Un professore di Lettere ha spiegato, ai suoi alunni di seconda media di un’istituto di Ravenna, il dramma dell’olocausto con un esperimento particolare.
In una scuola media di Ravenna, un professore di lettere durante la sua lezione ha proposto agli studenti di effettuare un esperimento. In occasione del giorno della Memoria, che coincide con il 27 gennaio e commemora le vittime dell’Olocausto, ha cercato di simulare la deportazione degli ebrei con i suoi alunni.
Il professore voleva cercare di spiegare la Shoah, in maniera diversa senza ricadere nella retorica, ma con emozione che portasse ad una riflessione profonda.
Un professore di lettere, Diego Baroncini, 30 anni e laureato in Filologia classica e in Scienze filosofiche, ha tenuto nella sua classe una lezione diversa dal solito. Ai suoi alunni di seconda media ha voluto raccontare la Giornata della Memoria in maniera diversa dal solito, proponendo loro un esperimento.
La lezione è iniziata con il professore che ha fatto dividere la classe in due gruppi: “Chi non è di Ravenna si metta da questa parte“.
Gli studenti, dapprima perplessi, si sono divisi in due gruppi e chi non è nato a Ravenna si è spostato da un lato dell’aula. Il professore si è quindi rivolto a quest’ultimo gruppo con parole dure: “Bene, volevo dirvi che d’ora in poi non potrete più fare lezione in questa classe, non potrete più venire a scuola”.
I ragazzi si sono chiesti se fosse vero o uno scherzo, ma il docente, seriamente, ha continuato a dare indicazioni: “Sono serissimo, ora toglietevi orologi, braccialetti, collanine e appoggiateli su quel banco. Voi che avete gli occhiali, via anche quelli“. “Ma non ci vediamo”, hanno replicato alcuni ragazzi.
Il professore ha continuatp: “È così. Le cinture anche, ragazzi. E le scarpe, non vi servono più. Ragazze, tiratevi indietro i capelli, legateli, nascondeteli come se non li aveste più“.
I ragazzi del gruppo non di Ravenna si sono giustamente sentiti in imbarazzo, una ragazza ha dichiarato “Non mi sento più io” senza scarpe. Invece tra i ragazzi del gruppo di Ravenna in molti si sono chiesti il perché di questa divisione e di queste richieste: “Ma dai, ma perché?”.
Alla fine il professore ha mandato il gruppo non di Ravenna verso le finestre dove ci sono gli spifferi e quindi fa più freddo. L’altro gruppo si è invece ritrovato al caldo vicino ai termosifoni.
Successivamente il Professore ha posto diverse domande agli alunni: “Chi di voi ha capito?“. Alla domanda gli alunni hanno risposto di aver capito cosa è successo: “Ci ha fatto vivere cosa hanno provato gli ebrei quando sono stati separati dai loro compagni, quando sono stati deportati“.
E ha continuato: “E voi come vi siete sentiti?”
“A disagio, gli altri mi vedevano come io non voglio essere vista” è stata una risposta. E ancora: “Ma senza occhiali non vedevo nulla“. Tutti hanno concordato: “non è giusto, ovvio. Eppure è stato.”
L’insegnante poi si è rivolto al gruppo dei nati a Ravenna: “E voi, perché siete stati zitti?”. “Perché lei è il prof“.
Il professore ha concluso la lezione spronando i ragazzi a non avere paura di esporsi: “Ma se l’autorità commette qualcosa di atroce voi non dovete tacere. Succedeva cosi anche con le leggi razziali: alcuni avevano paura di esporsi pur riconoscendo che non erano giuste, altri hanno reagito con un atteggiamento superficiale“.
Come riportato da Repubblica, il docente ha potuto fare questo esperimento perche ha un rapporto di fiducia con due alunni: “Ho potuto farlo perché c’è un rapporto di fiducia con questi alunni, ho chiesto prima se se la sentivano di affrontare un esperimento. Due studentesse non hanno voluto e hanno solo assistito. Lo scopo era quello di parlare della ricorrenza del Giorno della Memoria, di arrivare a cercare di capire il significato della Shoah. Ma volevo che ci fosse un’emozione da cui partire per far seguire riflessioni profonde, non retoriche. Da questo senso di estraniamento, spogliandosi alcuni di ciò che li fa riconoscere in se stessi e gli altri guardando gli amici privarsi di quanto li rende riconoscibili, abbiamo così cominciato il nostro lavoro sulla memoria“.
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