Strage in discoteca: i giudizi spietati e superficiali sui ragazzi e la mancanza di empatia.
Il dramma di Corinaldo e della strage in discoteca ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana e non solo le comunità locali direttamente colpite. Quando succedono eventi così gravi e sconvolgenti nella loro portata, è difficile non in intervenire, commentare, dire la propria. I social network, poi, hanno ingigantito tutto. Una reazione è normale, così come lo sfogo sul momento.
Quello a cui abbiamo assistito in questi giorni, tuttavia, è stato qualcosa di più, è stato un vero e proprio accanimento nei confronti delle vittime, accusate di essere responsabili esse stesse di quello che era successo per il tipo di cantante che erano andati ad ascoltare e per essere rimasti in discoteca fino a tardi.
Come se l’aver riempito un locale fino a farlo quasi esplodere, come se tenere uscite di sicurezza pericolose fosse normale. Una serie di giudizi spietati e feroci sono stati indirizzati ai ragazzi che erano alla Lanterna Azzurra di Corinaldo la sera del 7 dicembre e alle loro famiglie. Tutti indistintamente bollati come dei reietti.
Giudizi lapidari arrivati anche da esperti che non perdono occasione per dare sfoggio di tutta la loro sapienza sui giornali e alle tv, parlando con un’acrimonia e un narcisismo malcelati di fatti, persone e situazioni che nemmeno conoscono. Tanto la solita storiella dei giovani perduti e della gioventù bruciata va bene per qualunque situazione e qualunque uditorio. Ci si risparmia la fatica di dover studiare e approfondire, interrogarsi ed indagare. Mentre la solita predica buona per tutte le stagioni va sempre bene.
Per fortuna non tutti hanno ceduto alle lusinghe dell’analisi superficiale e autocompiaciuta e c’è chi ha mostrato umanità ed empatia per i ragazzi e le loro famiglie, evitando il paternalismo di comodo.
Strage in discoteca: i giudizi spietati sui ragazzi
Su quello che è successo alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, con la morte di cinque ragazzi minorenni e una giovane mamma, schiacciati dalla calca che si era creata su uno scivolo davanti ad un’uscita di sicurezza, bisognerà prima o poi fare delle riflessioni su un certo tipo di eventi, su come vengono organizzati e se sia opportuno o meno che ragazzi tanto giovani vi partecipino. Quello che tuttavia non si può tollerare è il vero e proprio linciaggio morale che i giovani che hanno partecipato alla serata, le vittime e le loro famiglie hanno dovuto subire da parte di un popolo sempre più incattivito, come il Censis ha di recente ben rappresentato gli italiani, e di esperti affetti da smanie di narcisismo che non hanno perso occasione per mettersi in mostra e lanciare strali e sproloqui su persone e situazioni che non conoscono, con i cadaveri delle vittime ancora sul tavolo dell’obitorio.
Nemmeno il rispetto elementare per i morti ha fermato l’esercito dei giudicanti. A pochi giorni dalla ricorrenza in cui si celebra la nascita di colui che disse “non giudicate se non volete essere giudicati”. E immaginiamo che i giudicanti saranno pronti a celebrare la ricorrenza.
Ancora una volta, anche su questo argomento, dopo l’intervento davanti ai ragazzi il giorno del loro ritorno a scuola, ha scritto un post su Facebook il giornalista Luca Pagliari, chiedendo di smetterla con i giudizi sommari.
“Sospendete i giudizi
Ancora debbono essere celebrati i funerali di 5 ragazzi e una mamma. Abbassate quel dito accusatorio.
Rispettate i padri e le madri di chi era lì. Rispettate chi ne è uscito vivo e chi purtroppo non c’è riuscito.
Rispettate i ragazzi che erano alla “La lanterna”. La stragrande maggioranza di loro studia, gioca al calcio o a pallavolo.
Rispettate chi ama un trapper. Noi non ne sappiamo nulla. I suoi testi?
Io sono cresciuto con Vasco Rossi che osannava la vita spericolata, la coca e i fegati spappolati.
Mia figlia ascolta rapper e trapper, si spara un concerto a week end, conosce le canzoni a memoria e frequenta con profitto il terzo anno di università.
Ama anche leggere bei libri e adora Dalla e Battisti.”
E specifica poi a chi si riferisce:
“Con chi ce l’ho? Con chi ha invaso lo spazio del dolore sparando critiche invece che parole d’amore.
Con quelli che “se lasciassero fare a me, queste cose non accadrebbero”.
Con quelli che “questi genitori si dovrebbero vergognare”.
Con quelli che “questi ragazzi non hanno valori”.
Con quelli che non conoscono il dubbio in quanto unici depositari della verità.
Anche di questo oggi ho parlato a Udine, di fronte a 450 studenti provenienti da tutto il Friuli. Abbiamo discusso di bullismo ma più che altro del valore della vita.
La solidarietà azzera ogni distanza, le lacrime dei ragazzi friulani sono identiche alle nostre e questo è il momento di piangere e basta.
Moralisti da quattro soldi, sospendete le ostilità almeno per qualche giorno.”
Un intervento analogo è quello di Antonella Mariani su Avvenire:
“Ci sono state e ci saranno altre occasioni per discutere della valenza di musicisti amati dai giovanissimi che nei loro testi inneggiano alla droga, apostrofano le donne in modo brutale e finalizzano rabbiosamente la loro esistenza ai soldi e alla fama. Ci sono state e ci saranno altre occasioni per analizzare una società che ritiene mediamente accettabile che centinaia di preadolescenti si trovino nel cuore della notte in discoteca, anziché al sicuro nelle proprie camere.
Ma non ora, non adesso. Perché Asia, Emma, Benedetta, Mattia, Daniele (e mamma Eleonora, l’unica adulta) non sono morti perché cantavano e ballavano le canzoni ‘trap’ di Sfera Ebbasta. Non sono morti perché amavano la musica ‘sbagliata’. Né perché i genitori li avevano lasciati andare, così piccoli, alla Lanterna Azzurra. Porsi oggi queste domande, come è accaduto su alcuni media e soprattutto sui social, significa spostare l’attenzione, attribuire implicitamente, anche non volendo, parte della responsabilità della tragedia a chi questa tragedia l’ha subita“.
Parole che condividiamo profondamente, e voi unimamme?