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Perché siamo tutti un po’ disabili (e dovremmo ricordarcelo)

Published by
Valentina Colmi

Ad una festa di un bambino autistico si è presentato solo un compagno di classe. Ecco perché dovremmo ricordarci di essere tutti un po’ disabili.

Vi abbiamo parlato del bambino di 4 anni autistico, alla cui festa non si è presentato nessuno tranne un compagno.

Subito dopo la notizia, sono usciti nuovi elementi come il fatto che la mamma sia una sostenitrice no vax e che ritenga che il figlio sia stato danneggiato da vaccino. A questo si aggiunge il fatto che la mamma abbia chiesto di non portare regali alla festa, ma di fare una donazione all’associazione Il Sentiero di Nicola, fondata da lei per pagare le cure del figlio.

Ora, io sono assolutamente pro vaccini e ormai è risaputo che l’autismo sia una condizione genetica e che i vaccini non c’entrino nulla, per cui su questo non sono d’accordo con la mamma del bambino, ma non capisco perché in ogni caso le persone non siano più educate. I genitori avrebbero dovuto spiegare nella chat di classe le loro motivazioni, oppure scrivere alla mamma che non se la sentivano per i motivi che abbiamo detto sopra. Se imparassimo a parlarci di più e a dare le risposte e le reazioni degli altri meno per scontate, vivremmo tutti meglio.

Oltre a questo: a 4 anni i bambini hanno ampiamente terminato le vaccinazioni obbligatorie, per cui non ci sarebbe stato alcun pericolo. Si dice poi che la festa fosse alle 18 in settimana: beh, a me è capitato di portare le miei figlie a dei compleanni infrasettimanali e nessuno si è mai lamentato.

Invece credo che il problema di fondo sia un altro: il diverso fa paura. E sia chiaro: non intendo diverso in senso dispregiativo, ma come qualcosa che esula dalla presunta normalità. Un bambino autistico si esprime benissimo, solo che noi non lo capiamo. Ha il proprio modo di comportarsi e la scuola e la comunità dovrebbero lavorare insieme affinché questi bimbi crescano in un ambiente sereno che non sia solo quello famigliare. Perché sono le madri e i padri che devono fare tutta la fatica? Perché anche gli altri genitori non compiono uno sforzo per accogliere invece di allontanare? Ricordiamoci che i nostri figli imparano con l’esempio e che cosa capiranno? Che la disabilità è qualcosa da temere, di cui non parlare, forse che addirittura non esiste.

Qui essere no vax o meno c’entra poco. Qui c’entra la maleducazione, il poco rispetto e l’assoluta incapacità di guardare al di là del proprio naso. Voglio raccontare questo episodio: anni fa io e mio marito facemmo un video per un’associazione di ragazzi disabili. Uno di questi, tra i più anziani – se non sbaglio all’epoca aveva quasi 40 anni – in carrozzina da sempre, ci disse una cosa che mi porterò sempre nel cuore: “Tutti a modo nostro, con i nostri problemi, con le nostre insicurezze siamo disabili“.

Ed è proprio così: noi che abbiamo il dono della parola, delle gambe, dell’eloquio pensiamo di essere superiori agli altri, di non essere “rotti”, come se chi fosse portatore di disabilità avesse bisogno di essere aggiustato. Siamo noi che non siamo abbastanza in ascolto, che non ci sforziamo abbastanza, che non apprendiamo nuovi linguaggi perché è faticoso e preferiamo rimanere ignoranti nella nostra arroganza. Crediamo che il modo giusto sia che gli altri si adeguino a noi e non il contrario. Siamo convinti di sapere tutto, ma non sappiamo niente.  Anche perché l’autismo non è contagioso, la stupidità sì.

E voi unimamme cosa ne pensate?

Intanto vi lasciamo con il post che parla di  Elio e di suo figlio con l’autismo: “questa condizione si può affrontare”.      

Valentina Colmi

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