Scuola digitale e bambini con lo smartphone: cosa dice la ricerca scientifica e come regolarsi.
L’avanzamento delle tecnologie digitali ci ha offerto la possibilità di connessioni un tempo impensabili, collegandoci da una parte all’altra del mondo alla velocità della luce e fornendoci notizie da ogni dove in tempo reale. Computer, internet, mobile e smartphone hanno accelerato le nostre vite ancora di più di quanto abbiano fatto finora i mezzi di trasporto, anzi hanno reso questi ultimi superflui in molti casi.
Grazie ad un dispositivo mobile e ad una connessione web sappiamo sempre cosa accade in tutto il mondo, possiamo stare in contatto continuo con familiari ed amici e possiamo lavorare a distanza, ma anche giocare, guardare la tv, ascoltare musica e fare acquisti online. Inviare messaggi con i servizi di messaggistica istantanea, condividere foto sui social, raccontarsi agli altri e partecipare a gruppi e chat. I dispositivi mobili, su tutti gli smartphone, occupano buona parte delle giornate degli adulti, per attività di lavoro ma anche frivole.
Anche i figli passano molto tempo sui dispositivi mobili e la domanda che sorge spontanea è quanto tempo i ragazzi e soprattutto i bambini possono stare online con uno smartphone in mano (teniamo conto che sotto i 13 anni di età non potrebbero iscriversi ai social), tenendo conto che viviamo in un’epoca digitale e che lo sarà sempre di più, pertanto vietare l’uso delle tecnologie è inutile e non aiuta. Inoltre, computer, internet e dispositivi mobili sono inclusi da tempo nell’attività didattica delle scuole, diventando uno strumento fondamentale.
Una scuola digitale è una realtà irrinunciabile, già oggi. Un’affermazione ribadita agli Stati generali della scuola digitale, che si sono tenuti a Bergamo a fine novembre, organizzati dal Centro studi ImparaDigitale. Nel corso dell’iniziativa è stata presentata la ricerca “Digitale sì, digitale no“, condotta dal Cnis e dall’Università di Padova, sotto la guida della professoressa Daniela Lucangeli, e da ImparaDigitale insieme all’Università Bocconi e all’Università di Cagliari, con il supporto di Acer Education. La ricerca sottolinea l’importanza di educare i bambini al digitale e fornisce alcune indicazioni di base sull’uso dello smartphone da parte dei bambini: per quanto tempo possono usarlo e in che modo.
A fine novembre, a Bergamo, si sono tenuti gli Stati generali della scuola digitale, in cui è stato affrontato il tema della educazione digitale di bambini e ragazzi, a scuola e non solo.
Agli Stati generali della scuola digitale, inoltre, è stata presentata la ricerca “Digitale sì, digitale no” condotta su oltre 1.300 genitori di 32 scuole primarie da tutta Italia e 1.390 insegnanti da 45 scuole e ha rilevato che con il digitale i bambini sono immersi fin dalla scuola primaria in un mondo immateriale “altro” che gli adulti faticano a comprendere e da cui genitori e docenti sono spesso esclusi.
I bambini della primaria passano in media sette ore al giorno online e in media hanno in mano uno smartphone o un tablet da due anni e mezzo, con un minimo anche nel primo anno di vita. Un’abitudine di cui i primi responsabili sono i genitori, che spesso mettono in mano uno smartphone o un tablet ai figli fin da piccolissimi.
Per avere tablet o smartphone in mano non c’è bisogno che i bambini ne abbiano uno loro, prendono quelli dei loro genitori, imparando precocemente a muoversi in un ambiente digitale, passando da una app all’altra e facendo scorrere schermi e pagine web con un dito. Spesso è sorprendente la loro capacità di imparare in fretta ad utilizzare un dispositivo mobile.
Bisogna capire, tuttavia, quanto tempo i bambini possono trascorrere online, sullo smartphone, a casa e a scuola, per evitare conseguenze negative. L’educazione digitale punta esattamente ad un uso corretto di computer, internet e dispositivi mobili, affinché si colgano soprattutto le esperienze positive e proficue. Scopo della citata ricerca è quello di analizzare i benefici e rischi potenziali dell’utilizzo del digitale fin dall’età della scuola primaria, sia sotto il profilo cognitivo che su quello dell’apprendimento.
Nella maggior parte dei casi, come accennavamo sopra, si tratta di dispositivi di proprietà dei genitori. Infatti il 70% dei bambini non ha un suo telefono cellulare.
I dati della ricerca sono parziali, ma comunque indicativi della pervasività del digitale tra bambini e ragazzi.
Sono, infatti, gli adolescenti i più connessi in assoluto. I ragazzi, per studio o divertimento, comunicano, interagiscono e vivono nel mondo immateriale della rete e in realtà virtuali dalle quali gli adulti sono esclusi e faticano a comprendere. A maggior ragione sono necessari interventi educativi, per dare ai ragazzi gli strumenti per orientarsi nella rete, evitando trappole ed esperienze negative, per dare loro una nuova consapevolezza. Il mondo del digitale influenza sempre più le relazioni di bambini e ragazzi con gli altri e il loro processo di apprendimento, con il rischio che si creino forme di dipendenza.
