Abbandonato un neonato al mese a Torino, con il parto in anonimato. Dietro la loro nascita storie drammatiche.
In Italia si può partorire in ospedale, con tutte le tutele e l’assistenza necessaria, in anonimato e lasciare lì il proprio figlio, che poi verrà successivamente adottato. È un diritto riconosciuto dalla legge ad ogni donna che non se la senta o non abbia la possibilità di tenere con sé un figlio. Può sembrare crudele, ma è la soluzione migliore per quelle donne che non possono o non vogliono riconoscere un figlio né allevarlo, ma vogliono comunque portare a termine la gravidanza o non possono fare altrimenti perché si sono accorte di essere incinte a gravidanza avanzata. È anche l’unico modo legale per abbandonare un figlio.
Partorire in una struttura sicura, con l’assistenza medica di cui si ha bisogno e poi lasciare il neonato nelle mani di chi si prenderà cura di lui, nutrendolo e accudendolo, finché non verrà adottato da una famiglia che lo accoglierà come un proprio figlio.
Per fortuna sono molte di più le donne che decidono di seguire questo percorso di quelle che invece che partoriscono in solitudine e poi abbandonano i figli per strada o in ambienti pericolosi. Le donne che partoriscono in ospedale in anonimato e poi lasciano i figli nella struttura sono molte di più di quelle che si possono immaginare. A Torino, ad esempio, viene abbandonato un neonato al mese. Sono i dati del 2018 e si tratta soprattutto di figli di donne straniere, ma anche di italiane.
Un neonato al mese abbandonato in ospedale a Torino, ovvero dodici all’anno. Questi sono i dati riferiti al 2018. Sono i bambini che nascono in ospedale da madri che non vogliono o non possono riconoscerli e qui vengono lasciati. Sono i figli di genitore non nominato, detti anche “nn“.
Le donne possono scegliere di non riconoscere i propri figli, facendoli nascere in ospedale con il “parto in anonimato“, uno strumento legale che consente loro di rimanere segrete.
La legge dà a queste madri anche il tempo di ripensarci, con l’affido temporaneo del loro bambino prima all’ospedale e poi al Comune, prima che il Tribunale dei Minori ne dichiari l’adottabilità. Quasi mai tuttavia le donne che partoriscono in anonimato ci ripensano. Le loro sono storie molto dolorose e per arrivare a scelte tanto drastiche, come quella di abbandonare un figlio, devono vivere una situazione drammatica.
La maggior parte delle donne che arriva a questa decisione è di origine straniera: le mamme che partoriscono in anonimato a Torino provengono soprattutto dall’Est Europa, dal Nord Africa e dal Sud America. Ma il 30-40% di loro sono italiane. Sono “donne maltrattate, abusate, ingannate, con malattie psichiatriche oppure minorenni o emigrate arrivate qui con la speranza di rifarsi una vita e poi sfruttate“, ha spiegato Enzo Genco, responsabile del servizio Minori e Famiglie della divisione Servizi sociali di Torino, al Corriere della Sera nel reportage realizzato su questo fenomeno.
I bambini abbandonati in ospedale a Torino con il “parto in anonimato” non sono ancora troppi, per fortuna. Il loro numero cambia con gli anni: “nel 2012 sono stati 20 i bambini non riconosciuti, di cui 5 con gravissima disabilità, mentre nel 2015 sono stati 4” appena. Ha riferito Genco.
Quando una donna comunica al personale dell’ospedale di non voler riconoscere il figlio e partorire in anonimato, l’ostetrica o il medico si reca all’anagrafe per denunciare la nascita del bambino da “donna che non vuole essere nominata“. All’atto della registrazione all’anagrafe, l’ufficiale di stato civile sceglie per il bimbo o la bimba un nome e cognome provvisori, che in ogni caso non devono rivelare lo stato di abbandono. Un tempo agli orfani si mettevano i nomi “Esposito” o “Diotallevi”. Oggi non è più consentito dalla legge, perché i bambini abbandonati dai genitori biologici sono come tutti gli altri. Quando il bambino o la bambina saranno adottati, cambieranno il cognome, assumendo quello della famiglia adottiva, mentre il nome di battesimo di solito resta quello che gli è stato dato dai sanitari o dall’ufficiale di stato civile. L‘importante è che il nome sia il più possibile normale e non abbia alcun legame con le generalità della madre biologica.
Questi bambini vengono chiamati “figlie e figli della città“, perché è il Comune che ha la loro tutela fino all’adozione. A prescindere dalla nazionalità della madre, questi bambini sono cittadini italiani e possono essere adottati da famiglie che ne abbiano fatto richiesta, non appena il Tribunale dei Minori avrà emanato il provvedimento di adottabilità, dando il tempo alla madre biologica di tornare su suoi passi. Nel frattempo il personale dell’ospedale e gli assistenti sociali si occuperanno di questi piccoli. Una volta dichiarato adottabile il bambino nel giro di pochi giorni viene abbinato ad una coppia che ha già effettuato in precedenza tutte le procedure per l’adozione ed è stata dichiarata idonea.
Alla fine i bambini lasciati in questo modo dalle loro madri naturali non vengono propriamente abbandonati: ci sono persone che si prendono cura di loro e li proteggono e in poco tempo trovano una nuova famiglia.
Come commentare unimamme? Sono sicuramente situazioni dolorosissime e non giudicabili. L’importante è che questi piccoli trovino al più presto l’affetto di una famiglia.
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