Plastica nel sale e nella birra: ne ingeriamo in gran quantità. Il risultato sconvolgente di una ricerca.
Uno studio scientifico ha rivelato la quantità di plastica che ingeriamo ogni giorno sia attraverso il cibo, ma anche dall’aria che respiriamo. Nell’ambiente, infatti, la plastica si frantuma e polverizza in tante minuscole particelle, le micropalstiche, presenti ovunque.
Il sale è pieno di plastica e ne assumiamo tutti i giorni, in quantità impressionanti, senza saperlo. Non esiste sale al mondo, a parte alcuni tipi di sale rarissimo e particolare, che non sia contaminato da particelle minuscole di plastica. Le microplastiche non le vediamo e non ce ne accorgiamo, ma sono ovunque nell’ambiente. Sono i residui dei rifiuti che produciamo in continuazione, senza essere consapevoli dei danni ambientali e alla fine alla nostra salute che stiamo causando. Perché alla fine tutto torna indietro.
Lo studio si intitola: “Global Pattern of Microplastics (MPs) in Commercial Food-Grade Salts: Sea Salt as an Indicator of Seawater MP Pollution“, “Modello globale di microplastiche in sali commerciali alimentare: sale marino come indicatore di inquinamento di microplastiche in acqua di mare”. È stato pubblicato sulla rivista Environmental, science & technology.
Lo studio ha accertato che ogni anno ingeriamo 32 mila microplastiche a testa. Ovvero 32 mila frammenti minuscoli di plastica che entrano nel nostro corpo attraverso l’alimentazione o semplicemente respirando.
L’inquinamento da plastica è così diffuso che non ce ne rendiamo conto. La plastica si frantuma, ma rimane nell’ambiente perché, come sappiamo, non è biodegradabile.
La plastica come sappiamo inquina i mari e gli oceani e minaccia il loro habitat. Finisce nella catena alimentare, ingerita dai pesci, che poi a nostra volta mangiamo. Le microplastiche, ovvero le plastiche in frammenti o pallini, come quelli dei prodotti cosmetici, dai bagnoschiuma agli scrub per il viso sono ovunque: nell’aria, nell’acqua, nel cibo che ingeriamo e soprattutto nel sale.
Il sale non è altro ciò che rimane dalla evaporazione dell’acqua e contiene, inevitabilmente, anche i residui dell’inquinamento e appunto le microplastiche.
Lo studio citato è stato condotto da ricercatori sudcoreani del dipartimento di Scienze Marine, College di Scienze Naturali, della Università nazionale di Incheon insieme a Greenpeace. I ricercatori hanno esaminato 39 differenti marche di sale, prodotto in 21 diversi Paesi nel mondo: Australia, Bielorussia, Brasile, Bulgaria, Cina, Corea, Croazia, Filippine, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Pakistan, Regno Unito, Senegal, Stati Uniti, Taiwan, Thailandia, Ungheria e Vietnam. Di queste marche, 28 erano di sale marino proveniente da 16 Paesi nel mondo, di tutti i continenti, 9 erano di sale di roccia e due marche di sale di lago.
I ricercatori hanno trovato una gran quantità di microparticelle nel sale di tutte le marche, eccetto tre: un sale marino raffinato proveniente da Taiwan, un sale roccioso raffinato cinese e un sale marino non raffinato in Francia.
Tutti gli altri tipi di sale contenevano micro particelle di plastica. Proprio tramite il sale da tavola, hanno scoperto i ricercatori, assumiamo circa 2.000 microplastiche all’anno.
Come ci finiscono tutte queste microplastiche nel sale da cucina? Il sale, come abbiamo detto sopra, non è altro che ciò che rimane dall’evaporazione dell’acqua, di mare o di lago, che contiene a sua volta microplastiche. Il sale viene raccolto, impacchettato e messo in commercio, e lo consumiamo con questi inquinanti.
Gli scienziati hanno trovato microplastiche nel sale per anni, compreso il sale proveniente da Cina, Spagna e otto Paesi in Asia, Europa e Africa. Il nuovo studio coreano, tuttavia, va più a fondo, prendendo in esame il luogo dove il sale è stato prodotto. La provenienza è un ottimo indicatore della quantità di inquinamento da plastica che viene da una particolare regione nel mondo.
Infatti, gli scienziati oggi analizzano il sale per misurare l’inquinamento delle acque nei diversi luoghi del mondo. Una delle zone con il maggior inquinamento da microplastiche rinvenute nel sale è l’Asia. Il sale prodotto nei Paesi asiatici ha la maggiore quantità di microplastiche rispetto a tutti i campioni del mondo analizzati dai ricercatori coreani. Nove delle dieci marche di sale esaminate che avevano la più alta quantità di microplastiche provenivano da Paesi asiatici. Una circostanza che è correlata ai luoghi in cui la plastica entra più spesso nell’oceano.
L’Asia dunque è il “punto caldo” dell’inquinamento mondiale da plastica, come peraltro già indicato da studi precedenti. Questo risultato suggerisce che il sale prodotto in Asia può essere un buon indicatore dell’entità dell’inquinamento da microplastiche nell’ambiente marino circostante.
L’ulteriore brutta notizia che ci danno gli scienziati è che non solo un adulto medio nel mondo oggi ingerisce 2.000 microplastiche all’anno attraverso il sale, ma che questa è soltanto una piccola porzione delle microplastiche che una persona assume normalmente. La quantità maggiore, infatti, viene dalle microplastiche presenti nell’aria e che inaliamo tutti i giorni sia fuori che dentro casa.
Paragonando il sale all’aria, la quantità di microplastiche che assumiamo con il sale da cucina è pari al 6% del totale, mentre l’80% viene dall’aria che respiriamo. Per un totale di 32.000 microplastiche assunte in un anno da ciascun individuo.
Infine, le microplastiche le assumiamo anche dal pesce che mangiamo, dall’acqua di rubinetto e perfino dalla birra, quella prodotta con acqua pubblica.
Tutto questo per ricordarci che dobbiamo fare attenzione nel consumo della plastica, perché quella che gettiamo nei rifiuti non sparisce, ma ci torna indietro, nell’acqua e nel cibo che consumiamo, oltre che per via aerea. Con effetti sulla salute ancora tutti da scoprire.
Che ne dite unimamme? Eravate a conoscenza del fatto che plastica potesse contaminare ogni cosa, addirittura il sale?
Lo studio è stato segnalato dall’Agi.
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