La nascita in Italia: il Certificato di assistenza al parto – Cedap 2015
Il Ministero della Salute ha da poco pubblicato i dati del rapporto Cedap, Certificato di assistenza al parto riferiti al 2015. Il rapporto presenta ogni anno tutte le informazioni riguardanti l’evento della nascita in Italia, su tutto il territorio nazionale. Una rilevazione istituita nel 2001 e che costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita, rappresentando uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale.
Vi proponiamo i dati dell’ultimo rapporto Cedap, Certificato di assistenza al parto relativi all’anno 2015. Il rapporto è stato pubblicato sul sito web del Ministero della Salute il 7 agosto 2018.
Anche in questa edizione, come nella precedente, è stato analizzato il fenomeno del ricorso al taglio cesareo attraverso lo studio dei parti nelle Regioni italiane in base alla classificazione Robson, raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità come standard globale per la valutazione, il monitoraggio e il benchmarking longitudinale e trasversale sul ricorso al taglio cesareo.
I dati sull’evento nascita in Italia nel 2015.
Su un totale di 500 punti nascita in Italia, i parti in ospedale sono stati nel 2015 il 100,2% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO), con un numero di nati vivi pari al 99,8% di quelli registrati presso le anagrafi comunali nello stesso anno.
I parti sono avvenuti:
Il 62,2% dei parti avviene in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 172, rappresentano il 34,4% dei punti nascita totali.
Il 6,7% dei parti ha luogo invece in strutture con meno di 500 parti annui.
Nel 2015, il 20% dei parti ha riguardato madri di cittadinanza non italiana. Un fenomeno maggiormente diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera: al Centro-Nord, dove più del 25% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna e Lombardia, il 30% delle nascite è riferito a madri straniere.
L’età media della madre è
I valori mediani sono invece di 33 anni per le italiane e 30 anni per le straniere.
L’età media al primo figlio è per le donne italiane, quasi in tutte le Regioni, superiore a 31 anni, con variazioni sensibili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Invece, le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 28,4 anni.
Le donne che hanno partorito nell’anno 2015 hanno
Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa, al 46,4%.
Parlando di lavoro:
La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2015 è per il 52,9% quella di casalinga a fronte del 62,2% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.
Parlando di visite e ecografie:
Riguardo alle tecniche diagnostiche prenatali invasive, sono state effettuate in media 8,3 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale, alle madri con più di 40 anni, il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nel 25,91% dei casi.
Al momento del parto, escluso il taglio cesareo, la donna ha accanto a sé
La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta influenzata dall’area geografica.
Il rapporto Cedap 2015 conferma il ricorso eccessivo al parto cesareo, ovvero con taglio chirurgico. In media, il 34,2% dei parti del 2015 è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionale (la Campania è ancora la regione dove si praticano più tagli cesarei in assoluto), comunque in numero eccessivo, secondo gli standard.
Un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo si riscontra nelle case di cura accreditate, in cui si registra il taglio cesareo in circa il 52,5% dei parti contro il 31,9% negli ospedali pubblici.
Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 27,7% dei parti di madri straniere e nel 36% dei parti di madri italiane.
Parlando di peso dei bambini:
Nel 2015 sono stati registrati 1.391 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità pari a 2,86 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.781 casi di malformazioni diagnostiche alla nascita. L’indicazione della diagnosi è presente rispettivamente solo nel 20,6% dei casi di natimortalità (e questo è un serio problema) e nel 81,3% di nati con malformazioni.
Il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) è effettuato in media 1,78 gravidanze ogni 100. Il numero dei nati vivi concepiti mediante tecniche di PMA è pari a 10.363 casi (corrispondenti al 2,14% dei nati vivi totali registrati dal CeDAP).
Per l’anno 2015, escludendo i trattamenti “solo farmacologici”, non presenti nel Registro della PMA, il flusso informativo del CeDAP evidenzia un numero complessivo dei nati vivi concepiti mediante PMA pari a 9.855 casi. Tale valore risulta inferiore di circa il 23% rispetto al numero dei nati vivi presenti nel Registro della PMA del medesimo anno (12.836 casi).
La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).
Per ulteriori informazioni il documento del rapporto Cedap – Certificato di assistenza al parto 2015.
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