Lo scorso 17 ottobre 2018, in occasione della Giornata mondiale di lotta contro la povertà, la Caritas Italiana ha presentato a Roma, presso la Fondazione CON IL SUD, il suo Rapporto 2018 su povertà e politiche di contrasto dal titolo “Povertà in attesa”.
I dati hanno mostrato l’incremento vertiginoso della povertà in Italia negli ultimi dieci anni. Un fenomeno che coinvolge sempre di più i giovani e sempre quelli meno istruiti. La povertà in Italia, infatti, comincia dalla scuola e si può parlare di povertà educativa, che colpisce i ragazzi delle famiglie meno abbienti perpetuando la loro povertà economica.
Il Rapporto Povertà 2018 della Caritas parla chiaro: la povertà in Italia è prima di tutto una povertà educativa, ovvero basso livello di istruzione e debolezza del capitale formativo delle famiglie, e per questi motivi colpisce soprattutto i più giovani.
Sono dati allarmanti quelli presentati a Roma dalla Caritas Italiana, in occasione Giornata mondiale di lotta contro la povertà, con il Rapporto 2018 su povertà e politiche di contrasto: “Povertà in attesa”.
Per la prima volta, il rapporto integra due parti: il 17° “Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia” e il 5° “Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia“, con l’intento di offrire uno strumento aggiornato di studio ed approfondimento e per stimolare l’azione delle istituzioni civili. A questo scopo ha preso in esame l’attuazione in Italia del Reddito di Inclusione (REI), introdotto nel 2017, che tuttavia dovrebbe essere sostituito dal cosiddetto Reddito di Cittadinanza, in via di definizione nel Documento di economia e finanza del governo.
La povertà in Italia è prima di tutto una povertà educativa, dovuta ad un basso livello di istruzione e alla scarsità di mezzi e opportunità. Un fenomeno che nel nostro Paese è soprattutto ereditario e a sua volta favorisce la trasmissione intergenerazionale della povertà economica. I dati raccolti dai centri di ascolto della Caritas confermano, infatti, la forte correlazione tra livelli di istruzione e povertà economica, e dimostrano anche un’associazione tra livelli di istruzione e cronicità della povertà.
Esiste uno “zoccolo duro” di disagio, precisa la Caritas, che assume connotati molto simili a quelli esistenti prima della crisi economica del 2007-2008, con la sola differenza che oggi il fenomeno è esteso a più soggetti. La Caritas li definisce “esercito di poveri” in attesa, che non sembra trovare risposte e le cui storie si connotano per un’allarmante cronicizzazione e multidimensionalità dei bisogni.
Negli ultimi dieci anni, la povertà assoluta in Italia è cresciuta del 182%. Sono in condizione di povertà assoluta le persone che non riescono a raggiungere uno status di vita dignitoso. Tra il 2016 e il 2017 nonostante una timida ripresa economica e occupazionale, i poveri assoluti in Italia sono passati da 4 milioni 700 a 5 milioni 58 mila. Numeri che fanno spavento.
L’altra caratteristica, che dovrebbe allarmare, della povertà in Italia è che colpisce soprattutto i giovani. Da circa 5 anni, infatti, la povertà assoluta tende ad aumentare al diminuire dell’età. Sono i giovani dunque la categoria più svantaggiata (nonostante la cattiva informazione tenda a rappresentare come poveri solo gli anziani).
Individui in povertà assoluta:
Tra i fattori che più incidono sulla povertà c’è l’istruzione. Oggi ancora di più che in passato. Dal 2016 al 2017 sono peggiorate le condizioni delle famiglie in cui la persona di riferimento ha la sola licenza elementare (l’incidenza della povertà è passata dal 8,2% al 10,7%). Mentre è decisamente migliore la situazione delle famiglie in cui il “capofamiglia” ha almeno un titolo di scuola superiore (incidenza della povertà al 3,6%).
