Aumentano le percentuali del sesso “a pagamento” tra i banchi di scuola. Compiti, soldi, regali e ricariche in cambio di prestazioni.
È “Baby”, la serie tv che tratterà delle “baby squillo” dei Parioli, ragazzine che si prostituivano in cambio di soldi, a riaprire un discorso che pareva essere oramai lontano dalle cronache. La questione del sesso a scuola in cambio di compiti, di somme di denaro o di regali, nonché ricariche telefoniche, riprende vita e lo fa facendo risalire un dato altresì sconcertante. Sia per le ragazze che (in percentuale ridotta) per i ragazzi, il sesso a pagamento tra i banchi di scuola non stenta a diminuire.
Sono molteplici le indagini fatte per meglio comprendere la visione nei giovani del concetto di sesso rapportato a quello di affetto. Le due dimensioni sono nettamente lontane, così come l’educazione alla sessualità all’interno delle famiglie e nelle scuole. Una non buona educazione al sesso potrebbe essere la causa di comportamenti degenerativi, riscontrati nel fatto che su un campione di 14mila studenti tra scuole medie e superiori, 1 su 10 conosce compagni e compagne di scuola che si prostituiscono. Il vantaggio che ne trarrebbero sarebbe di carattere prettamente economico e di profitto. Si tratterebbe del 5% del campione che asserisce la presenza di più casi, a fronte di un 3% che invece riterrebbe questi dei casi isolati. “Il contesto culturale in cui gli adolescenti sono immersi, fatto di immagini iper-sessualizzate postate sui social alla ricerca dei like, unito a un crescente consumo di contenuti pornografici, resi oggi più accessibili dalla rete – dichiara Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, sito fautore della valutazione statistica – sta contribuendo a una netta separazione tra la dimensione affettiva e quella sessuale.
Diventa, così, quasi normale e accettabile disporre del proprio corpo, persino a scopi commerciali o utilitaristici. A peggiorare le cose c’è anche il fatto che l’educazione sessuale è ancora un tabù, sia in famiglia che a scuola. Determinante, di conseguenza, è il ruolo (negativo) della Rete visto che, in assenza di altri punti di riferimento, per 2 ragazzi su 3 è proprio internet la fonte principale d’informazione.”
La scuola è il luogo prediletto per gli incontri. ll 60% degli appuntamenti nascerebbe, infatti, tra i banchi. Un 46% dei rapporti consumati avverrebbe proprio all’interno degli istituti (corredati da contatti preliminari) mentre il 40% si svolgerebbe in casa, il 6% in altri luoghi pubblici, l’8% in altri posti privati. Percentuale minore riguarderebbe invece i social. Solo il 20% e il 10% per altri contesti (38% con persone esterne alla scuola).
Ed ancora. 1 soggetto su 4 – tra i mille che hanno certificato la presenza di baby squillo a scuola – ne ha approfittato. L’8% una volta sola per provare, mentre il 15% lo pratica con frequenza. E la clientela? Per i maschi la quota di clienti fissi sale al 21%, per le femmine, invece, scende all’8%. E tra regali e soldi, si predilige il profitto scolastico. In 1 caso su 3 il 33% chiedono ripetizioni private. Il passaggio di soldi, invece, avviene nel 19% dei casi. Per le cariche telefoniche si attesta il 14%, i regali vanno al 7%. Allarmante il 35% di studenti che fotografano il cliente per poi procedere a forme di ricatto.
E in una società digitalizzata come la nostra? Il sesso virtuale di certo non manca. Nel campione di giovani esaminato, molte sono state le dichiarazioni in merito a proposte di sesso virtuale tramite social network pervenute, di cui il 2% avrebbe accettato l’invito a prescindere dall’età, anzi, in taluni casi (48% degli intervistati) sarebbero state preferite persone anche più grandi.
Un problema grave unimamme di fronte al quale non possiamo far finta di nulla e che ci spinge e parlare ai nostri figli di educazione affettiva e sessuale, anche mostrando dati di inchieste. Siete d’accordo?
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