Il regista è stato denunciato per violenza sessuale da tre donne. Il caso è stato archiviato ed il fondatore delle Iene chiede la verità.
Nel luglio del 2018 il regista Fausto Brizzi è stato iscritto nel registro degli indagati a seguito di tre denunce per violenza sessuale.
L’attore è stato denunciato a seguito di un servizio proposto dalla trasmissione televisiva Le Iene. Tre donne, che volevano fare le attrici, hanno raccontato di aver subito delle richieste sessuali da parte dell’attore durante i provini. Gli episodi erano avvenuti nel 2014, 2015 e 2017.
È di adesso la notizia che il Gip di Roma, Alessandro Arturi, ha rigettato l’opposizione delle persone offerse ed ha emesso il decreto di archiviazione delle accuse di violenza sessuale a carico di Brizzi.
Il Gip Arturi spiega che per due delle tre querele sono scaduti i tempi di presentazione, perché secondo il Codice per denunciare un abuso sessuale si hanno sei mesi di tempo, altrimenti il reato non può essere più perseguito.
La denuncia presentata dall’altra donna è stata considerata “vaga e generica”, anche alla luce del comportamento avuto dalla donna nei giorni successivi alla molestia “non si è astenuta dal ritornare presso lo studio professionale”, cosi il Gip ha considerato la sua testimonianza.
Nel decreto di archiviazione si legge: “Questo giudice, in sintonia con la chiara posizione espressa dall’organo inquirente, non intende relativizzare la gravità di certe condotte in ragione di una peculiare categoria di appartenenza della vittima, bensì soppesare il disvalore di determinati atti, inquadrandoli nell’ambito dello specifico contesto di intimità nel quale sono stati compiuti, indipendentemente dalle modalità e dai passaggi attraverso i quali si è venuta a costituire quella particolare situazione nella quale il palpeggiamento o il gesto ancor più invasivo è oggettivamente privo delle connotazioni di insidiosità e imprevedibilità, ancorché repentino e improvviso e non può essere stigmatizzato al pari delle azioni materiali sottese alle pronunce della giurisprudenza di legittimità citate dalla difesa delle opponenti“.
A seguito dell’archiviazione del caso, l’agente cinematografico Enrico Lucherini ha preso le difese del regista ed era sicuro dell’innocenza di Brizzi: “Me lo aspettavo. Ero sicuro che avrebbero archiviato tutto. L’ho conosciuto ai tempi di “Notte prima degli esami” e non ho mai creduto che avesse fatto certe cose. È un uomo di grande semplicità e purezza di animo ed è innamorato pazzo della moglie. Poi che sul set possa aver fatto un apprezzamento magari un pò sopra le righe è un’altra cosa”.
Una visione completamente opposta a questa è quella di Davide Parenti, ideatore delle Iene, che è incredulo e vuole andare fino in fondo alla vicenda, per fare chiarezza: “La legge è fatta così, ce lo aspettavamo. D’altra parte, se un giudice dice che sono scaduti i termini questo non significa che le 15 storie che abbiamo raccontato su Brizzi non siano vere, semplicemente nessun giudice le ha valutate. Portateci in Tribunale perché questa cosa merita di essere chiarita fino in fondo. Io trovo che sia tutto surreale. Se abbiamo detto bugie è giusto che si chiarisca, ma quanta ipocrisia c’è da parte delle persone che domani ci attaccheranno? Ci diranno ‘Iene chiedete scusa’ ma noi non chiediamo scusa, le cose non stanno così“.
Parenti ribadisce che le ragazze non volevano pubblicità, volevano solo giustizia: “Se Brizzi ci chiamasse in causa noi saremmo pronti a dimostrare la veridicità dei nostri servizi. Le ragazze che ci hanno raccontato le loro storie sono tutte persone che non si conoscono tra loro, che non cercavano pubblicità, che non ci hanno messo la faccia perché non potevano mettercela e che hanno cercato una giustizia non nella legge perché quello che avevano passato non lo avevano detto nemmeno ai loro genitori“.
L’ideatore de Le Iene vuole la verità e aiuterà le ragazze se mai verranno denunciate: “Noi abbiamo svelato un fenomeno, quello delle molestie nel mondo del cinema, che è mondiale. Non possiamo pensare che non ci sia in Italia. In tutto il mondo c’è, negli Stati Uniti c’è. Non siamo stati noi a fare per primi il nome di Brizzi. Sono stati i giornali a tirarlo fuori sulla scia delle nostre inchieste. All’inizio non lo avevamo citato, forse abbiamo fatto una cosa sbagliata, per tutelare queste ragazze: sono giovani, vengono dalla provincia, non hanno difesa o comunque ne hanno meno di altre. Ancora oggi se qualcuno decidesse di denunciarle noi le aiuteremmo“.
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