Riguardo alla cittadinanza, la povertà assoluta è al di sotto della media per le famiglie di soli italiani (5,1%), sebbene in leggero aumento rispetto allo scorso anno. Invece è a livelli molto elevati per le famiglie con soli componenti stranieri (29,2%). Lo situazione di vantaggio per gli immigrati non è una novità, ma nell’ultimo anno si è rafforzata. Per semplificare:
Le persone incontrate dagli operatori della Caritas nei centri di ascolto sono per il 42,2% di cittadinanza italiana, il 57,8% straniera.
Al Nord e al Centro, le persone prese in carico dalla Caritas sono soprattutto straniere (rispettivamente il 64,5% e il 63,4%), mentre al Sud le persone assistite sono in maggioranza italiani (67,6%).
Nel corso del 2017, la Caritas ha incontrato 197.332 persone nei suoi 1.982 Centri di ascolto (il 58,9% del totale) collocati in 185 diocesi. Rispetto al 2016 si registra un calo del numero medio di persone incontrate in ciascun centro (da 113,9 a 99,6) e allo steso tempo un incremento del numero medio di ascolti (dal 3,2 a 6,6). Dunque, le storie di povertà che arrivano alla Caritas diminuiscono, ma sono più complesse, croniche e multidimensionali. Cresce, infatti, la quota, già alta, di chi vive in situazione d fragilità da 5 anni e oltre (dal 18,7% del 2016 al 22,6% del 2017).
Riguardo al genere, nel 2017 gli uomini in povertà che accedono ai servizi della Caritas sono aumentati rispetto alle donne. Un fenomeno dovuto alle dinamiche migratorie: arrivano meno donne dall’Est Europa, impegnate come badanti, mentre aumentano i migranti provenienti dai Paesi africani, richiedenti asilo e profughi, soprattutto uomini.
L’età media delle persone incontrate nei centri di ascolto è di 44 anni. I giovani, in genere, tra i 18 e i 34 anni sono la classe con il maggior numero di presenze (25,1%). Tra i soli italiani prevalgono le persone di 45-54 anni (29,3%) e 55-64 anni (24,7%); i pensionati sono invece il 15,6%.
Nel 2017 si è registrato un incremento delle persone senza dimora e delle storie con un minor capitale relazionale ovvero famiglie uni-personali. Ancora oggi in Italia, la rottura dei legami familiari può portare ad uno stato di povertà. Rimangono stabili, invece, i cosiddetti working poor, i lavoratori poveri che ricevono dal loro lavoro un reddito non sufficiente per vivere.
Infine, il Rapporto Povertà della Caritas conclude con una valutazione del REI il Reddito d’Inclusionee (REI) introddotto dal 1 dicembre 2017. In sei mesi, fino al giugno 2018 ha ricevuto questa forma di sussidio il 60% degli aventi diritto (poco più di 1 milione su 1,7 milioni totali). Una percentuale importante per una misura nuova. Dal 1 giugno 2018, poi, sono venuti meno i criteri familiari e la grave povertà costituisce lunico requisito d’accesso. Questo significa che la platea degli aventi diritto si è allargata fino a raggiungere la quota di circa 2,5 milioni d’individui, ovvero la metà dei 5 milioni in povertà assoluta oggi presenti in Italia. La Caritas sottolinea la necessita di estendere la platea degli aventi diritto al REI agli altri poveri assoluti non ancora coperti, ma soprattutto suggerisce di non stravolgerne l’impianto, per assicurare la continuità delle politiche nazionali. Il riferimento è ovviamente al Reddito di cittadinanza, di cui ancora non si conosce come funzionerà e come sarà applicato.
Il Rapporto della Caritas sulla povertà in Italia lo trovate qui: www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/allegati/7847/Poverta%20in%20Attesa_Sintesi.pdf
Infografica: www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/allegati/7847/Infografica%206.pdf
Che ne pensate di questi dati unimamme?
Sulla povertà dei più giovani in Italia, ricordiamo il nostro articolo: Povertà infantile in Italia: i numeri di un dramma, a rischio il futuro del Paese
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