Terremoto e tsunami in Indonesia, oltre 1.300 di vittime, seppellite nelle fosse comuni, circa 50 mila sfollati, 200 mila persone bisognose di aiuto, di cui 46 mila bambini.
Venerdì 28 settembre 2018 l’Indonesia è stata colpita da un violentissimo terremoto di magnitudo 7.5 sulla scala Richter che ha causato anche uno tsunami devastante. La devastazione ha colpito il particolare la località di Palu, sull’isola di Sulawesi. Si stimano oltre 1.300 vittime, ma la conta non è finita. Nel frattempo i sopravvissuti hanno bisogno di tutto. A rischio i bambini.
Dopo i morti e le devastazioni del terremoto e tsunami del 28 settembre, è corsa contro il tempo sull’isola di Sulawesi, in Indonesia. Si cercano gli ultimi dispersi che possano essere ancora in vita, che possano magari aver trovato rifugio in qualche luogo rimasto isolato, come è successo per circa una ventina di superstiti, ritrovati a Nord lungo la fascia costiera.
Soprattutto si cerca, come si può, di prestare aiuto ai sopravvissuti, rimasti senza un tetto sulla testa, con le case spazzate via dalla furia del mare, e bisognosi di tutto: acqua, cibo, medicine e altri generi di prima necessità.
Dopo quattro giorni in strada alcuni gruppi di persone affamate hanno assaltato i negozi abbandonati. Le scorte di cibo, infatti, sono terminate e non c’è più niente da mangiare, mentre gli aiuti arrivano a fatica a causa delle strade interrotte e delle difficoltà nei collegamenti tra macerie, alberi spezzati, pali divelti. I mezzi dell’esercito hanno fatto fatica a raggiungere alcune zone a nord dell’isola, mentre agenti armati di polizia sono stati schierati per evitare gli atti di sciacallaggio davanti a negozi e pompe di benzina. Si sono verificati scontri tra polizia e cittadini esasperati per la mancanza di cibo e gli aiuti che stentano ad arrivare. Perfino i convogli umanitari che portano gli aiuti vengono scortati dalla polizia.
In questo scenario apocalittico, in cui lo tsunami si è mangiato interi villaggi, ha distrutto case e coste, trascinato automobili nei posti più impensabili, continua l’angosciante conta dei morti. Il bilancio ufficiale delle vittime è stato aggiornato a oltre 1.300 persone morte, 1.344 per la precisione, come ha riferito il portavoce dell’agenzia nazionale per le calamità Sutopo Purwo Nugroho, e purtroppo è destinato ancora a salire. Tra i cadaveri sono stati trovati anche 34 studenti di teologia, morti nel crollo di una chiesa. Anche questo numero potrebbe salire, poiché i 34 morti facevano parte di un gruppo di 86 studenti di un ritiro nella Chiesa di Jonooge, nel distretto di Sigi. Gli altri 52 studenti sono dispersi.
Nel frattempo nelle zone devastate dallo Tsunami è scoppiato il rischio di epidemie, come accade spesso in questi casi, a causa della mancanza di alloggi dove trovare riparo, di acqua potabile, cibo, pulizia. Proprio per scongiurare le epidemie si è deciso di seppellire le vittime in fosse comuni, dopo aver completato le procedure di riconoscimento o anche senza, perché il rischio è troppo elevato. Le autorità indonesiane stanno scavando una gigantesca fossa comune.
Potrebbero esserci altri morti, visto i dati non ancora definitivi e l’emergenza tutt’ora in corso. I soccorritori devono raggiungere ancora diverse zone dell’isola di Sulawesi. Una ventina di persone sono state trovate ancora vive sulla cost a Nord.
Un’altra località duramente colpita è Donggala, sulla penisola a nord-ovest di Palu, a circa 27 km dall’epicentro del terremoto.
In questa drammatica situazione ad avere la peggio sono i bambini, i più esposti al rischio di epidemie e infezioni e purtroppo anche abusi. Alla disperata ricerca di cibo e acqua potabile i bambini chiedono l’elemosina per strada. Altri, invece, stanno con le loro famiglie nei campi degli sfollati all’aperto, coperti con tende e ripari di fortuna.
Il numero degli sfollati, causati da terremoto e tsunami, è di circa 50mila persone. Anche questo è un numero destinato ad aumentare. La disperazione tra la popolazione è tale che circa in 3000 si sono presentati all’aeroporto di Palu, o meglio lo hanno assaltato, nel tentativo di prendere un aereo e scappare. All’aeroporto operano soprattutto voli militari e pochi commerciali.
Alla catastrofe naturale rischiano di sommarsi gli episodi di violazione in case e negozi per atti di sciacallaggio, ma anche quello dei detenuti in libera circolazione: subito dopo il terremoto e tsunami, 1.200 detenuti sono evasi da due penitenziari di Palu e Donggala.
Secondo una stima dell’Onu sono 191mila, fra cui 46mila bambini e 14mila anziani, le persone che hanno bisogno di aiuti umanitari urgenti, molti in aree difficili da raggiungere. Medici senza frontiere ha attivato le sue strutture e ha inviato un team di medici ed esperti di logistica, igiene e potabilizzazione dell’acqua. Anche la Chiesa indonesiana sta valutando i danni di terremoto e tsunami e sta predisponendo gli aiuti alle persone colpite, con una base a Palu. Dalla Caritas italiana è arrivato subito una somma in denaro di 100.000 euro. Mentre Cooperazione italiana ha disposto un finanziamento di 200mila euro a favore della popolazione colpita.
L’Unicef è intervenuta per denunciare le drammatiche condizioni di decine di migliaia di bambini a Palu, Donggala e altre aree colpite di Sulawesi. Una portavoce di Unicef Indonesia, Amanda Bissex ha detto: “Hanno bisogno di aiuti urgenti per riprendersi. Molti hanno perso i propri cari, le case, quartieri e tutto ciò che era loro familiare“.
Il terremoto del 28 settembre in Indonesia è avvenuto poco dopo le 18.00, ora locale. Quando in Italia erano le 12.00. Si sono verificate due violente scosse, una di magnitudo 6.1 e una di 7.5, quindi è arrivato lo tsunami che con una serie di onde anomale ha portato via tutto.
Un’altra scossa di terremoto, di magnitudo 6.3, si è verificata la mattina del 2 ottobre, quando in Indonesia erano le 7.59 e in Utalia le 1.59, al largo dell’isola di Sumba.
Infine un vulcano, il Soputan a Sulawesi, ha eruttato e si sospetta che l’eruzione sia dovuta al sisma.
Una tragedia di portata immensa, cosa dire unimamme?
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