Per l’Italia si tratta di un passo importante, il bimbo infatti è il primo nato da una mamma ex paziente oncologica con tessuto ovarico crioconservato.
La mamma di questo piccino piccino è un medico trentacinquenne che nel 2015 ha scoperto di avere un cancro. Nel libro “Un giorno saprai” la donna ha raccontato la sua storia.
“Difficilmente potrò darti dei bambini” aveva detto al marito subito dopo aver scoperto di avere il cancro.
«Questa storia rappresenta un risultato molto importante dal punto di vista scientifico – commenta Renato Seracchioli, direttore dell’unità operativa di ginecologia e fisiopatologia della riproduzione umana del Sant’Orsola, che ha condotto in prima persona sia il prelievo sia il reimpianto del tessuto ovarico nella paziente -. La gravidanza è giunta a termine senza alcuna complicazione e la donna ha partorito in maniera spontanea. È questo il messaggio che vorrei arrivasse chiaro alle donne che si ammalano di cancro in età fertile. Ci sono diverse alternative per preservare la fertilità, in modo da poter coltivare la speranza di avere un figlio una volta messa alle spalle la malattia. I dati, a livello mondiale, ci dicono che le probabilità di poter concludere con successo una gravidanza dopo un reimpianto di tessuto ovarico crioconservato sfiorano il quaranta per cento». Numeri molto vicini a quelli che accompagnano il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, come ricordato in occasione del quarantesimo compleanno di Louise Brown: la prima bambina nata in provetta.
A quel punto gli specialisti del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, coordinati da Raffaella Fabbri, responsabile del laboratorio di crioconservazione di tessuto ovarico e altre colture cellulari, le hanno spiegato che esisteva comunque una possibilità di avere un figlio, un giorno. Il Sant’Orsola è infatti il centro italiano con la maggiore casistica di prelievo e conservazione del tessuto ovarico.
Una volta completate le cure contro il cancro alla donna, all’inizio del 2017 alla donna è stato reimpiantato il tessuto ovarico che era stato prelevato anni prima.
Dopo la fecondanzione avvenuta naturalmente la gravidanza è proseguita spontaneamente. Nel frattempo questa donna si è laureata e ora è medico.
“La gravidanza è giunta a termine senza alcuna complicazione e la donna ha partorito in maniera spontanea. È questo il messaggio che vorrei arrivasse chiaro alle donne che si ammalano di cancro in età fertile. Ci sono diverse alternative per preservare la fertilità, in modo da poter coltivare la speranza di avere un figlio una volta messa alle spalle la malattia. I dati, a livello mondiale, ci dicono che le probabilità di poter concludere con successo una gravidanza dopo un reimpianto di tessuto ovarico crioconservato sfiorano il quaranta per cento” ha commentato Renato Seracchioli, direttore dell’unità operativa di ginecologia e fisiopatologia della riproduzione umana del Sant’Orsola.
Solitamente, al fine di preservare la fertilità dopo le cure oncologiche si effettua la crioconservazione degli ovociti. In questo caso specifico di cui vi stiamo parlando la mamma ha dovuto usare il trapianto di tessuto ovarico perché non poteva essere sottoposta a stimolazione ovarica.
Il bimbo nato è un maschietto ma, naturalmente, sulla sua identità, vige il massimo riserbo.
In realtà nel 2012 un’altra paziente aveva avuto un figlio dopo aver conservato e reimpiantato il tessuto ovarico. La piccola nata si chiamava Aurora ed era venuta alla luce presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino. La donna era però talassemica e per questo si era dovuta sottoporre a chemioterapia ad alte dosi.
Nel mondo si parla di 130 nascite grazie al tessuto ovarico crioconservato.
Unimamme, voi cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su La Stampa?
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