Va anche detto che l’ambiente familiare influisce sull’uso del digitale da parte di bambini e ragazzi. Nelle famiglie con genitori maggiormente istruiti, i bambini passano meno tempo online, su smartphone e tablet, al contrario l’esposizione al digitale aumenta nelle famiglie con più basso livello di istruzione dei genitori.
L’utilizzo del digitale ha senza dubbio diversi aspetti positivi: i ragazzi imparano a cooperare, a confrontarsi e a informarsi, ad affrontare e risolvere i problemi, a diventare autonomi e creare un proprio percorso di apprendimento. Non si possono tacere, tuttavia, anche gli aspetti negativi: uno dei rischi maggiori è l’accettazione fideistica di quello che proviene dalla rete (rischio fake news e bufale), un atteggiamento compulsivo nei confronti del dispositivo mobile nella ricerca di una qualche gratificazione per il messaggio o il “like” che arriva, incluso il rischio di una scarsa consapevolezza e stima di sé.
Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale, in cui i ragazzi si creano anche propri percorsi personalizzati di conoscenza. L’apprendimento non viene più soltanto dai genitori e dalla scuola e di questa importante novità occorre tenere conto. Una scuola che vuole essere al passo con i tempi e non vuole rimanere indietro deve adeguarsi ed integrare l’uso del digitale nella didattica in modo proficuo ed efficiente, con nuove metodologie. A questo proposito c’è chi ha introdotto il divieto tout court dell’uso dello smartphone a scuola, chi invece, come l’Italia con il precedente Ministero dell’Istruzione ne aveva proposto un utilizzo mirato e responsabile.
Dianora Bardi, presidente di ImparaDigitale, afferma: “Educare, ed educarsi, a un uso corretto del digitale diviene quindi fondamentale, sia per i ragazzi che per gli adulti, anch’essi coinvolti in prima persona in questa trasformazione della comunicazione“.
Insegnare un uso corretto del digitale significa in primo luogo sviluppare nei ragazzi la capacità critica e di riflessione per evitare di cadere nelle trappole delle fake news, ma anche nelle distorsioni dell’informazione sul web, sempre più veloce e pervasiva e nella quale diventa difficile orientarsi. Secondo la ricerca, “la motivazione del ragazzo è sempre collegata all’attenzione, all’ascolto e alla comprensione. Il docente, per far nascere questa motivazione si deve “reinventare”: deve essere flessibile, osservare, ascoltare, accompagnare nel processo di apprendimento i propri studenti… nella consapevolezza che l’apprendimento è sicuramente un fatto individuale, ma deriva da azioni collettive, di una intelligenza connettiva che produce la costruzione di significati, scaturiti da confronti continui“. La scuola deve utilizzare i vantaggi del digitale “per una didattica e una carica motivazionale e inclusiva“.
Quindi, la tecnologia non va demonizzata, perché è anche uno strumento utile ed efficace, “ma deve essere impiegata in modo consapevole e non unicamente come mero mezzo di consumo“. Ad esempio, a scuola è importante integrare i vari tipi di scrittura, senza rinunciare alla scrittura manuale che insegna fondamentali abilità cognitive, ma nemmeno senza ignorare la scrittura digitale, ricordando che “l’atto di scrivere e il pensiero sono strettamente congiunti“.
Inoltre, la scuola può impiegare il nuovo modo di comunicare dei ragazzi per sviluppare la creatività e integrare il processo di apprendimento con strumenti innovativi, come i videogiochi o la realtà aumentata o virtuale. Se non sarà digitale, infatti, la scuola “non avrà futuro“, sottolinea Luca Attias, neocommissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale. “Gli studenti devono essere accompagnati nell’uso consapevole delle tecnologie: la costruzione di cittadini che sappiano vivere il digitale deve iniziare a scuola, in modo da poter utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione“, ribadisce il commissario.
In questo processo di trasformazione, un ruolo fondamentale lo svolgono i docenti, per i quali è necessaria una formazione specifica. “Chiediamo il supporto dei docenti per raggiungere una consapevolezza condivisa in modo da aiutare i ragazzi a discernere tra il potenziale enorme del digitale e la sua capacità di sostituzione della realtà“, sostiene Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Padova. La tecnologia, sottolinea la professoressa, “offre enormi potenzialità per i ragazzi in termini di motivazione, di empatia, di autoregolazione emotiva e di speranza: raggiunta le piena consapevolezza che sono le emozioni a guidare l’apprendimento, dobbiamo aumentare la componente dell’intervento umano nella scuola, non ridurre il digitale“.
Il progetto “Digitale sì, digitale no” vede coinvolte varie realtà che operano nel campo della ricerca e nasce dall’esigenza di valutare come si siano modificati i processi cognitivi degli studenti in relazione all’avvento del digitale nella vita dei ragazzi. L’obiettivo è quello di creare un manifesto/linee guida per definire, da un punto di vista neuroscientifico ed educativo, tutte le criticità e le potenzialità del digitale nello sviluppo dei ragazzi. Al fine di riflettere sui processi di insegnamento/apprendimento in relazione anche alle metodologie più diffuse per comprendere quali siano quelle più adatte per un modello educativo volto al benessere dell’individuo.
La ricerca punta ad individuare anche le metodologie di insegnamento più efficaci per motivare gli alunni all’apprendimento scolastico.
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