente una volta diventati adulti. Questo, per fortuna non è stato il caso di Kuba.
Il giovane calciatore ricorda ancora con estrema precisione la tragedia: era il 1996 e suo padre Zygmunt uccise a coltellate sua madre Anna. Il piccolo Jakub, testimone del delitto si chiuse in camera sua, dove rimase per cinque giorni a letto, da solo.
“Non dimenticherò mai quel giorno, fa parte di me. Mi ha sconvolto la vita, ma mi ha anche dato la forza per andare avanti e diventare quello che sono. Adesso non mi spaventa nulla, so che qualsiasi cosa mi possa accadere ho già vissuto di peggio“, ha detto il calciatore che ha raccontato la sua tragica infanzia dell’autobiografia “Kuba”.
Dopo l’uccisione della mamma, il piccolo Jakub rimane solo con il fratello Dawid, una infanzia sconvolta e una vita tutta da ricostruire. Il padre verrà condannato a 15 anni di carcere per l’uccisione della moglie, mentre Kuba e il fratello vengono affidati alla nonna materna Felicja e allo zio Jerzy Brzeczek che li cresceranno al posto dei genitori. Sarà proprio lo zio calciatore, ex centrocampista e giocatore della nazionale polacca, con circa quaranta presenze in nazionale, a trasmettergli la passione per il calcio e a “salvare” la sua giovinezza.
Il piccolo Jakub dedica tutto sé stesso al calcio, ma per lui la strada comincia in salita. All’età di 15-16 anni è ancora piccolo, alto appena 1 metro e 55 centimetri, poi per fortuna cresce e arriva a 1 metro 75 centimetri. Dedica tutto il suo tempo al calcio e agli allenamenti, trascurando la vita sociale e gli amici, ma l’impegno lo aiuta a diventare un bravo calciatore, ad ottenere un ruolo e forse a dare un senso alla sua vita.
Grazie all’impegno costante e tenace sotto la guida dello zio Jerzy, Jakub cresce, come persona e come calciatore, diventa un ragazzo di promettente e riesce a diventare calciatore professionista. Nel 2005 Jakub fa un provino per la squadra del Wisła Cracovia, nella serie A polacca, e fa subito una buona impressione all’allenatore, che decide di farlo giocare subito come titolare, con l’esordio nella partita contro il Polonia Varsavia. Per Jakub è l’inizio della carriera da professionista e di una nuova vita. Per tutti diventa Kuba.
Jakub Blaszczykowski gioca nel Wisła Cracovia per due stagioni e fa il suo esordio con la nazionale polacca, poi nel 2007 viene acquistato da una grande squadra europea, il Borussia Dortmund. Nel campionato tedesco Jakub si afferma definitivamente a livello europeo. Nel 2008 viene nominato calciatore polacco dell’anno e nel 2010 vince con il Borussia Dortmund il campionato tedesco della Bundesliga e gioca la finale di Champions league.
I successi di calciatore non fanno dimenticare a Kuba le sue origini e quella mamma che gli è stata portata troppo presto. Ogni volta che segna un gol, Kuba alza le mani e gli occhi al cielo, per dedicarlo alla mamma. Non ha mai dimenticato né rinunciato a farlo, nemmeno quando viene travolto dall’entusiasmo dei compagni di squadra dopo aver messo a segno una rete. Kuba si ferma, alza le braccia e gli occhi al cielo, alle volte si inginocchia. Qualcuno può pensare ad una singolare forma di esultanza, al ringraziamento ad una divinità benevola, ma quei gesti di esultanza sono tutti per mamma Anna. Tra partite nei club e in nazionale, Kuba ha segnato 70 gol, tutti dedicati a sua madre. Aspettiamo di vederlo esultare anche ai Mondiali.
Che ne pensate unimamme di questa storia?
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